Non so bene come dirlo, a Idris Elba. Allora glielo dico e basta: «Crede che Kate Winslet sia davvero la donna giusta con cui restare bloccati quando si scatena la catastrofe e c’è un freddo polare? Lo sa, vero, che su quella porta (del Titanic, ndr) non si è scansata di un centimetro ed è così che Leo è scivolato nelle acque gelate dell’Atlantico?». Seduto in una sala del Mandarin Oriental, in cima allo skyline di New York, l’attore inglese ride. «Kate Winslet ha la capacità straordinaria di sopravvivere praticamente a tutto», spiega. «Voglio dire, è una tosta. Forte-come-una-roccia. E se mai ci fosse toccato di cadere da una montagna vera, a noi due, saremmo sopravvissuti, perché lei è una in gamba, sotto tutti i punti di vista». E, a essere onesti, va detto che Mrs. Winslet è davvero una roccia, una che nel 2011, ospite con i suoi bambini nella villa di Richard Branson (il patron della Virgin) a Necker Island, quando durante un temporale il fuoco causato da un fulmine invase la casa, prese di peso la mamma di Branson e la portò giù dalle scale. E fu la volta in cui incontrò il marito, il nipote di Richard, noto anche come Ned Rocknroll, mentre si precipitava nell’edificio in fiamme con in mano una lampada. «Per lei», dice Elba, «è stata un po’ una cosa tipo: “È quello, l’uomo per me”».

Lui ha lavorato con Kate Winslet in Il domani tra di noi, adattamento cinematografico di un romanzo in cui due sconosciuti, dopo lo schianto del piccolo aeroplano su cui erano a bordo, lottano, si tengono stretti e mangiano carne di leone di montagna arrostita sullo sfondo montuoso di uno Utah gelato e selvaggio. Elba recita spesso con donne molto forti e la cosa, dice, gli sta benissimo. Sostiene che la sua “mum” - ghanese - è così severa che di recente, quando lui ha cercato di baciarla alla festa del suo quarantacinquesimo compleanno, ha girato la faccia dall’altra parte.
Elba ha interpretato anche l’avvocato newyorchese che nel film di Aaron Sorkin Molly’s Game (in Italia dal 19 aprile) difende Molly Bloom, l’audace signora del poker amica delle star, interpretata da un’impetuosa Jessica Chastain. Oltre ad aver dato vita a una delle più memorabili vicende amorose della storia della tv nella serie Luther, sulla Bbc. Cappottone di tweed, nei panni di un detective della omicidi londinese ribattezzato dai suoi collaboratori “sua maestà satana”, finisce invischiato in un erotico e psicopatico groviglio con una moderna Lizzie Borden, impersonata in perfetto stile noir da una Ruth Wilson dai capelli rosso fiamma. «Credo che le donne di potere siano sexy», dice. «Ma quelle che hanno potere e sono anche pericolose? Woooo, anche di più».

Idris Elba, Jessica Chastain, Molly's Bloompinterest
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In Molly’s Game, il film tratto dall’omonimo romanzo (pubblicato in Italia da Rizzoli), Idris Elba è l’avvocato di Molly Bloom, la signora del poker clandestino interpretata da Jessica Chastain (sopra), di cui il libro è il memoir.

