“Ispirazione” è solo la prima di otto parole che l’artista svizzera Pipilotti Rist (il nome è ispirato a Pippi Calzelunghe) ci ha voluto regalare per raccontare Parasimpatico, la mostra più colorata e visionaria dell’anno. La organizza la Fondazione Trussardi nell’ex cinema Manzoni di Milano dal 9 novembre al 18 dicembre. «Tutto genera idee», dice Elisabeth Charlotte Rist, 49 anni da Grabs, «dai giochi di luce in natura al movimento ipnotico delle interferenze in bianco e nero di una vecchia tv. Tutto ciò che ci circonda ha un significato cosmico. Dobbiamo solo imparare a leggerlo».

Ispirazione

«Da trovare ovunque, anche nelle bustine di zucchero che ti danno al bar insieme al caffè».

Cinema

«Amo l’idea di lavorare in un vecchio cinema abbandonato, perché questo luogo così speciale ci svela come è cambiato il nostro modo di relazionarci con le immagini. In passato i cinema erano enormi, gli schermi giganti e le immagini crescevano sempre più. Oggi abbiamo schermi sempre più piccoli e personali. Il cinema era un’esperienza di gruppo: oggi, tra telefonini e computer, è un’esperienza privata. Per questo, far rivivere un cinema è un’occasione unica. Voglio creare ambienti dove i visitatori possono lasciarsi andare, diventando un tutt’uno con immagini e suoni. Le mie installazioni sono viaggi nel subconscio attraverso cui imparare ad avere piena coscienza del proprio corpo, fino ad arrivare al punto di riuscire a fluttuare nell’aria».

Natura

«La cosa che più mi affascina è il punto dove si incontrano civiltà e natura. Mi piace filmare quest’ultima e poi modificarla, alternando velocità e colore. Amo cambiare ambientazione alle immagini, trasformandole poi in parole, simboli e metafore».

Sogno

«Penso che il ruolo dell’arte sia quello di trasformare i sogni in realtà. È questo l’incanto di una mente creativa: mettere in luce le energie positive che ci permettono di conciliare ragione e istinto. L’arte è anche rumore cromatico, che pone il nostro cervello davanti a nuovi modi di vedere e vivere il mondo che ci circonda. E ci fa sentire vivi».

Femminilità

«La definizione che tutti danno di femminilità è troppo restrittiva, io cerco di evocare il suo lato più folle. La mia è quasi una tattica di sopravvivenza: voglio sovvertire i più comuni pregiudizi sulle donne per trasformarli in qualcosa di positivo. Per questo cerco di entrare in empatia con ciò che mi circonda. Voglio imparare a sentire con tutti i miei sensi: odorare, vedere, ascoltare, toccare e gustare nel modo più profondo possibile. Ma io non sono ancora soddisfatta delle mie capacità. Per questo cerco sempre di spingermi oltre...».

Corpo

«La pelle è ciò che ci separa e protegge dal mondo esterno. Il materiale del mio lavoro è quello che tocco, vedo, mangio, bevo. Proprio tutto, che sia messo in scena o no. Ogni cosa che fotografo, digitalizzo e processo. L’ambito mentale e quello fisico sono un tutt’uno. Anche quando lavoro con il mio corpo, quando sono io stessa la performer, sono materia: una massa di atomi che sfrecciano e una struttura di molecole rigide che simultaneamente generano gli ordini che danno vita all’entità fisica».

Video

«Ho sempre considerato il video come il più meraviglioso contenitore delle mie paure, dei miei desideri, del mio subconscio. Per questo non ho mai capito perché queste immagini devono avere confini precisi. Quando chiudo gli occhi la mia immaginazione vaga libera. Allo stesso modo voglio creare una videoarte senza limiti. E scoprire nuovi modi di immaginare il mondo, sia esterno che interiore».

Televisione

«A volte questa scatola vuole essere qualcosa di più di un piccolo specchio che si limita a riflettere l’immagine del mondo. Questa lampada vuole iniziare a scorrere, ronzare, esprimersi, agitarsi, urlare e illuminare con colori e forme meravigliosi. Per questo concepisco immagini tridimensionali, perché le persone possano muovercisi dentro e fuori. E creo nuvole di sogni e bolle di fantasia, che vorrei poter sperimentare insieme a voi».