Gli statunitensi hanno un problema con la pasta. No, non nel senso che non la sanno cucinare, ormai certe blasfemie si vedono solo in video appositamente fatti per provocare gli italiani sui social. Il problema si chiama Bucatini shortage, carenza di bucatini. Rachel Handler, columnist di Grubstreet e grande estimatrice del formato, ha cercato di capire cosa sia potuto succedere nei meandri della grande importazione/distribuzione di pasta secca. L'assenza totale di alcuni formati di pasta sugli scaffali di supermercati, drogherie, delikatessen perdura dalla fine del primo lockdown, e nessuno riesce a comprendere perché. Vari fattori, certo, non esiste un motivo univoco. Spoiler: è un vero e proprio spaghetti, pardon, bucatini thriller.

I bucatini in USA sono un formato glamour, una pasta da ristorante fighetto. Lo spaghetto è platealmente scontato, sa di meatballs e periferie; il bucatino, per la sua speciale struttura in grado di raccogliere "il 200%" del condimento, fa nettamente la differenza e innalza qualunque piatto al livello cool. Per Bon Appétit è stato addirittura il formato di pasta migliore del 2018. Può far sorridere gli italiani, sempre orgogliosi del proprio cibo rappresentativo ma abituati diversamente: bucatino = trattoria, moderna e trendy quanto ti pare, ma trattoria. E rigorosamente al singolare che condensa il collettivo, bucatino chiama amatriciana così come spaghetto chiama vongole. Paradigmi semplici, tempo di cottura al dente. Nel fine dining è raro trovare bucatini, forse per snobismo o per imbarazzo della scelta generale, molto più probabilmente perché è difficile inforchettarli senza effetto Pollock su tovagliati e pareti. Ma per gli statunitensi è uno status e quando le confezioni hanno iniziato a scarseggiare in tutta New York, Chicago e via via anche negli altri stati, la carenza di bucatini a fronte di altre confezioni di pasta è diventata un caso nazionale.

Prima tweet sporadici e battute leggere, poi sempre più richieste per capire come mai il mancato riassortimento non riguardasse anche gli altri formati. Le email ai servizi clienti dei principali produttori e importatori, e gli interventi richiesti alla NPA National Pasta Association (sì, esiste), hanno svelato alcune ipotesi: nella produzione si privilegiano sempre i formati più richiesti, come spaghetti e penne, e in un momento di congiuntura mondiale tra emergenza sanitaria e acquisto compulsivo la produzione di bucatini è passata in secondo piano, nonostante la larga fetta di estimatori. Spiegazione però troppo leggera per contenere la situazione. Dragando il sito della Food And Drug Administration, la massima istituzione USA per la sicurezza alimentare, si scopre che è stata proprio l'agenzia a fermare alla dogana i sogni gourmet degli americani. Marchiati De Cecco, nello specifico, tra i principali esportatori di bucatini dall'Italia all'estero Motivo? In USA la legislazione è diversa da quella italiana, ha propri standard per i nutrienti che dopo la Seconda guerra mondiale sono stati rigidamente definiti per garantire la qualità della produzione degli enriched macaroni products, prodotti pastai realizzati con farine arricchite in nutrienti e vitamine. In Italia non esiste, in USA è prassi. Proprio il cavillo dell'enrichment (anzi, la sua scarsità) è stato parte della mancanza generale di bucatini, perché il ferro contenuto nella pasta De Cecco era 2,1 milligrammi al di sotto dello standard raccomandato. La spiegazione ha circoscritto la questione ad una produzione, ma la carenza di bucatini in USA resta(va) comunque endemica.

Il mistero si è dipanato oltre: stando a un legale consultato dalla giornalista, potrebbero esserci state pressioni ad alti livelli per l'importazione di pasta dall'Italia, nello specifico di quel marchio, ma anche altri sul territorio USA potrebbero essere stati coinvolti. "La FDA è piuttosto lenta nell'agire in caso di violazioni degli standard. Sto ipotizzando che un concorrente abbia esercitato una forte pressione sulla FDA, forse un concorrente che ha convocato un membro del Congresso per fare pressione sull'agenzia. Non c'è motivo per cui la FDA analizzi un prodotto macaroni nei suoi livelli standard alla dogana, a meno che non abbiano avuto informazioni o pressioni per verificare" ha concluso l'anonimo legale. Carl Zuanelli, capo della National Pasta Association consultato più volte da Handler, ha tirato i fili definitivi della bucatini shortage: la richiesta di pasta in epoca di pandemia, la complessità di produzione del formato rispetto a quelli più semplici (perché il bucatino va trafilato due volte, prima fuori poi dentro, quindi richiede più tempo), non ultimo il blocco della De Cecco alla dogana USA della scorsa primavera per quei 2,1 milligrammi di ferro in meno. Tanti fattori, tutti diversi, molti politico-sociali. Quella che sembrava solo una mancanza di riassortimento si sta trasformando in uno scandalo. Il Bucatinogate.