Un miniabito e belle gambe che svettano sui tacchi. Stella McCartney non nasconde una pancia visibile, ma non rinuncia a vestirsi come ama. Baby numero 4 arriverà a fine novembre e per dare il benvenuto (il sesso è una sorpresa) ha addirittura disegnato la linea Kids che debutta proprio ora (distribuita online su stellamccartneykids.com).

Dice di non aver mai pensato a una famiglia numerosa, la ritiene u nlusso («Abbiamo una persona incredibile che si occupa dei bambini -Miller, 6 anni, Bailey, 3 e Beckett 2 - e questo consente a me e a mio marito di poter lavorare. E poi ho un team fantastico che mi concede di avere una famiglia»). Su questa linea sottile la stilista, che ha 39 anni, si gioca tutto, ma ha trovato un equilibrio che le permette di divagare. Di passare dalle sue collezioni all’ecologia, alle cause che sostiene e finalmente alla sua famiglia di origine, senza quel pizzico di irritazione che per anni le ha fatto rifiutare certe domande.

Ma meglio iniziare parlando di moda, quella fresca e portabile («Quando creo vestiti penso a donne reali, non ho in mente il set di un film») che l’ha portata a un successo tutto suo.

I vestiti di qualità dovrebbero durare per sempre e questo renderebbe la moda più sostenibile. Ma cosa succederebbe al sistema moda? Fare shopping è divertente e non dovrebbe diventare una parolaccia. Io però non butto via nulla. Credo nel riciclo, nel mantenere le cose più belle e produrre collezioni fatte bene e che resistano nel tempo. Siamo liberi di comprare quello che ci dà piacere, non voglio spingere la gente a spendere, voglio soltanto migliorare le loro vite. Ma devono essere loro a scegliermi.

È possibile produrre moda organic a prezzi più popolari? È dura, al momento non è possibile al 100% ma io continuo a lavorarci. Dipende anche dai materiali, a volte ce ne sono, altre meno. Molti fornitori hanno ridotto la loro offerta proprio perché non c’era sufficiente richiesta. Farei tutto biologico se potessi. Il denim è perfetto e anche la maglia, ma altri materiali non possono esserlo, come la seta.

Ha senso che ogni stagione abbia una nuova borsa-da-avere? Sono intrigata da tutto questo must have, ma credo sia più un’invenzione delle riviste di moda. Noi abbiamo la Falabella Bag (è il nome di un cavallo, ndr.) e per me è interessante sviluppare il linguaggio di questa borsa per farla diventare un “classico Stella”. Ma non uccidiamo un animale per produrla.

Non è strano comprare la Resort Collection, che poi è primaverile, in novembre e dicembre? Il discorso delle stagioni è controverso perché la gente si muove e in Australia il clima è opposto all’Inghilterra. Ma bisogna tenere in considerazione anche che si vive nell’aria condizionata in estate e in ambienti molto riscaldati in inverno. Oggi dobbiamo essere più moderni nel modo in cui concepiamo i vestiti.

Il Made in Italy è ancora il meglio? Gli italiani capiscono la bellezza. Hanno una grande storia di produzione. Lì nasce la maggior parte della mia linea e tutte le scarpe.

Cosa la ispira quando pensa una collezione? Gli esseri umani. Sono interessata all’aspetto psicologico della moda. Perché una donna desidera una certa giacca? Perché lavora duro per pagare i conti e le tasse e mette da parte soldi per comprarsi una borsa costosa? Questo mi spinge a realizzare prodotti di alta qualità.

La sua esperienza a Savile Row, dai sarti da uomo, in cosa l’ha aiutata? Ha avuto un impatto notevole su quello che faccio. Ho fatto training da un sarto e non molti designer hanno avuto questa fortuna. Tradurre quel lato maschile nell’abbigliamento femminile per me è sempre interessante. Un bel completo o una bella giacca è tutto quello di cui hai bisogno e dura per sempre.

Qualcuno pensa che talvolta la moda sottragga dignità alla donna. Condivide questa sensazione? Non penso sia soltanto la moda, è il mondo! Film, attrici, arene diverse in cui le donne sono ritratte come oggetti sessuali. È degradante.

