Forse non tutti i mal di schiena vengono per nuocere. «A una seduta di shiatzu», mi racconta Juliette Binoche, «la mia massaggiatrice mi disse che il marito, produttore, stava lavorando con Akram Khan, e mi invitò ad andare con lei a vedere Zero Degrees (un pas-de-deux maschile col ballerino Sidi Larbi Cherkaoui e le scene dello scultore Antony Gormley, ndr). Alla fine dello spettacolo mi hanno presentato ad Akram. Abbiamo iniziato a parlare e chiacchierando ci è venuta la voglia di provare assieme per qualche giorno, per vedere cosa sarebbe potuto venirne fuori».

Molte cose sono venute fuori, in effetti. Quella che sulla carta sembrava una collaborazione tra le più improbabili, improvvisamente è diventata una (bella) realtà. Personaggi e interpreti: Juliette Binoche, attrice francese da Oscar, bella e battagliera, che non è una ballerina e non ha mai ballato su un palcoscenico (prima di questo spettacolo) insieme a Akram Khan, 34enne danzatore e coreografo angloindiano di fama internazionale, che non è un attore né un musicista, ma ora recita e suona la chitarra (in occasione di questo spettacolo).

La prima volta che si sono trovati in studio, racconta lui, è stato come perdersi: «Non sapevo da dove cominciare». Il che è un buon punto di partenza per due artisti che amano rischiare: «Io e Juliette adoriamo le sfide», dice Khan. Sfide che per lui vanno dalla collaborazione con il regista teatrale Peter Brook alle coreografie per gli show della popstar Kylie Minogue, per lei possono avere la forma di una romantica commedia dove fa la sorella di Romain Duris (Paris di Cédric Klapisch, nei cinema italiani a fine settembre) o di un viaggio in Iran per incontrare Abbas Kiarostami (con cui sta girando Copia conforme). È così che si sono ritrovati su un palcoscenico per uno spettacolo dal titolo un po’ oscuro, In-I, nato dalla voglia di lavorare assieme ed esplorare le capacità e le emozioni proprie e dell’altro. Insieme a Jubilations - una kermesse dedicata all’attrice 44enne con una retrospettiva di film che l’hanno resa celebre (da Il paziente inglese a Chocolat) e una mostra di dipinti che rivela un suo lato ancora poco noto - da settembre In- I partirà da Londra per fare tappa in vari paesi (a novembre sarà a Roma). Lo spettacolo mette curiosità agli stessi protagonisti: durante una pausa delle prove al National Theatre, a Londra, discutono meravigliati sulle reciproche potenzialità espressive.

Quando arrivo nel piccolo e spoglio camerino a pochi passi dal palcoscenico, li trovo già chiusi nel loro mondo. Mi invitano a sedermi accanto a loro ma scopro subito che, oltre a rispondere alle mie domande, si svilupperà anche un’altra, imprevedibile, intervista. Ogni interrogativo scatena infatti un’occasione per scambiarsi idee stimolanti, riferimenti veloci a spettacoli visti, appunti sulle prove del giorno prima.

Juliette, seduta nell’angolo di un divano, senza un filo di trucco e stretta in una giacchina casual e pantaloni, sprizza energia. Ha una voce ferma, serena, importante perfino quando chiacchiera, figuriamoci in scena o davanti alle telecamere. Anzi, sembra parlare anche nei silenzi: sarà forse per il modo in cui osserva tutto e tutti, dando l’impressione che nulla sfugga al suo controllo.

Akram, seduto davanti a lei, racconta del suo lavoro con Kylie Minogue, elenca nomi, luoghi, situazioni. Più che parlare sussurra, da tipo riservato, abituato a misurare le parole. Pondera ogni frase tornandoci sopra se pensa di voler aggiungere altro. E la risata di Juliette ai suoi aneddoti presto fa delle mie domande lo spunto per uno scambio di opinioni molto intimo tutto tra loro. Una chiacchierata tra due amici che vengono da strade diverse e si ritrovano su un palcoscenico, per uno spettacolo che è stato concepito ed elaborato proprio da loro. Uno spettacolo nato quasi per caso. Come per caso si sono incontrati. Merito dello shiatzu?

Avevate un’idea da cui partire?

Binoche: Assolutamente no. Nessuna. L’unica cosa che sapevamo era che non sapevamo da dove iniziare: c’era la voglia di fare qualcosa di bello, di positivo, di emozionante. Lui aveva il desiderio di scoprire com’è fatta un’emozione, dove inizia, come ci si avvicina. Mentre io sono sempre stata affascinata dal movimento. Dipingo da molto tempo e nelle mie opere c’è tanto movimento, fa parte di me.

