In alto, da sinistra: l’olio Golden Frame, della serie Black Diaspora, 2018; targata 2020 e in mostra per la prima personale di Boafo alla Mariane Ibrahim Gallery, Baby Blue Suit (con la top model originaria di Accra); il celebre Krystal 1, 2018, in cui viso e mani affiorano dalla tela immacolata.
Sguardi profondi, indiscutibilmente seducenti. Sono il centro nevralgico di ogni dipinto assieme a volti fieri e grandi mani che si stagliano sui fondi monocromi. Niente distoglie l'attenzione dal racconto, da quello che l'autore vuole rivelare. Nato ad Accra, in Ghana, il trentaseienne Amoako Boafo è uno dei nomi in ascesa nel panorama internazionale, di recente consacrato da una prima personale alla Mariane Ibrahim Gallery di Chicago e da un contratto di collaborazione con la maison Dior per la collezione uomo P/E 2021.
"Black lives matter!" rivendicano i neri in tutto il mondo e lui lo proclama a gran voce nelle sue tele, diventate simbolo della lotta alle disuguaglianze sociali. «Uso la pittura per navigare nell'esperienza umana», spiega ora l'ex barista. Ed è stato proprio il senso di appartenenza alla comunità black a indicargli la strada per il successo. Partito dalla città natale in cerca di fortuna, si è stabilito a Vienna, dove − per sua stessa ammissione − ha trascorso un periodo buio. Qui i "fratelli" lo hanno ispirato, in particolare coloro che si adoperavano per aiutare gli altri, opponendosi a soprusi e violenze. In rapida successione queste figure hanno popolato i quadri di Amoako: gente comune dal sorriso sereno e dalla pelle luminosa, perché la battaglia non passa necessariamente dalla forza. Ma dall'energia sì. E quella che emerge dalle sue opere è quasi tangibile.
Complice una tecnica pittorica potentissima, che mescola pennellate lievi a vere e proprie sferzate di marrone, rosso e blu tracciate con le dita. «Ogni singolo segno deve essere visibile e aggiungere dettagli alla narrazione della persona». Con l'obiettivo di dare forma a esistenze complesse.