Che rapporto ha con le celebrities che indossano i suoi abiti? Spesso è legato ad amicizie personali.Però c’è sempre stata una forte relazione tra moda e celebrità e non capisco perché se ne parli tanto ora, non è nuova. Voglio rendere felici le donne normali, certo, ma fa piacere vedere un’attrice fantastica in un tuo vestito alla prima di un film. E poi si può discutere se ti piacciono tutte le celebrities che hanno addosso i tuoi abiti. Ma non voglio fare differenze, sarebbe maleducato da parte mia non volere qualcuno che mi ha scelto. Non voglio essere elitaria, e quello che non mi piace del mondo della moda è proprio quel sentirsi migliore degli altri. Questo non è il mio stile.

Il suo nome l’ha aiutata a dettare certe regole in un grande gruppo del lusso? Intende quello di mio padre e mia madre?Non credo sia stato il mio nome, quanto quello che stavo facendo. Nella mia vita sono stata fortunata ad avere valori forti e una certa etica e non sono scesa a compromessi. Semplicemente non ho voluto sentirmi ipocrita. La vita è breve e non voglio farlo. Anche se non sono perfetta. E se avessi fatto altro avrei stabilito le stesse regole. Si può creare bellezza e allo stesso tempo mantenere quello in cui si crede e la propria integrità.

Il commercio verde però talvolta approfitta della sensibilità ecologica. Cosa la irrita? Cerco di non farlo, preferisco pensare. Mi dico che almeno la gente ne parla e questo va bene. Mi sento frustrata quando vedo etichette con “naturale” e “sostenibile” usate per ingannare la gente. Per quanto mi riguarda non è qualcosa che propagando, non voglio vendere la mia moda per quello. Sono prodotti di lusso che sono anche realizzati in non pelle, utilizzando meno acqua e chimica,uccidendo meno animali o incidendo meno sulla foresta pluviale. Ormai ne parlo in ogni intervista perché mi viene chiesto ma non voglio essere percepita come una “perfetta verde”, non lo sono. Ma non è tutto o niente, qualcosa è meglio di niente.

Cosa ha ottenuto con la sua campagna “Meat Free Mondays” che chiede di non mangiare carne il lunedì? Sta continuando. Vogliamo rendere la gente più consapevole, non c’entra con l’essere vegetariani. Vogliamo incoraggiare a vedere l’impatto che quello che mangiamo ha sul pianeta. Evitare la carne per un giorno, e molti lo fanno già, è meno caro e più sano, e ha un effetto maggiore che sospendere i trasporti per 24 ore.

Cosa succede se i suoi bambini vanno a una festa dove servono hamburger? Sono liberi di fare quello che vogliono. Purtroppo i McCartney sono una famiglia vegetariana famosa e la gente è di solito aggressiva verso noi vegetariani, non piacciamo molto. Per questo abbiamo incoraggiato molti amici carnivori a unirsi alla nostra attività (meatfreemondays.co.uk).

Ci sono molte eco-campagne che alla fine non hanno successo. Quali le pesano di più? Le balene, mi deprime la loro situazione. Non posso credere che si debba ancora ucciderle per mangiarne la carne, è scioccante. Ma ci sono tanti altri esempi. Pensi alle guardie della regina, i Beefeaters, per fare un loro cappello uccidono un orso. Per il turismo? Se un bambino sapesse di questo sacrificio smetterebbe di volere una foto con loro. Non possono usarne uno finto? Possiamo fargliene uno resistente all’acqua e meno pesante (la campagna di Stella prosegue e a dicembre forse si saprà se è stata ascoltata, ndr.). Se poi si passa all’ambiente la lista è infinita, purtroppo.

Cosa pensa delle pellicce nel mondo della moda? Molte persone non vorrebbero lavorare con le pellicce, ma non sono nella posizione di potersi rifiutare. E questo mi dispiace. Il modo in cui si ottengono è assolutamente barbarico e disgustoso (penso all’elettrocuzione anale ripetuta se non funziona la prima volta). E poi a che cosa servono? Sono molto delusa, per dirla gentilmente. L’uso delle pellicce è uno degli aspetti peggiori della moda. Indossarle è la cosa meno glamorous che ci sia al mondo. E mi baso soltanto sui fatti. Basta informarsi, ci sono tantissimi video sull’argomento. Come può qualcuno pensare di andare in giro con addosso un feto come nel caso dell’astrakan? Chi può avere concepito una tale aberrazione? È scioccante e grottesco e non c’è nulla di giusto. Non riesco a trovare una buona ragione per indossare una pelliccia.