Mr. Elba lo confessa. Era agitato durante la scena di sesso con la Winslet, fino ad allora non ne aveva fatte poi così tante. «Ero nervoso perché si trattava di Kate, la numero uno», dice sornione, e il suo seno era proprio lì, bene in vista. «Lo guardo, non lo guardo? Dovrei baciarlo?». In un mondo dove la maggior parte dei film è deludente e le vere star sono rare, Elba è magnetico. Alto, muscoloso, prima del suo momento magico nella parte del signore della droga Russell “Stringer” Bell in The Wire, faceva il buttafuori (e lo spacciatore d’erba) al comedy club Carolines di Broadway, uno abituato a dormire in un furgone, il suo Chevy Astro. «Aveva bellissimi sedili in velluto», ricorda. «Mi manca quel gioiellino. Dico la verità, se ne trovassi uno, lo comprerei subito e lo spedirei in Francia, dove ho una casetta».
È più snello di come appare sullo schermo, con un piccolo orecchino ad anello, barba screziata di grigio e braccia ricoperte di complicati tatuaggi. Su una gli si arrampica una pianta. «Ho un rapporto spirituale con gli alberi. Mi servono un po’ da luoghi di preghiera». Tatuato sulle braccia ha anche il nome di sua figlia, Isan, che è a New York con lui, su nella suite dell’albergo. E poi, marchiate, ha alcune parole, “Questo treno non carica chi fa del male”, quelle di una canzone, a significare che nella vita non vuole gente che alla fine lo molla. Indossa una polo grigia aderente e dei jeans neri della collezione disegnata da lui, con le iniziali IE in piccolo.

Quando Amy Pascal era capo della Sony propose che fosse Elba a fare James Bond, nel caso che Daniel Craig decidesse di “appendere lo smoking al chiodo”. Come produttrice di Molly’s Game dichiarò di aver affidato a Elba il ruolo dell’avvocato, perché «se devi metterti nelle mani di qualcuno, di chi vorresti che fossero quelle mani? Lui è in assoluto la miglior versione possibile della mascolinità. Tutte le complesse contraddizioni che ha non fanno che dare fascino ai suoi personaggi. Forse è per il modo di camminare: le sue gambe hanno un vigore che non trovi in nessun altro, come se fosse lui la forza di gravità. Pare stia sempre al centro di qualche importante conflitto morale, ma poi è il più calmo di tutti. È una dote rara, qualcosa che hanno solo i divi».
Gli faccio osservare che le questioni di razza sembrano non avere importanza nelle storie d’amore che porta sullo schermo. «Sì, le mie partner sono sempre state sia nere che bianche, e io veramente non ci ho mai fatto gran caso. Un amico, un produttore nero, una volta mi ha chiesto «Sei proprio convinto di Il domani tra di noi? Credi che sia una storia che i black ameranno?”» (nel libro il suo personaggio, un chirurgo, era bianco). Ma, precisa, prima di una diretta Facebook in cui una donna gli ha domandato se il film volesse favorire la comprensione tra razze in un momento di grande divisione nel Paese, non era mai emerso niente in proposito. «Se sembra così, benissimo, però noi non ci avevamo pensato. Per fortuna, vai al cinema solo per vedere la storia di due che si innamorano». Mi chiedo se creda che, con l’amministrazione Trump, l’America stia andando in direzione di una distopia razziale. «Non penso che Trump cambierà il mondo intero e farà di tutti noi dei razzisti. Gli esseri umani sono intelligenti e liberi pensatori». Cresciuto povero e figlio di immigranti in una zona dell’East London chiamata Canning Town, dice, «era normale per strada sentirsi dare del black bastard. Ma questo ha fatto di me un razzista? Non proprio. Eccomi, vengo da lì e certo non sono il tipo che ti fa “hey, stammi lontano perché una volta mi hai chiamato black bastard”».

Suo padre gli fece una raccomandazione una volta, dice: quella di guardare sempre la gente dritto negli occhi. La stessa tecnica adottata da Hitchcock quando diresse la grande Eva Marie Saint in Intrigo internazionale, nella sensuale performance in cui aveva Cary Grant come partner. In un pianeta affetto da sindrome da deficit di attenzione, è un sistema che funziona. Elba non distoglie mai lo sguardo per guardare il telefono, o la cameriera a cui ha chiesto il coltello, o il suo agente che lo incalza. Emana buone vibrazioni, ma in realtà è di un attivismo frenetico. Quando non recita, nei film o in Luther, è impegnato a fare il regista o il dj a Londra e a Ibiza, a disegnare abiti, produrre musica o documentari sulle sue avventure con il kickboxing in Thailandia e le macchine da corsa in Irlanda. E forse è questo il motivo per cui la sua vita privata è così frenetica. E ha giurato di non risposarsi mai.

