Nella foto di apertura, la chef Sara Preceruti.

Sara Preceruti è coraggiosa, istintiva e viscerale. L’audacia ha segnato, innanzitutto, la scelta di sbarcare a Milano e di restarci nonostante le difficoltà dovute all’emergenza sanitaria. La sua nuova insegna è Acquada, un piccolo, accogliente locale (ereditato da Tano Simonato, che di recente ha traslocato in via Petrarca), dove lei si muove con autorevolezza unità a spontaneità. Solo diciassette coperti (per ora, viste le regole di distanziamento), in un ambiente rilassante decorato dalle fotografie di Massimo Picchieri che esemplificano il nome: Acquada come “acquazzone”, in dialetto lombardo, così gli scatti in formato XL raccontano una Milano a testa in giù, ripresa a specchio dalle strade bagnate. Prima dell'avventura meneghina, Sara si era conquistata la stella Michelin a La Locanda del Notaio, in località Pellio Intelvi, provincia di Como, dove ha diretto la cucina per undici anni; quindi è arrivato il suo primo Acquada, a Porlezza, riva italiana del lago di Lugano. Tra gli altri premi: “Migliore Chef donna" della Guida Identità Golose 2013.

Nonostante il termine vernacolare per il suo locale, Sara non ha scelto una cucina regionale filologica: il suo è uno stile personalissimo, lontano dalle definizioni comuni. L’impronta è italiana, ma irrompono anche ingredienti da altre tradizioni; la Lombardia emerge, ma senza ossessioni local. Fuoriclasse e libera pensatrice, la chef azzarda e fa di testa sua, in piatti affollati di materia prima e fantasia. E quando il gioco spericolato riesce alla perfezione, è sorpresa sensoriale: accade con un uovo barzotto su spuma di parmigiano servito con gelatina e polvere di porcini e accarezzato da limone glassato, poi con uno straordinario risotto alla parmigiana che riesce a tenere in equilibrio carne di maiale, mela verde e crumble alla menta. Gusti, consistenze e profumi si percepiscono all’unisono: un’esplosione.

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Risotto “Riserva San Massimo” alla parmigiana, ragù di maialino iberico, insalatina di mela verde e crumble alla menta.
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Bottoni di pasta, mango, cipolle, fegato, consommé di manzo e polvere di limone.

Gli accostamenti inediti le piacciono, la frutta si fa largo anche laddove non è generalmente invitata e torna nel petto d’oca (con salsa alle fragole) oppure nelle tagliatelle al pesto di rucola, olive e baccalà (il melone). Seguendo la stessa logica, molti vegetali migrano verso i dessert. Un peperone baby rosso ripieno di gianduia è il protagonista di uno dei dolci in menu, accompagnato da gelato al latte di capra; una crema di pomodorini gialli si sposa con semifreddo ai pistacchi servito con crumble di olive e cacao.

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Semifreddo ai pistacchi, crumble di olive e cacao, crema di pomodorini gialli.


Lodevole il cestino del pane: tutto esce dalla cucina, tra grissini dalla croccantezza tentatrice e panini vari sui quali domina, umilmente superbo, quello alla cipolla. Il percorso è esaltato da vini di analoga anticonvenzionalità, selezionati dal giovane sommelier e direttore di sala Claudio Baggini.

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Il cestino del pane.

Acquada è in via Eugenio Villoresi 16, a Milano. Il ristorante è aperto a cena, dal mercoledì al sabato. Il pranzo è esclusivamente su prenotazione così come la cena nei giorni di chiusura e il brunch della domenica.


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