La storia scorreva veloce tra un mobile zoppo e un frigo ansimante e noi non ce ne rendevamo conto. Eravamo solo ragazzi pieni di desideri, Mtv era la terra promessa, il televisore pareva un furgonato e il libretto universitario era l’unica cosa immacolata di quell’appartamento in centro a Bologna. Erano gli anni 80 e Dio solo sa cosa voglia dire “erano gli anni 80”, se non che in quei mesi torridi estivi tutti assieme, studenti fuori corso, abbiamo imparato ad amare. Parlo di quell’amore ingenuo e incondizionato per donne irraggiungibili, sentimento struggente e insostituibile.

Oltre venti anni dopo, faccio coming out: ho amato Apollonia Kotero e non me ne vergogno. Ma per quella passione seriamente sconclusionata non ho mai saputo chi dover ringraziare. Poi lui, Prince, se n’è andato all’improvviso e tutto ha avuto un senso. Quello di cui eravamo ignari testimoni fu uno sconvolgimento epocale. Non a caso il gruppo di Prince si chiamava The Revolution, e lui era l’unico a saperlo. In quel mondo, in quell’America, non si poteva neppure pensare di stampare una donna sulla copertina di una rivista rock. Immaginate quando Prince ne assunse addirittura due nella sua band e le fece diventare le icone di uno dei brani più straordinari della storia della musica, più una terza, Apollonia, appunto, per trasformarla in un’immagine sacra che resiste all’usura di varie generazioni.

Ha fatto più per le donne Prince in pochi anni, di quanto i movimenti femministi siano riusciti a fare in decenni. Ancora oggi le grandi campagne pubblicitarie, i video musicali, le clip di moda, sono inconsapevoli riferimenti a quello che Prince aveva visto e creato quando in molti credevano che le sue fossero solo idee un po’ eccentriche. Che fosse tutto studiato a tavolino, per costruire il personaggio. Ma era l’esatto contrario. Nulla era costruito, era tutto istinto puro, gesto spontaneo. E ricerca del talento più autentico. Quando impose Linda Coleman e Wendy Melvoin nella sua band, nel ruolo di tastierista e chitarrista, oltre che di voci, si era attirato parecchie critiche anche dagli stessi componenti della band. Dez Dickerson, chitarrista scoperto da Prince, lasciò la band citando i suoi principi religiosi in conflitto con le canzoni spesso a sfondo sessuale. In molti sospettavano che Prince volesse solo portarsi a letto le ragazze, ma nessuno, tranne lui, sapeva che Linda e Wendy erano invece una coppia nella vita in un’epoca dove le abitudini sessuali non convenzionali non ti schiudevano certo le porte della celebrità. Prince le aveva scelte perché avevano talento. Wendy prese il posto di Dez. Purple Rain fu un successo planetario anche grazie a loro. E la copertina di loro tre su Rolling Stone è una pietra miliare.

Prince amava le donne, le amava in modo assoluto e in un certo senso puro. Ne sapeva riconoscere le qualità, le incoraggiava, le esaltava di fronte al pubblico. Stevie Nicks, leader vocale dei Fletwood Mac, ricorda quando Prince la chiamò per interpretare proprio Purple Rain: «Era una canzone potentissima, gli dissi che non me la sentivo. Lui fu dolcissimo, sapeva davvero come parlare alle donne. E a quel rifiuto io ci penso ancora…»

Prince ci ha insegnato a riconoscere la sensualità in un’epoca dove l’unica alternativa possibile, per noi studenti della vita, era Colpo Grosso di Umberto Smaila.

Prince ci ha spiegato le sfumature, il mistero. Quando scoprì Tara Patrick, ragazzetta di un posto assurdo in Ohio, vide qualcosa che nessuno era riuscito a notare. Forse neppure la stessa Tara. La prese e la trasformò in qualcosa di fulminante: Carmen Electra. Showgirl, cantante, attrice. «E poi finimmo con l’innamorarci l’uno dell’altra – racconta oggi Carmen – era inevitabile, aveva un fascino pazzesco e sapeva metterti al centro della sua vita. Ma quella relazione doveva rimanere segreta. Un giorno mi disse: se sapranno che stiamo assieme smetteranno di prenderti sul serio, non posso fare questo al tuo talento. Tu hai bisogno di volare. E ce la puoi fare con le tue forze, non perché qualcuno pensa che sei la mia ragazza».