Idris Elba, Molly's Game, Aaron Sorkinpinterest
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«Idris Elba», ha dichiarato Amy Pascal, produttrice di Molly’s Game, «è in assoluto la miglior versione possibile della mascolinità. Per questo gli ho affidato la parte dell’avvocato. Se devi metterti nella mani di qualcuno, di chi vorresti che fossero quelle mani, se non sue?».

Ha avuto due figli, una ragazza di 15 anni e un bambino di tre, con due truccatrici, una delle quali è diventata sua moglie, e poi c’è stato un secondo, breve matrimonio con un avvocato. La sua prima uscita ufficiale con la nuova fidanzata, Sabrina Dhowre, ex Miss Vancouver, è stata al debutto di Molly’s Game, al Toronto International Film Festival: si sono incontrati quando lui stava andando a Vancouver e in British Columbia per girare Il domani tra di noi. Eppure, tra le sue tante esperienze, c’è stato anche il momento del “tu non sei il padre”, che nella vita di un uomo può essere il peggiore, o magari il migliore. Quattro anni fa, in uno slancio terapeutico, raccontò a un giornalista di GQ la storia «tragica, un pugno in faccia» di come scoprì che il bambino che pensava di avere avuto con una donna che frequentava in Florida in realtà non era il suo. «Senza dubbio è una delle cose peggiori che possano capitare a una persona, lei inclusa», dice riferendosi alla sua ex. «Perché, qualunque cosa sia successa e qualunque cosa abbia combinato, sperava che non l’avrei mai scoperto, e invece l’ho fatto. Così, per noi tre, bambino compreso, è stato...». E qui a ogni parola la voce gli si fa più sommessa, fino ad affievolirsi del tutto. «Come l’ha scoperto?», chiedo. «Un giorno è venuta mia madre, ci ha visti e mi ha detto, “Quello non è tuo figlio”. Così ho fatto un test di paternità». Gli faccio notare che di recente un avvocato ha dichiarato al Daily Mail che il matrimonio si sarebbe rotto perché i manager di Mr. Elba ritenevano che, vista la fama di sex symbol, sarebbe stato opportuno che fosse single. Lui scuote malinconicamente la testa e dice che no, non è proprio vero, e che molte delle storie in circolazione sulle sue relazioni sono «del tutto false», ma che non ama litigare in pubblico.

Gli chiedo dei versi di un rap scritto da lui, che dicono che la fama ti porta “davanti alla porta del diavolo”. «Io vivo un dualismo continuo, capisce cosa intendo dire?», risponde. «Sono stato insignito del titolo di O.B.E., Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico, però io sono un birichino, capisce? Vivo quella che si dice una vita piena, e sono un ragazzaccio. E sono pericolosamente vicino a bussare alla porta del diavolo. Perché sono umano, ragazzi. Ma nel contempo, il mio Paese mi rende omaggio, e io dico, yeah», a condizione di non fare casino o comportarsi da stronzo, aggiunge più sboccato. «Hai la responsabilità di essere leader e hai certi doveri. Non puoi andare a farti beccare strafatto o nel bel mezzo di un’orgia. Non che io ci abbia mai pensato...». Mentre stiamo per lasciarci, gli faccio una domanda che so che non gli piacerà: «Vorrei sapere qualcosa a proposito di James Bond: George Clooney ha detto che lei sarebbe perfetto in quella parte, e che si tratterebbe di un grosso passo avanti». «Ha detto proprio così?», risponde con un sorriso scettico. «Non so. È interessante che se ne continui a parlare. Però mi sembra che il punto sia piuttosto: vogliamo che un nero faccia James Bond, e non che lo faccia proprio Idris Elba. È per quello che dico, dai, lasciamo perdere». Così, alla fine ci preme sapere: ma a lui piacciono i Martini? Sfoderando il suo sguardo più soave, Mr. Elba sussurra: «Mi piacciono mescolati. Non shakerati. Oh mioddio, ma l’ho detto davvero?».