Khan: È stato interessante incontrarsi per la prima volta in studio. Mi affascinava il fatto che non sapevamo che cosa sarebbe successo. Prima di iniziare le prove abbiamo chiacchierato parecchio in un bar e conoscere Juliette, condividere con lei pensieri e idee è stato un processo incredibile. Eravamo all’inizio e stavamo già scoprendo di avere molte cose in comune. Abbiamo parlato di tutto: angeli, Islam, cristianesimo. Siamo partiti dal nulla, da noi stessi.

Akram per questo show ha preso lezioni di chitarra e canto, Juliette di danza. Chi dei due è stato più bravo?

Binoche: Oh, io questa sfida la perdo subito. Non sarò mai una ballerina. Per me basta già aver vinto la paura di buttarmi nell’incertezza, in un nuovo modo di esprimermi. Ma ho studiato e ora mi sento pronta.

Khan: Non si può insegnare tutto della danza, come non puoi imparare a perfezione a recitare. Certo, è importante che io fossi un ballerino e lei un’attrice, ma in questo caso dovevamo tirare fuori tutto quello che avevamo dentro, già da prima di iniziare lo spettacolo. Dovevamo trovare e mettere in scena i nostri sentimenti lungo strade che ci erano nuove, di cui non possedevamo alcun tipo di mappa.

Insomma, cosa vedremo in scena?

Binoche: Vuole che le descriviamo lo show, che le diciamo com’è fatto? Be’, si sa, la torta è fatta con la panna, le fragole (ride)... Non è per fare i misteriosi, ma la verità è che cambia e si evolve continuamente. Inizia esplorando cosa significa essere in conflitto, cercare di avvicinarsi all’altro senza riuscirci del tutto. Come superare le differenze: l’essere uomo o donna, il provenire da culture diverse. E da qui, poi, dove si va? L’idea su cui si basa In- I è porsi continuamente delle domande. Cosa ci facciamo qui, come possiamo amare ed essere amati, e come possiamo raggiungere parti di noi stessi che ci sono ancora sconosciute?

Cosa vi ha sorpreso di più durante le prove?

Binoche: La voglia di osare nell’affrontare le nostre sensazioni. Questa per me è stata la cosa più bella. Trovo veramente commovente quando una persona ha voglia di osare. È come vedere un bambino che inizia a camminare.

Avendo collaborato con personaggi molto diversi, dallo scrittore Hanif Kureishi alla cantante pop Kylie Minogue, Akram una volta ha dichiarato che preferisce considerare i suoi partner in scena come artisti e non come ballerini. Che differenza c’è?

Khan: Un ballerino è qualcuno che esegue una danza con una tecnica perfetta. Un artista, invece, pone continuamente delle domande, non si accontenta di ricevere istruzioni, ma crea dal di dentro. Questo finisce con creare un dialogo. Si smette di essere un maestro che insegna a un alunno. Lo trovo un processo affascinante.

Binoche: Mi fa venire in mente la scuola di recitazione che frequentavo… La mia insegnante non mi faceva mai andare in scena, mi lasciava ad aspettare. E io più aspettavo di essere chiamata, più mi veniva voglia di salire su quel palcoscenico… Il desiderio aumentava con l’attesa. Ed è interessante come l’attesa ti porti a imparare di più.

A proposito di artisti, per le scenografie vi siete rivolti a un grande scultore, Hanish Kapoor. Gli avete chiesto di portare in scena maxisculture a forma di nuvola come i suoi meravigliosi Sky Mirror?

Khan: Kapoor non dovrebbe mai lavorare seguendo istruzioni di altri, e così è stato. Collaborare con lui è stata essenzialmente una conversazione, un colloquio come quello tra me e Juliette. Un processo che continua a trasformarsi...

Binoche: … e che potrebbe cambiare ancora e ancora.

I film, poi la danza, e adesso anche una mostra dei suoi quadri. Come si fa a fare tutto?!?

Binoche: Sarà una piccola mostra, solo 64 ritratti. Come riesco a tenere insieme tutto quanto? Potrà sembrarle buffo, ma in realtà dò la precedenza ai miei figli e al mio lavoro.

E quale parola sceglierebbe per descrivere Akram?

Binoche: È un pianeta. Un mondo intero da scoprire.

E lei, Akram, quale parola sceglierebbe per descrivere Juliette?

Khan: Per me lei è un animale. Ma in realtà non potrei davvero sceglierne uno in particolare. In lei ne esistono tanti... Ha in sé il concetto stesso dell’animale, con quel suo essere naturale, audace. Binoche: Akram, lo sai che questo che mi hai appena fatto è un complimento meraviglioso?

Cosa sognavate di diventare a quattordici anni?

