Marta Pozzan è l’influencer che non ti aspetti. Parla tre lingue, è laureata in Lettere, conduce un podcast sulla salute mentale, ha partecipato a un Ted Talk. Ma ha anche 400mila follower e molti clienti nel mondo della moda e della bellezza. Vive a Los Angeles, dove è arrivata da Thiene (Vicenza) nove anni fa, con l’obiettivo di diventare attrice. In realtà ha fatto (e fa) molto di più. Adesso sta per girare un film, dal titolo Unto The Son, regia di Corey Asraf, tra i protagonisti ci sono Harvey Keitel e Abbie Cornish. Marta non si accontenta di fare l’attrice, del film sarà anche associate producer. Non è la prima volta: da sola aveva già prodotto un cortometraggio, Next One, sulle molestie alle donne, diretto dall’italiano Guglielmo Poggi.

Ci sono tanti pregiudizi sulle ragazze di Instagram, è qui per smentirli?
Non siamo tutte uguali e non siamo solo quello che mostriamo sui social. Per me Instagram è una vetrina, un modo per guadagnare, certo, ma rappresenta solo il 10 per cento della mia vita. Adesso, per esempio, sto scrivendo l’episodio pilota per una serie che vorrei produrre e su Instagram ci sto di meno. Ma non sparisco. Anche perché i brand, oggi, non vogliono più solo delle ragazze che indossano bene dei vestiti, cercano anche altro.

Che cosa?
Vogliono sapere se abbiamo a cuore una causa, se siamo in grado di parlare di un tema sociale o ambientale con criterio, se abbiamo interessi che esulano dalla promozione dei prodotti. Io altri interessi li ho sempre avuti, adesso li sto mettendo in evidenza, in particolare ci tengo al podcast sulla salute mentale che faccio con la giornalista Yola Robert. Avevamo iniziato andando a fare gli incontri in giro per l’America poi, con il Covid, abbiamo deciso di fare tutto online. Si chiama I AM REAL. Incoraggiamo le persone ad aprirsi, a non vergognarsi, raccontare le proprie difficoltà perché questo aiuta anche gli altri. Lo so per esperienza personale.

Racconti.
Da adolescente ho sofferto di terribili attacchi di panico, si manifestavano ogni volta che ero in mezzo a un gruppo di persone un po' numeroso. Mi veniva da vomitare. A lungo non l’ho detto a nessuno fino a quando mi è capitato di leggere online una descrizione di un attacco di panico e ho capito che era proprio quello che succedeva a me. Sono stata in terapia e, adesso non li ho più da anni.

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Sophia Schrank

Se non avesse curato questa patologia, sarebbe riuscita a lasciare l’Italia e tentare la sorte in America?
Probabilmente no. Ero timidissima e introversa. Però a un certo punto ho capito di avere bisogno di un lavoro che mi avrebbe obbligato a diventare socievole.

Adesso non è più timida?
No, adesso mi lancio. Per esempio, per questo film che farò, il provino me lo sono procurata da sola, buttandomi.

Come ha fatto?
Ho visto online che stavano mettendo su il cast, la storia era super interessante e mi sono proposta. Sono informatissima su che cosa succede e se vedo qualcosa che penso possa andare bene per me mi faccio avanti.

A volte andrà bene, a volte magari no.
Appena arrivata a Los Angeles per studiare recitazione, ho conosciuto subito un sacco di gente, anche nomi importanti ma ho capito di avere zero possibilità di inserirmi nel mondo del cinema, una struttura piramidale molto complessa. Quindi ho fatto altro, ma ho continuano a studiare il settore, a conoscere gente, a sforzarmi di capire. Negli ultimi anni, qualcosa è decisamente cambiato. Dopo il #metoo qui è un’esplosione di nuove donne registe, nuove scrittrici, nuove produttrici. C’è una nuova comunità di professionisti, più aperti, meno legati alle convenzioni dell’industria. Il mio corto, per esempio, è stato preso dalla piattaforma Free The Work della regista di Alma Harel, dedicata alla creatività femminile. Oggi, fare l’attrice non è più solo andare da un provino all’altro, ma essere coinvolte in progetti o far partire progetti a tutto tondo.

Come si vede tra 10 anni?
A lavorare nel cinema, con una bella casa, tanti amici e tanti cani.

E l’amore?
Non ho mai sognato matrimoni, bambini, principi azzurri. Non solo: mi è capitato spesso che i miei partner si stizzissero perché mi consideravano troppo ambiziosa nel lavoro, quindi sono single.

Sbaglio o qualche anno fa ebbe un fugace flirt con Timothée Chalamet…
Vero, ma non l’ho più visto da allora.

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Sophia Schrank