È nata la prima divisione di una compagnia di produzione cinematografica italiana per film diretti solo da donne, ma non certo per un pubblico di sole donne. Si chiama Lynn e ha già in cantiere due pellicole: Blackout Love, opera prima di Francesca Marino interpretata da Anna Foglietta, con il supporto di Amazon Studios, e Settembre, diretto da Giulia Steigerwalt e interpretato da Barbara Ronchi, Fabrizio Bentivoglio e Thony, con Rai Cinema. Lynn fa parte del gruppo cinematografico Groenlandia (Lynn è appunto un'isola disabitata al largo della Groenlandia) che ha sfornato in questi anni Il Campione, Croce e delizia, il film Il primo re e la serie tv Romolus, la trilogia di Smetto quando voglio e L'incredibile storia dell'Isola delle Rose, uno dei film più visti e amati del 2020. La polemica potrebbe essere dietro l’angolo: c’era bisogno di una produzione per sole donne? Il talento non dovrebbe essere talento a prescindere dal genere? Verissimo, ma secondo Kathryn Bigelow, prima donna a vincere un Oscar per la regia nel 2010 con The Hurt Locker, nemmeno con in mano la statuetta che rappresenta il massimo riconoscimento cinematografico ha superato la diffidenza dei produttori, quando propone un progetto. I dati su scala mondiale riferiscono che i film a regia femminile sono solo il 18%, mentre in Italia sono diretti da donne solo il 21% di quelli della Rai, e solo il 12% di quelli a finanziamento pubblico, come dimostra lo studio del Cnr del 2019 Gap & Ciak: Uguaglianza e genere nell'industria dell'audiovisivo.

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Courtesy Francesca Fago
Giulia Steigerwalt sul set di Settembre

“Il progetto ci ha appassionati fin da subito”, racconta Alessia Polli, responsabile della supervisione editoriale di Groenlandia, “quando facciamo un elenco di registi a cui affidare i nostri progetti, ci troviamo di fronte all’imbarazzante evidenza di un numero di registi di gran lunga superiore a quello delle registe. Questo non vuol dire che i maschi talentuosi siano di più, ma che nel percorso tra formazione e affermazione, le donne fanno purtroppo più fatica, e nonostante il momento storico abbia dato maggiore visibilità alle donne e al loro universo creativo non c'è corrispondenza con lo spazio di conquista. Al di là di ogni ideologia, perché le battaglie di genere si devono fare altrove, l’idea è proprio quella di dare una maggiore possibilità alle donne, fare cioè un lavoro chirurgico e metodico, quasi di osservatorio in modo da moltiplicare il numero di registe, che deve necessariamente salire. Questo significa un grande impegno da parte nostra rispetto a questa istanza: avere una divisione di Groenlandia che si occupa solo di regia femminile significa un impegno totalizzante”.

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Courtesy
Francesca Marino sul set di Blackout Love



Insieme ad Alessia Polli, a coordinare la line up c'è la scrittrice Eleonora Marangoni: "Vengo dal mondo editoriale e questa è la mia prima esperienza in campo cinematografico", racconta, "mi occuperò soprattutto della selezione e della parte editoriale dei progetti a marchio Lynn. La responsabile del coordinamento di Lynn è Fabia Fleri, che invece arriva dal mondo del cinema, seguirà anche i set e mi affiancherà nello scouting. Perché questo progetto? Penso che i numeri parlino chiaro: se i i film diretti da donne nel mondo sono il 18%, in Italia sono addirittura il 9%. È un settore in cui c’è molto da fare, sicuramente, ma fondamentali sono anche i modi e lo spirito con cui si opera. Vogliamo dar vita a uno spazio che non c’era o era troppo marginale, preservarlo e farlo crescere senza preclusioni di forma e di contenuto. Lynn prende metaforicamente il suo nome da un’isola disabitata della Groenlandia, ma è il contrario di un recinto isolato: l’idea è quella di popolare uno spazio di storie e sguardi diversi, farlo vivere e crescere a pieno contatto col mondo". “Non posso che essere contenta di questa notizia”, fa sapere Nilde Vinci, presidente dell’Associazione Lucrezia Marinelli che da più di 30 anni si occupa di promozione della cinematografia a regia femminile, “perché se ci battiamo da decenni per aumentare il numero delle registe c'è un motivo preciso, e riguarda tutti: le storie raccontate solo dall’occhio maschile riportano una visione parziale della realtà”.