Nella foto, gli interni dell'ex negozio Gavina con l'occhio scultoreo Le Témoin, di Man Ray, edizione Paradisoterrestre 2020.

Acuto, visionario, anticonformista. Dino Gavina reputava innovativo solo ciò che era degno di diventare antico




Creativi controcorrente. Da un lato l'imprenditore "sovversivo" (così si definiva sul suo biglietto da visita) Dino Gavina, dall'altra un gigante dell'architettura italiana come Carlo Scarpa. Alimentata dal desiderio di innovare e "inventare" nuovi paesaggi abitativi, la loro collaborazione ha dato vita ad alcuni progetti entrati nella storia: dai tavoli Doge (1968) e Valmarana (1972) a questo negozio, rivoluzionario per l'epoca.

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Lorenzo Pennati
Particolare del muro esterno in calcestruzzo.
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Lo spazio retrostante l’originale vetrina a "oblò".
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Tavolo Gritti, Carlo Scarpa, 1976, e prototipo della lampada Arco in granito rosa, Paradisoterrestre Historical Design Selection.

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Closeup sullo spioncino della porta.
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La fontana all’interno del negozio.

Sono gli anni Sessanta e, in centro a Bologna, Via Altabella è un'elegante bomboniera a pochi passi da Piazza Maggiore. Gavina − «il più emotivo e impulsivo costruttore di mobili del mondo», secondo Marcel Breuer − vuole una vetrina per i suoi arredi e affida la progettazione dello spazio a Scarpa. L'architetto interviene sull'ex ferramenta Giuseppe Castaldini in maniera provocatoria; all'esterno interrompe il regolare andamento dei prospetti delle case con una parete in calcestruzzo e disegna grandi "occhi", in grado di svelare ai passanti la nuova idea di modernità: il Design.


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La teca in cristallo disegnata da Dino Gavina per l’apertura del negozio, con vaso di Venini, firmato sempre dal professore.
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Il particolare del doppio cerchio su uno dei pilastri, segno distintivo dell’architetto Carlo Scarpa. 


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Lorenzo Pennati
L’insegna esterna dello store in Via Altabella, a Bologna.


Fin da subito questo diventa un indirizzo di riferimento, un tempio votato all'avanguardia, destinato a essere poi chiuso nel 1997. Dopo anni di alterne fortune − tra la vendita di giocattoli e decadi di totale abbandono − oggi il negozio ha ritrovato il suo splendore grazie alla passione di due donne: la proprietaria Claudia Canè Draghetti e l'architetta Elisabetta Bertozzi. Presto ospiterà il fashion brand Vintage55, ma quello che conta davvero è il restauro filologico portato avanti in questi mesi. Il progetto originario, infatti, è stato onorato in modo quasi reverenziale attraverso il ripristino minuzioso dei pavimenti, dei legni e delle pietre naturali. Per l'esatta identificazione delle cromie sono stati ripresi i bozzetti di Scarpa, con il blu cobalto e il bronzo abbinati al cemento bocciardato. In un perfetto ritorno al futuro.