Nel 2014, la tragedia. Fortuna Loffredo, una bambina di soli sei anni, veniva gettata dal terrazzo del palazzo in cui viveva a Parco Verde, a Caivano, in provincia di Napoli, dopo aver cercato di ribellarsi alle ripetute violenze di un vicino, poi condannato all’ergastolo. Il tutto accadeva due anni dopo la morte di un altro bambino di quello stabile, ma – soprattutto – nella totale e sconvolgente consapevolezza di molte delle persone che lo abitavano. Adulti, genitori a loro volta, madri. Come Valeria Golino che in Fortuna – il film che Nicolangelo Gelormini ha realizzato basandosi su quella storia – interpreta il doppio ruolo della madre e della psicologa (sarà a voi capire perché) di quella bambina. “Sapevo cosa fosse successo – ci spiega – ma non ero molto informata. Quando ho letto la sceneggiatura, davvero rara, ben scritta e molto interessante, ho trovato giusto essere in questo film”. “Un film rischioso”, come lo definisce lei, non c’è che dire, ma assolutamente necessario. “Volevo farne parte”.

set di “fortuna”, regia di nicolangelo gelormini nella foto cristina magnotti, pina turco e valeria golino foto di serena petricelliquesta fotografia è solo per uso editoriale, il diritto d’autore è della società cinematografica e del fotografo assegnato dalla società di produzione del film e può essere riprodotta solo da pubblicazioni in concomitanza con la promozione del film e obbligatoria la menzione dell’autore fotografo  serena petricellipinterest
Gianni Fiorito
Valeria Golino, Pina Turco e Cristina Magnotti

Vestita Prada - sandali celesti come i suoi occhi, la camicia e la borsa, una lunga gonna rossa e un cappotto blu da cui spunta la spilla di Save The Children che ha patrocinato il film presentato oggi alla 15esima Festa del Cinema di Roma – ci confida di provare “dolore e vergogna” quando ripensa alla realtà. Nel film, infatti, il regista, qui al suo esordio, ha deciso mettere da parte ogni realismo e di affidarsi alle sue sensazioni, a quello che una storia così tragica gli aveva suscitato, perché ogni altra forma vicina al reale – dal contattare la vera madre della bimba e scelte simili – gli avrebbe tolto quella libertà che invece ha avuta e mostrata. “Condivido questa scelta, aggiunge la Golino. Quello di Nicolangelo l’ho trovato un gesto poetico, amorevole ed originale. Non potevo non esserci. Spesso – continua - l’immaginazione dei nostri autori è censurata dalla mancanza dei mezzi. Questa è un’opera prima, un bellissimo tentativo in cui, invece, è l’immaginazione a fare la differenza”. Sarà proprio l’immaginazione il mezzo che utilizzerà Fortuna (nel film) per rifugiarsi nel suo spazio parallelo – un mondo fatato, un mondo altro dove tutto è perfetto, dai suoi genitori ai vestiti, dal cibo alle pareti, agli oggetti e alla casa stessa – quello dove può scappare dai cattivi che abitano nel mondo reale e ritrovare, magari, persino una lettera mancante dell’alfabeto in legno. Quei palazzoni grigi di Parco Verde, a Caivano, popolato da spacciatori e piccoli grandi criminali, costringono al silenzio lei come altri due suoi coetanei che subiscono anche loro un mondo nero di adulti senz’anima. La Golino – così come l’altra protagonista, Pina Turco - si sdoppia tra la mamma amorevole e la psicologa comprensiva, anche lei materna, due personaggi che, purtroppo, vivono solo nel mondo fantastico di Fortuna, straordinariamente interpretata da Cristina Magnotti. “Ho interpretato due donne diverse che avevano lo stesso sentimento di amorevolezza e maternità”, continua l’attrice di origini partenopee come il regista. “Sono la madre immaginaria e immaginata. Sono quello che a quell'età ognuno vorrebbe dalla propria madre: un’accoglienza senza condizioni”.

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GianniFiorito

In questo film che, pensando a Hitchcock, assomiglia più a Psycho che a La finestra sul cortile, Valeria Golino fluttua, come ha detto la Turco. Soprattutto nella prima parte (di più non possiamo dirvi), fluttua come una Giselle con abiti e mantelle magnifiche, occupa la scenografia e lo spazio, sembra danzare. “In realtà niente è stato definito in tal senso e tutto è capitato”, precisa lei. “Ogni cosa in questo film è straniante e obliquo, perché tutto è rappresentato. Sarà interessante per il pubblico vedere come cambiano gli ambienti a seconda delle presenze con un’architettura che segue i movimenti emotivi dei personaggi”. Il concetto di base da cui il regista è partito per raccontare la storia è quello del tradimento, “il tradimento della cura che i bambini si aspettano dal materno e dagli adulti, il tradimento del loro desiderio di amore”. Il dramma è quello di una società intera contro cui il mondo dell’infanzia va a sbattere quando la sua innocenza viene profanata. C’è una collettività buia incapace di leggere le gradazioni dell’animo umano, una collettività arenata a un modello binario che divide il mondo in maschi e femmine, in buoni e cattivi, in forti e deboli, in potenti e indifesi, ma non lascia affatto scampo a tutto quel fiorire di vita che c’è nel mezzo. Su quel tradimento è stato costruito tutto, come la struttura della sceneggiatura in due atti e la suddivisione delle scene in due parti con le inquadrature spezzate. “È una storia che prende la realtà e la fa diventare un sogno, aggiunge la Golino che è impegnata sul set de La scuola cattolica,il film tratto dal libro Premio Strega di Edoardo Albinati, e che presto vedremo nella serie tv Sky in otto puntate L’arte della gioia, tratto a sua volta dal libro di Goliarda Sapienza. “Il sogno è stato portato al cinema che è da intendere come riscatto della realtà”, una maniera per dare un riscatto alla “condottiera” Fortuna, per celebrarla e darle una seconda possibilità. Il film - prodotto da Dazzle Communication con Indigo Film e Rai Cinema – sarà presto nelle sale per I Wonder. “Oggi abbiamo paura dell’esperienza del cinema come lo abbiamo vissuto”, dice l’attrice prima di andare via. “Il virus è come se avesse sancito che il cinema diventi un di più. Non permettiamolo, perché il cinema ‘è’, punto e basta, ma – soprattutto - siamo positivi, perché arriveranno tempi migliori”.

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Marina Sgamato
Valeria Golino e Cristina Magnotti