L'architetto Matteo Nunziati ritratto nello showroom di Rubelli, a Milano. Madia Piqué in noce, di Rubelli Casa, come la poltrona Tela; lampada Lea, Tato, tappeto Hydra, Illulian.
Ci sono due ambiti professionali in cui esprimere il proprio talento creativo e Matteo Nunziati li padroneggia entrambi con assoluta maestria. Che si tratti di dimore private o prestigiosi cinque stelle, il suo linguaggio contemporaneo si rapporta sempre ai canoni del passato e al territorio, «nell'intento di esaltare lo spirito del luogo e appagare un innato desiderio di bellezza», spiega l'architetto, che vanta importanti commissioni internazionali.
A capo dello studio milanese che porta il suo stesso nome – un team di dieci professionisti, tra i quali la moglie Dinah, esperta in decorazione e styling – Nunziati crea anche sofisticati arredi. Direttore artistico di Rubelli Casa dal 2019, tra i tanti clienti annovera Molteni&C, Lema e Fiam. Quanto a Flou, con il letto Gaudí si è aggiudicato un Archiproducts Design Award. Nel palmarès ci sono pure le Trump Towers di Pune, inaugurate nel 2017, e – sempre in India – il medesimo progetto approderà a New Delhi e Calcutta. A Doha, dopo l'hotel Rabban Suites, sta prendendo forma la Oryx Tower, mentre sull'isola di Malta è in costruzione il Townsquare Sliema, residenza di ventisette piani. Infine, nel capoluogo lombardo sono stati realizzati gli interiors di una penthouse del Bosco Verticale. L'atout progettuale di Nunziati? La fusione dei codici estetici: «Se in un appartamento si adottano soluzioni tipiche di un bell'albergo, in un hotel si apprezza l'idea di sentirsi a casa», rivela.
Côté prodotto, i mobili che nascono dal suo tratto sono un distillato di eleganza e saper fare tipicamente italiano, summa di un'attenta analisi esecutiva: «Non si può prescindere dalla storia dell'azienda committente o ignorare l'esperienza di un artigiano, spesso fonte di preziosi suggerimenti. Il resto lo fanno lo slancio verso l'innovazione e l'evoluzione del gusto». Altrettanto determinante la consapevolezza di svolgere un lavoro necessariamente responsabile, «interrogandosi sull'impatto ambientale dei materiali utilizzati e sul tema della sostenibilità». Il risultato coincide con collezioni dalle linee pulite, in cui i dettagli giocano un ruolo centrale. Non a caso, i punti di riferimento sono Gio Ponti, Franco Albini, Giovanni Muzio, Frank Lloyd Wright e artisti del calibro di Piet Mondrian; «geni assoluti, che hanno saputo semplificare ogni elemento decorativo facendo di proporzione, equilibrio e ordine il loro manifesto». Nella scia della tradizione.