"Ho aperto alcune porte". La modestia non manca a Stéphanie Frappart, primo arbitro donna di una partita di Champions League, Juventus-Dinamo Kiev del 2 dicembre 2020, o anche direttamente prima arbitra ché prima o poi ci abitueremo alla declinazione femminile di certi mestieri. A quanto pare la vocazione, come lei stessa la definisce, l'ha avuta nei primi anni di adolescenza sui campetti della Val D'Oise, dove è cresciuta: cartellini rosso e giallo nel taschino, fischietto in bocca, talento per la diplomazia da giudice di gara tutto da allenare, una gavetta lunghissima. Oggi a 37 anni Stéphanie Frappart rompe un altro di N primati stabiliti nel corso della sua carriera. Non è stata la prima donna arbitro di calcio in assoluto, a precederla sono state in due: la svizzera Nicole Petignat, prima arbitra di un turno preliminare UEFA nel 2003, e la tedesca Bibiana Steinhaus prima in un campionato nazionale, la Bundesliga nel suo caso, nel 2017. A guardare solo il genere, la primissima a debuttare fu la guardialinee francese Nelly Viennot, che tra il 1996 e il 2007 ha lavorato sui campi delle ligues francesi. Ma sono precisazioni secondarie e abbastanza inutili. I piccoli record di Stéphanie Frappart rappresentano qualcosa di inconcepibile fino a pochi anni fa: la bravura e basta. Il valore genderless del lavoro, conquiste lente e costanti di un territorio prevalentemente devoto all'inflessibilità di giudizio al maschile.

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La sua iniziazione all'arbitraggio è stata una deviazione di campo, letteralmente. Tirare calci ad un pallone era stata la prima scelta di Stéphanie Frappart a Herblay-sur-Seine, paese dove è nata il 14 dicembre 1983. "Ho iniziato a giocare a calcio nel cortile della scuola quando avevo nove o dieci anni. Dopo essere entrata in un club, ho subito voluto imparare le regole". A prenderci gusto è un attimo: "Ho cominciato arbitrando partite di pulcini e giovani. In effetti, stavo facendo entrambe le cose, giocando e arbitrando" ha raccontato a La Nouvelle Republique. Ma le migliori prospettive di carriera la spingono sin dai 13 anni a provare la via del fischietto. "A quel tempo il calcio femminile era un po' meno sviluppato. Forse oggi la scelta sarebbe stata un po' più complicata" commentò in un rapporto di Bein Sports del 2018. Non è però il tipo da lasciarsi andare a rimpianti, Frappart. Le scelte, quando sono scoperte insolite su talenti che non sapevamo di avere, si portano avanti con il massimo rigore naturale possibile.

A 19 anni, iscritta all'equivalente di Scienze Motorie, Frappart debutta come arbitro nei campionati dilettanti e di divisioni minori, gestendoli con una diplomazia (e una fermezza quasi leggendaria) che conquista il rispetto dei giocatori e delle giocatrici e sbriciolando tappe personali una via l'altra. Nel 2011 arbitra la sua prima finale al Women's Challenge de France tra Montpellier HSC e AS Saint-Étienne, nel 2014 viene nominata miglior arbitro femminile ai trofei UNFP e diventa la prima arbitra di una partita di calcio professionistico maschile. Un arbitro donna? Per lei non fa differenza. "L'unica cosa che conta è prendere le decisioni giuste, questo è ciò su cui siamo giudicati" commenta con semplicità. Per i giocatori qualcosa cambia, Frappart nota che sono meno aggressivi nella richiesta di chiarimenti su una decisione arbitrale. Ma più di tutto, non vuole diventare celebre per il suo genere. "Non volevo che fosse solo un alibi, dire che avevamo nominato arbitro una donna solo per il fatto che ero una donna. È tanto più importante dimostrare di avere le capacità, come spesso accade per le donne in diversi campi". È semplice.

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L'attività in Ligue 2 cementa la fama integerrima di Stéphanie Frappart, nonché la sua caustica capacità di tumulare ogni sessismo fintoironico. "Preferisce che la chiami Monsieur o Madame?" le chiese un giocatore poco prima del fischio di inizio della partita tra Dijon e Clement. "Fai tu, a cosa pensi che somigli di più?" rispose lei imperturbabile. Da allora mai più nessuno ha osato fare commenti del genere, né a tentare di considerarla una delicata fanciulla chiamata ad un compito più grande di lei. I tornei internazionali femminili la chiamano a getto continuo: i Mondiali 2015, il torneo delle Olimpiadi 2016, l'Europeo 2017, la finale del Mondiale Under 20 donne nel 2018. Passi di carriera in avanti fino a rompere l'infrangibile vetro divisorio delle massime manifestazioni sportive maschili: la chiamano a dirigere la finale di Supercoppa europea 2019, un partitone tra Liverpool e Chelsea, squadre vincitrici di Champions League e Europa League. Come assistenti di gara ha l'italiana (di stanza a Lione) Manuela Nicolosi e l'irlandese Michelle O’Neal. L'attenzione è alle stelle non solo per i team in sfida, ma soprattutto perché è la prima volta di un arbitro donna in una partita maschile così importante. Molta stampa si scatena, draga ovunque per scoprire la vita privata di Stéphanie Frappart, partner, figli, qualunque informazione personale possa funzionare da carico su probabili errori arbitrali. Attaccarla in quanto donna è un plus che in molti vorrebbero concedersi, ma il riserbo della referree è talmente assoluto, e la sua condotta arbitrale ineccepibile, che chi era pronto a puntare il ditino è rimasto monco.

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La stima e il rispetto dei giocatori, dei suoi superiori, del mondo sportivo aumentano ad ogni designazione. "È uno dei direttori di gara più validi d’Europa e del mondo" ha detto di lei Roberto Rosetti, il presidente della commissione arbitri della UEFA, che ha timbrato l'esordio dell'arbitra francese in Europa League assegnandole lo scorso 2 ottobre la partita tra l'inglese Leicester City e l'ucraina Zorya. Ora è il turno della Champions League e della fase a gironi, e per la prima volta Stéphanie Frappart arbitrerà una squadra italiana. Ancora un altro passo, sempre più avanti. Con la serietà che la contraddistingue, Stéphanie Frappart ha dimostrato un concetto base del lavoro: il professionismo non è (un) fatto di genere, ma di etica, serietà, dedizione. Anche una vocazione, certo, come dice lei. Che l'ha portata a conquistare molti primati prima impossibili, tra i quali figura il desiderio supremo di ogni arbitro, la finale della Coppa del Mondo. Mancano due anni ai Mondiali 2022 in Qatar: Stéphanie Frappart può ancora farci sognare.