Aung San Suu Kyi, la più celebrata paladina dei diritti civili, la leader birmana a cui è stato assegnato il Nobel per la pace nel 1991, è stata arrestata di nuovo: cosa succede? La mattina del 1 febbraio, all'alba, San Suu Kyi, che è la consigliera di Stato, il presidente birmano Win Myint e altri parlamentari del Myanmar sono stati arrestati poche ore prima del giuramento del nuovo governo eletto, dopo un colpo di stato. A sovvertire la situazione istituzionale della Birmania sono stati i vertici militari che hanno dichiarato lo stato di emergenza per un anno e hanno nominato il vicepresidente Myint Swe, un ex generale, presidente ad interim. Non è la prima volta che in questo Paese la dittatura militare impone un brutale dominio.

Aung San Suu Kyi è già stata protagonista di una lunga detenzione nel 1990 quando, dopo le elezioni generali indette dal regime militare, trionfò col suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia. Per impedirle di diventare Primo Ministro i militari annullarono le elezioni e presero il potere con la forza. Fino alla sua liberazione nel 2010, anche per le pressioni della comunità internazionale, è stata prima tenuta agli arresti domiciliari fino al 1995, poi in regime di semilibertà, mentre diventava un simbolo acclamato in tutto il mondo. Da allora, le sono stati assegnati tutti i riconoscimenti più prestigiosi, il Nobel per la pace, la cui somma è stata investita in beneficenza per il sistema sanitario e di istruzione del popolo birmano, la laurea Honoris Causa dell'Università di Bologna, la medaglia d'oro del Congresso Usa, i premi per i difensori dei diritti umani Rafto e Sakharov.

Poi il declino. Nel 2018, dopo una relazione delle Nazioni Unite, si diffonde la notizia che l’esercito birmano avrebbe portato avanti uccisioni di massa contro la popolazione Rohingya, senza che lei si sia opposta. Amnesty International le toglie il titolo di Ambasciatrice della coscienza, il premio Sakharov le viene sospeso nel 2020, la comunità internazionale invoca la revoca del Nobel per la pace, istanza respinta dalla Svezia perché al tempo il premio è stato meritato, e comunque la somma è stata investita in opere per il popolo. Da allora, la sua immagine di paladina dei diritti umani e della democrazia si è appannata. Oggi molti leader degli altri Paesi nel mondo stanno condannando il colpo di stato e chiedono la liberazione della politica birmana, perché di certo non è giusto invalidare con la forza delle regolari elezioni. Ma ora che tutto, per lei, è tornato agli anni 90, vedremo ancora i sit-in di protesta con i manifestanti che indossano le maschere con il suo volto?