Tutte le donne che sono transitate nella vita della rockstar di Minneapolis, ne sono uscite più ricche, più famose e decisamente amate. Con la sua prima fidanzata storica, la cantante Vanity – scomparsa un anno fa – fu un amore travolgente. Lui l’aveva scoperta e trasformata in una performer straordinaria. Finì pochi giorni prima di registrare Purple Rain e dovette rimpiazzarla in fretta, riparando - si fa per dire - su Apollonia.

«Presto quella relazione artistica diventò qualcosa di incredibile - ricorda oggi Apollonia - Non parlo di amore, mi riferisco a qualcosa di assoluto. Parlavamo di continuo di musica, film, poesia e anche di cose frivole. Ci vestivamo l’uno con i vestiti dell’altro, potevamo stare ore senza mangiare o dormire senza nessun problema. Era una simbiosi. Quello che sono, artisticamente e non soltanto, lo devo a quell’uomo».

La lista di artiste che deve tutto o quasi a Prince compila un volume della storia del rock. Il comune fattore denominatore? Quasi tutte hanno avuto una relazione romantica ma non fu mai quella la ragione del loro successo nel tempo. Quando una batterista sconosciuta di origine ispanica fece le sue prime apparizioni alla fine degli anni 70 nei locali di Los Angeles, in molti le spiegarono il problema. Una donna che sia anche una batterista non ha alcun futuro. Certo, era la figlia del percussionista di Carlos Santana, ma non era sufficiente. Fu Prince a cogliere le potenzialità della ragazza. Gli bastò cambiarle il nome, Sheila E.

«Eravamo due persone molto competitive - ricorda lei - ci sfidavamo continuamente su tutto, persino a ping-pong. Ma capii più tardi che lui lo faceva per tirarmi fuori il carattere, con lui è stato un all’allenamento estenuante per il mondo che mi aspettava. La sfida quotidiana del dover sconfiggere gli stereotipi. Poi gradualmente, ci siamo anche innamorati. Era difficile resistergli».

Non gli resiste neppure Mayte Garcia, che era poco più che una ragazzina quando rimane incinta di Prince, 15 anni più grande di lei. Si sposano il giorno di San Valentino del 1996, ma sette giorni dopo il parto il figlio muore a causa di una rara sindrome. È una storia che termina di lì a poco, il matrimonio viene annullato, ma Prince si è sempre rivolto a quell’esperienza con grande delicatezza. «Vivere la gravidanza a fianco di mia moglie ha cambiato profondamente il rispetto che ho nei confronti delle donne ». Ma quell’evento è un crepaccio invalicabile nella vita dell’artista che, pochi giorni dopo la scomparsa del neonato si presentò da Oprah Winfrey assieme a Mayte, fingendo che nulla fosse successo, invitando la conduttrice al tour della stanza del figlio.

Non ci ha più provato è rimasto se stesso, Prince, la rockstar, l’uomo che sapeva amare le donne e tirar loro fuori il meglio, per poi lasciarle volare via. Per conto loro. Cindy Lauper, il gruppo delle Bangles, altra grande attrazione dei pomeriggi incollati su Mtv, Sheena Easton, l’immensa Chaka Khan, sono tutte creature sfiorate dalla capacità intuitiva di Prince, amiche, muse, amanti, collaboratrici ma soprattutto artiste destinate a scombinare i valori di un’industria quasi del tutto maschile. Gayle Chapman, la prima tastierista donna forse mai assunta in una band, ricorda il giorno del ’79 in cui Prince le offrì il lavoro. «Gli chiesi con un certo sospetto, ma anche con grande riconoscenza, perché avesse scelto me, voglio dire, aveva una certa fama… E lui mi rispose in un secondo: non ho mai incontrato una ragazza bianca con tanto funky nelle vene come te».

A questa sua carriera parallela di scopritore di talenti femminili Prince non ha mai rinunciato, quasi fosse una missione. Solo pochi anni fa aveva proposto una collaborazione a una ragazzina, una certa Rita Ora. Ancora una volta, un passo avanti rispetto a tutti. Eppure se n’è andato forse profondamente solo. Il prezzo che pagano quelli destinati a restare immortali.