Inizio volutamente questo pezzo con il rischio di fare un autogol, di prendere un cartellino rosso, di sbagliare l’ultimo dei rigori disponibili. Lo faccio chiedendo a Valentina Bergamaschi, calciatrice classe 1997, attaccante del Milan e della Nazionale Femminile Italiana: ma il calcio femminile è davvero in ascesa? Dall’altra parte della cornetta nessun fischio di ammonizione, Valentina ha accettato la mia provocazione. La sento sorridere. “Sì, sì che lo è”, mi risponde. “Da quant’è che non guardi una partita?”. Touché. Anzi. Fallo.

Nata a Varese da una famiglia che le ha messo la sciarpa rossonera al collo già in sala parto, attaccante in mezzo a una squadra di maschietti già a nove anni, Valentina Bergamaschi è uno degli orgogli made in Italy del calcio femminile. Ha conquistato con le Azzurrine della Under-17 il terzo posto nel Campionato europeo di categoria 2014, e il terzo posto nel Mondiale della Costa Rica, dal luglio 2018 gioca nella squadra femminile del Milan.

Donne e calcio: qual è il cliché più falso?

Guardare e pensare al calcio come a uno sport per soli uomini, dove il maschio è il modello, è il punto di riferimento cui ispirarsi. Non so quando smetteremo di fare confronti uomo-donna, sicuramente dobbiamo ancora batterci e lavorarci su a lungo come società. Da parte mia, e della mia squadra, credo di aver dimostrato una determinazione, una passione, capacità tecniche e risultati che non c’erano 10 anni fa.

Parliamo di gender equality, quali traguardi sono stati raggiunti e quali sono ancora lontani?

Il movimento femminile sta cambiando, seppur lenta, l’evoluzione è continua. Un grande passo verso il futuro sarebbe ottenere il riconoscimento da parte della federazione di appartenenza del titolo di “professionista” per tutte le atlete donne. Il nostro impegno è identico a quello degli uomini, perché loro possono essere anche "professionisti" e noi donne solo “dilettanti”? Forse tutto questo cambierà a livello nazionale con la stagione 2022-2023, staremo a vedere. Parlando dei lati positivi, poi, l’AC Milan ha messo a disposizione dei contributi previdenziali che molte altre società non prevedono, e da un paio d’anni possiamo godere del congedo di maternità.

Ball, Football, Sports equipment, Soccer ball, Sports uniform, Shoe, Team sport, Ball game, Human leg, Soccer player, pinterest
@LaPresse/AC Milan

Cosa significa nascere in una famiglia di calciatori maschi?

Significa ricevere una mini palla da calcio come regalo del tuo primo Natale, significa passare tutti i pomeriggi della tua infanzia a giocare per strada con tuo fratello, significa avere l’allenatore e critico e supporter migliore al mondo, tuo padre. Un po’ severo e pretenzioso, sì, ma la prima persona ad aver creduto in me e ad aver visto una grande donna che poteva realizzare il suo sogno.

Hai mai parlato con loro di quanto e come sia cambiato il tifo in Italia in questi anni?

Sì, i cambiamenti ci sono stati e sono tutti positivi. Negli anni le tifoserie del calcio maschile e di quello femminile si sono uniformate, gli uni hanno trasmesso la passione per quella squadra agli altri, e viceversa. Vedere e soprattutto sentire San Siro, dallo scrosciare delle voci alle mani e gli striscioni alzati per aria, è una delle emozioni più grandi che abbia mai provato in vita mia. Spero di risentirla presto.

La sfida più grande che hai affrontato nella tua vita.

Sono tre. Una malattia ai polmoni da cui sono guarita e che mi ha permesso di mettermi in gioco, in tutti i sensi. E due infortuni al crociato subiti nel giro di due anni. Sembrano poca cosa, ma quando hai 18 anni e il tuo sogno è diventare una calciatrice professionista e qualcuno ti dice che non puoi allenarti per mesi, forse anni, beh, ti assicuro che ti vedi passare tutta la vita davanti. mentre tu sei immobile.

Come hai reagito?

All’inizio malissimo. Poi ho capito che o mi bloccavo o riacchiappavo il mio sogno in corsa non appena avrei potuto. Quel sogno che sembra così lontano, a un certo punto si riavvicina. Ringrazio questi infortuni, non sarei mai la donna e la calciatrice che sono adesso.

Sports uniform, Jersey, Sportswear, Uniform, Sports jersey, Player, Tournament, Championship, Sleeveless shirt, Active shorts, pinterest
@LaPresse/AC Milan

Il tuo modello dentro il campo.

Andriy Shevchenko. Milanista, attaccante e numero 7 sulla maglia come me.

E fuori dallo stadio?

Mio padre, la persona più determinata che conosca. Ma anche dentro il campo non scherza(va)…

A cosa pensi ad ogni goal mancato.

Sinceramente spero ci pensi qualcun altro… (ride). Scherzi a parte, sono molto autocritica, penso che dovrei fare di meglio, che la settimana seguente mi allenerò sodo per arrivare a tutti i costi lucida sotto la porta.

A chi pensi ad ogni goal segnato.

A mia nonna. È mancata da poco, era la mia prima tifosa.

Sei scaramantica?

Non proprio. Però c’è una cosa che faccio prima di scendere in campo, faccio roteare fra le dita un anello che ho sul medio sinistro.

I tuoi tatuaggi raccontano di…

Mia nonna, di nuovo, ho voluto imprimere il suo nome per sempre sulla mia pelle. Ho il disegno di un nodo dedicato al mio migliore amico che abita lontano da me, è un simbolo di unione sopra ogni cosa. Una scritta “destino” sulla schiena. E poi c’è l’ultimo, fatto insieme alle mie coinquiline dopo il confinamento, per ricordare questo strano momento che abbiamo vissuto unite. È un cubo, metafora d’inchiostro della nostra casa.

Se curiosassi adesso fra le tue playlist, cosa troverei?

La canzone più ascoltata sarebbe Eye of the Tiger, la colonna sonora di Rocky III. Mi dà una carica assurda, ed è anche il brano che il Milan utilizza spesso durante il warm up delle squadre pre partita.

La domanda a cui vorresti rispondere.

Nessuno mi fa mai domande sul look, sulla moda, su quelli che in molti chiamerebbero i cliché sui “soliti discorsi da ragazze”.

Non l’ho fatto neanche io… Sono forse vittima di un cliché nel cliché?

Forse. Il mondo dovrebbe capire che siamo atlete, siamo sportive, sì, ma non per questo smettiamo di essere donne quando indossiamo scarpette chiodate.

Grass, Jacket, Blazer, Stadium, Artificial turf, pinterest
@LaPresse/AC Milan
Valentina Bergamaschi e una compagna di squadra in Harmont&Blaine.