Digitale e reale: quante volte abbiamo pensato di disconnetterci e sparire completamente dalla rete? Ma poi, possiamo vivere senza quel collegamento virtuale che accompagna le nostre vite fin dal risveglio? La necessità di iperconnessione e al contempo il desiderio di sfuggirle è un tema che accompagna le nostre esistenze, soprattutto dopo il lungo periodo di lockdown: tagliati fuori dal mondo vero, quello fatto di strade d’asfalto, di alberi e persone.

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Amir Farzad
La designer Sara Ricciardi all’interno della sua installazione al SIAM.

Un periodo che abbiamo consegnato interamente ai nostri device digitali, divenuti indispensabili per la spesa, per salutare la famiglia lontana, per il fitness. Sara Ricciardi, la poliedrica designer che ormai è di casa alle 5VIE, torna quest’anno con un nuovo allestimento nato da una riflessione post lockdown. E lo fa in grande stile nel cortile del SIAM, in via Santa Marta, uno delle location storiche del distretto, dove non ci appare attraverso uno schermo bensì live, con le “molecole della carne”, come lei sottolinea. In questo preciso momento storico, ci spiega, “ho voluto immaginare che le persone potessero avere un’opzione di irreperibilità, che si armassero tramite app di scudi per sfuggire dalle coordinate del sistema”. Una fuga dal Grande Fratello per conquistarsi del tempo fuori controllo e fuori luogo. Un blocco dello schermo, come quello che appariva sui vecchi monitor tv, una tragedia per chi continua a vivere a caccia del segnale migliore. Ma forse anche un salvagente dalla tecnologia, che ci segue e a volte ci precede in ogni azione che compiamo.

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Amir Farzad
Grandi occhi osservano dall’alto i visitatori.


NO SIGNAL ZONE, il titolo della performance live, gioca sui colpi di scena. Sara Ricciardi è una designer, ma qui si cimenta anche in un ruolo che è quasi da regista. La scena la conosciamo, è il cortile severo del SIAM, la Società d'incoraggiamento Arti e Mestieri, un edificio scolastico di fine Ottocento nato e cresciuto per educare severamente, che come per magia, attraverso una serie di occhi, spia i visitatori. Una metafora della nostra vita, racconta la designer, perché ovunque ci troviamo abbiamo sempre lo sguardo digitale puntato su di noi. Come in un film di Steven Spielberg, una nube violacea di sfere (vere, non virtuali) creano un’immaginaria interferenza di sistema capace di bloccare i radar satellitari. Niente più GPS: tutto, intere aree geografiche, palazzi, città e singole persone, diventano NO SIGNAL. “Ho ipotizzato che un simile evento possa accadere un giorno – continua Sara – anche in future guerre digitali. Solo la disconnessione può salvarci. Per questo ho creato due filtri per Instagram.

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Amir Farzad
Sara Ricciardi interagisce con la sua installazione.


NO SIGNAL FACE fa apparire “particelle” violacee sui volti per rendere le persone irrintracciabili; l’altro, NO SIGNAL SPACE, fa invece comparire le stesse bolle viola sulle nostre città, che come perturbazioni isolano interi spazi”. Nubi colorate simili al deus ex macchina dell’antica tragedia greca arrivano a liberarci dall’egemonia della tecnologia. “Una maniera ludica per sparire temporaneamente dai sistemi operativi, dal marketing, dal GPS, dalle telecamere, dalle rubriche. Da tutto, a eccezione di noi stessi”. Comunque sia, conclude Sara, combattere la tecnologia con altri click & byte resta fondamentalmente un ossimoro.

NO SIGNAL ZONE, l'allestimento di Sara Ricciardi, è al SIAM, in via Santa Marta 18, distretto 5VIE, #DesignCityMilano2020