Binoche: Mia madre aveva un’amica pittrice. E io a 14 anni ero indecisa se fare la pittrice o l’attrice. Un giorno lei mi dedicò un poster che diceva: «Fai tutto». Ora che ci penso mi stupisco a come sono rimasta inf luenzata da quella dedica. In effetti, perché scegliere? Perché dobbiamo limitarci? Perché non fare tutto ciò che desideriamo essere?

Khan: Da ragazzino volevo essere un pilota. Volevo farlo per mia madre, che si è sposata giovanissima trasferendosi a Londra ma rimanendo sempre molto affezionata al Bangladesh, dov’era nata. Speravo di poterla riportare lì, un giorno.

Ballare come passione: anche in discoteca?

Khan: Questo per me è un vero problema. Forse a causa della direzione che ho preso nella mia carriera. Per esempio, quando vado a una festa dopo uno spettacolo, tutti ballano ma io non me la sento perché è come se mi trovassi ancora davanti a un pubblico. Mi sento giudicato. E pensare che quand’ero più giovane non vedevo l’ora di buttarmi in pista! Ora preferisco lasciarmi andare solo quando sono sul palcoscenico.

Binoche: Succede perché Akram non beve... (ride). A me piace ballare ma solo in certe occasioni, magari a riprese ultimate, con tutta la troupe. Ma non vado mai in discoteca. Non ne ho proprio il tempo.

Se la vostra vita fosse un film, chi vorreste nella parte del protagonista?

Binoche: (ci pensa su a lungo) Sono sincera, proprio non saprei...

Khan: Vorrei che a interpretarmi fosse il mio peggior nemico. Perché un nemico ti conosce in modo diverso e ti potrebbe interpretare in un modo nuovo. Sarebbe interessante da guardare.

Ma lo guarderebbe davvero?

Khan: Certo che sì!

Binoche: È qualcuno che conosco anch’io?

Khan: Non posso fare nomi...

Il complimento più bizzarro che avete mai ricevuto?

Khan: Divento molto egoista quando finisco di esibirmi e una sera, dopo lo show, andando a salutare il pubblico che ci raggiunge in camerino, mi accorgo che il mio produttore è stato scambiato per me. Mi dà molto, molto fastidio perché lui fa finta di nulla, continua a ringraziare il pubblico per i complimenti e non si prende neppure la briga di presentarmi!

Binoche: È strano, ma i complimenti che ricevo è come se non fossero veramente per me: credo che, in fondo, appartengano alle persone che li fanno, perché escono dalla loro anima. I complimenti più belli, per quello che mi riguarda, sono solo quelli dei miei figli. L’altro giorno, mentre stavamo pranzando, mio figlio mi ha detto: «Certo che sei una mamma davvero simpatica!». Mi sono sentita così felice, però anche un po’ sorpresa. Credo sia perché i miei figli sanno di avere la libertà assoluta di poter prendere qualsiasi direzione vogliano. Professionale e non.

Non è che, per caso, vorranno fare gli attori anche loro?

Binoche: La sera leggiamo sempre assieme e questo mi piace tantissimo perché in questo modo condividiamo pareri, e infatti discutiamo su tutto. È un momento molto speciale. Leggiamo i vari personaggi con voci diverse. Sono tutti e due molto bravi.

Ultimo disco acquistato?

Khan: L’ultimo della Beirut Band.

Binoche: Sono andata di recente in un negozio di dischi e mi sono fatta guidare dal mio intuito, scegliendo a caso. Ne ho acquistati tanti e mi sono accorta che provenivano tutti da paesi diversi e che gli artisti avevano nomi impronunciabili. Mi piace essere sorpresa, perché è il modo migliore per scoprire nuove cose.

Dove si va quando si muore?

Khan: Non lo so. È questo il motivo per cui stiamo ancora cercando, no? C’è veramente qualcosa nell’aldilà oppure si tratta solo di una speranza?

Binoche: Meglio pensare a ciò che abbiamo dentro di noi. Perché molto dell’aldilà dipenderà proprio dalla vita che abbiamo ora.

Ci guardiamo seri seri per un attimo, poi lei ride, trascinandosi dietro anche Akram. La press agent fa segno - il tempo è scaduto - e ci alziamo tra saluti e ringraziamenti, ma Juliette Binoche è già scattata; non perde tempo, ha fretta di riprendere le prove. È pronta ad andare, stracarica delle sue borse; chiede ad Akram Khan dove lavoreranno questa mattina, si annota mentalmente i giri che dovrà fare. Mentre chiudo la porta, mi arriva l’eco di altre risate e altre chiacchiere. I due sono ritornati nel loro mondo. E la loro complicità è davvero contagiosa.