«Una partita di campionato? Difficile come affrontare la vita di tutti i giorni. La champions league? Complicata come una cena con la suocera. La Coppa del Mondo? Intensa come una via Crucis». Parola di Domenico Dolce e Stefano Gabbana, superstar della moda, tifosissimi doc (della nazionale, di cui hanno firmato le divise per Mondiali 2006 e 2010 ed Europei 2008) e quanto mai profetici: sono stati fra i primi a lasciare in mutande gli idoli degli stadi per i loro advertising, a mixare l’universo maschio del pallone con quello patinato delle passerelle.

E a intuire la grande forza mediatica espressa nel viso e, soprattutto, nel corpo di un calciatore. Tanto da arrivare a trasformare “Ringhio” Gattuso in un’icona e a rendere i campioni del pallone eleganti come David Niven e Cary Grant, emblemi di un intramontabile chic maschile. E infatti tutto si tiene: quest’anno non solo si disputano i Mondiali di calcio, ma si festeggiano anche i vent’anni della linea uomo griffata Dolce & Gabbana. Sarà solo una felice coincidenza?

Come mai nell’immaginario collettivo i calciatori sono di­ventati un modello sexy superiore anche rispetto a cam­pioni di altri sport? Perché il calcio è uno sport universale che fa sognare. E perché c’è stato David Beckham: è lui che ha eli­minato quel luogo comune secondo cui quando un giocatore vestiva alla moda non poteva che essere gay o stravagante. Da­vid ha fatto capire a tutti che uno sportivo non poteva essere solo bravo o bello, ma anche elegante. E noi siamo tra i primi che hanno colto questo trend e abbiamo trasformato campio­ni come Cannavaro e Pirlo in simboli dello stile.

In base a quale criterio estetico scegliete i calciatori per le vostre campagne di underwear? In base a un mix di bra­vura ed estetica. Mentre per la donna è necessaria una bel­lezza classica, nell’uomo contano più fascino e sensualità.

Qual è il momento più erotico in una partita? Beh, il gol è come un orgasmo. È estasi pura, un momento di comunione globale. Lo stesso vale per la vittoria di un campionato o un trionfo in Champions League. Ma le emozioni che ti dà un mondiale sono uniche: altro che orgasmo, lì si perde la voce, saltano le corde vocali. È pathos all’ennesima potenza.

C’è relazione fra la comunità gay e il calcio? Il calcio, ma lo sport in generale, è per tutti.

Come spieghereste la passione per il pallone a uno a cui non frega niente? Le passioni non si possono spiegare. Se una persona non ama il football, peggio per lei. Tutto è mol­to personale e soggettivo. La cosa più bella del calcio è che è uno sport democratico. Nel senso che, a differenza del golf o degli altri sport d’élite, coinvolge tutti indistintamente: l’av­vocato e il manovale, il disoccupato e il professore, lo scapo­lo, l’ammogliato e il divorziato, l’intellettuale e il cafone. Al­lo stadio non si guarda il ceto sociale: è l’azzeramento di tut­te quelle barriere borghesi che creano differenze di status o addirittura razzismo e classismo.

Il giocatore che ha paura di battere un calcio di rigore è un uomo poco sexy? Niente affatto. Saremmo i primi a non volerlo tirare. Non è questione di essere sexy o meno: per cal­ciare un rigore ci vuole incoscienza. Noi non abbiamo nemmeno il coraggio di guardarli i calci di rigore.

Cosa può imparare la moda dal mondo del calcio? Che è un gio­co. In molti nel fashion-system non capiscono che una collezione non è la fine del mondo: una gonna corta o lunga non cambia la vi­ta. Gli addetti ai lavori sono troppo cupi, si prendono molto sul se­rio. Un esempio, per capirci? Alle sfilate molte giornaliste inforcano gli occhiali da sole perché fa tanto chic: insopportabile! Ci è venuta un’idea: il nostro prossimo défilé lo facciamo a San Siro, così costringiamo gli invitati a vederlo senza lenti scure.

E cosa invece potrebbe insegnare la moda al calcio? Non si tratta di insegnare ma di contaminare. La moda trasforma uno sportivo in un uomo elegante. Gli dona ordine e rigore.

In Sudafrica sono più famosi Dolce & Gabbana o Cannavaro? Ma Cannavaro è come McDonald’s! Noi non abbiamo nemmeno la pretesa di poter essere più famosi di lui...

Il calcio è un gioco di squadra: quanto è difficile fare in modo che un team funzioni bene? Per guidare una squadra vincente servono quattro parole magiche: umiltà,intelligenza, creatività e disciplina. L’umiltà aiuta a volare basso. L’intelligenza serve a capire quali sono gli obbiettivi e a come raggiungerli. La creatività porta alla luce le poten­zialità. Ma senza disciplina queste tre peculiarità non servono a nulla.

Dove sarete la sera della finale? Se tutto va bene metteremo in pratica il nostro rituale. Di solito siamo a casa di Domenico, tut­ti schierati davanti alla tv sul divano lungo, accanto a un buffet. Ognuno ha una posizione assegnata e guai a cambiarla. C’è il nu­merino come alle sfilate. Le tre regole sono: si assiste alla partita in assoluto silenzio, nessuno fa commenti, nessuno può alzarsi. La nazionale è una cosa sacra.

A cena con Leonardo o Mourinho? Con Leonardo, senza dubbi.

In quale momento della vostra vita avete capito di avere fatto gol? Ancora dobbiamo farlo. Siamo all’inizio del secondo tempo. Abbia­mo ancora da giocare i supplementari ed eventualmente i rigori.

Quanto è aumentata la vendita dell’underwear da quando ave­te scelto come testimonial i calciatori? La scelta dei calciatori ha contribuito molto. Ha dato sicurezza a chi era diffidente ver­so il marchio, a chi si sentiva inadatto a indossare un capo inti­mo griffato. Ma ancor più dell’underwear, la svolta è stata vesti­re con l’abito i calciatori e soprattutto gli allenatori. Questi ulti­mi hanno una grande forza simbolica. Lippi, Ancelotti, Leonar­do: non sono più atleti, ma persone vere. Hanno un carattere for­te e deciso. Sono esempi da seguire, quasi come un padre.

Il più grande calciatore oggi? L’attaccante argentino, Lionel Messi.

E il più bello? Frank Lampard, del Chelsea. Non ha una bellezza classica, ma è molto sexy.

La vostra nazionale ideale: undici nomi? Buffone Cannavaro sono i nostri portabandiera. In difesa: Zambrotta, Criscito e Ne­sta. In mezzo al campo: Marchisio, Pirlo e De Rossi. In attacco: Balotelli, Iaquinta, e Di Natale. In panchina, Marchetti e Abate.

Pronostico suiMondiali: chi vince? Non diciamo nulla per sca­ramanzia. Anzi, lo sai chi lo vince? Il Brasile. Tanto rispondono tutti così e non si rischia niente.