Certo che questo la trasforma in portavoce, o è un’etichetta ingombrante? Non voglio sentire pressioni, non sono una portabandiera e non mi considero tale. È qualcosa che faccio nella mia vita personale e che traduco nel mio lavoro. E nel nostro business forse questo è raro. Ma non me ne vanto.

L’ambiente era una battaglia liberal. Ora in Inghilterra è stata abbracciata dagli aristo-tory. Però poi promuovono la caccia alla volpe. Ci sono molte contraddizioni. E ora abbiamo più volpi a Londra che in campagna. La caccia è vista come parte della loro storia, di una tradizione, simile a quella della corrida in Spagna. Io non lo capisco, anche perché celebro il cambiamento sempre e sono interessata a quello che porta il meglio. Non soltanto per ciò che riguarda l’ambiente e gli animali.

Le piacerebbe anche disegnare mobili, passione di suo marito (Alasdhair Willis , dopo la rivista Wallpaper ha fondato l’azienda di design Established&Sons, che ha appena lasciato)? Adorerei farlo. In realtà non sono prevenuta a disegnare altro. A patto che non si tratti di pelle o pellicce.

Lei fa parte dell’aristocrazia del rock. È un privilegio o talvolta le è pesato? Che espressione buffa, mi fa sempre sorridere… Naturalmente entrambe, ma è un privilegio, prima di tutto perché mi sento molto fortunata, sono molto orgogliosa dei miei genitori e di quello che mi hanno trasmesso. E lo apprezzo sempre di più con l’età. Ma a volte è stato anche pazzesco. Ora è più facile, perché ho il mio brand da anni e ho la mia reputazione. Il mio nome ora dipende da me.

Popstar e stilisti non vanno mai in pensione. La creatività è un dono per sempre? Ci pensavo anch’io… Ma tutti possono essere creativi, anche al di làdell’arte. Anche un ragioniere o un bancario, se amano quello che fanno.

Una creativa della Vergine (è nata il 17 settembre) smentisce la monotonia precisa del segno? Sa che siamo in tanti nella moda? Pensi a Tom (Ford) o Karl Lagerfeld…

Riesce a condurre una vita normale? Non sono famosa! Mi conoscono nel mio settore o chi si interessa di moda. Non faccio nulla al di fuori, non rilascio interviste e non vado in televisione. Non avrei tempo per i miei bambini e le mie collezioni.

La sua vita però è stata pubblica da quando è nata. Veramente no. Sono cresciuta nella campagna inglese fino a 17 anni e sono andata in una scuola normale. Sapevo che mamma e papà avevano un lavoro e che talvolta le loro canzoni si sentivano alla radio. Ma eravamo protetti. Abbiamo anche vissuto per un anno in Scozia, in mezzo al nulla, in una casa con due stanze, tutti e sei. Nessuno ci conosceva. Non andavamo a tutti i party, anche se talvolta a Londra vedevamo David Bowie o Iggy Pop. Quando qualcuno mi chiedeva se ero la figlia di Paul McCartney negavo. E una volta una ragazza mi ha detto che mi capiva, perché lei era la figlia del parroco del villaggio e quindi era sotto gli occhi di tutti. Ripensandoci, aveva ragione lei, tutto è relativo.

Figlia di un Beatles. Se pensa che i giovani li amano ancora. Hanno buon gusto. Non c’è stato più nulla come loro. Dopo 40anni sono ancora una leggenda e non riesco a pensare a una band che abbia scritto così tante canzoni memorabili in un periodo così breve. Ma se mi avesse fatto queste domande 10 anni fa non le avrei apprezzate, ero più permalosa. Ora sono più sicura e sono così orgogliosa di mio padre. Sa che usavo sempre un altro nome? Stella Martin, piacere di conoscerla... Pretendevo di essere qualcun altro. Ma ora sono felice di usare il mio nome, e sarò attenta con i miei bambini. Ma io non sono fab (Fab 4, i favolosi 4 di Liverpool erano i Beatles, ndr.). È tutta colpa di mio padre.

E anche di sua madre, no? Ma certo, era davvero incredibile! E così chiude bene anche la sua intervista, vero?