La storia non si fa con i se e con i ma, ma EHM con i fatti. Sandra Oh ha ricevuto la nomination di migliore attrice protagonista agli Emmy Awards 2018 per la sua interpretazione in Killing Eve. C’è da stupirsi? No, certo: Sandra Oh serie tv ne ha interpretate diverse, Grey’s Anatomy su tutti, e aveva già ampiamente mostrato le sue qualità eccellenti di recitazione in tutte le stagioni della lacrimosa serie tv di Shonda Rhimes. E anche lì era stata nominata più volte ai cosiddetti Oscar della tv dove le serie più belle, più viste e più discusse vengono giustamente riconosciute. Tutto regolare fin qui. Con un dettaglio che non sfugge nell’ampio discorso di marginalizzazione delle differenze e di stereotipi cinematografici (“il nero nei film horror è sempre il primo che muore”) di cui Hollywood e dintorni si sono macchiati nel corso della loro storia più che centenaria. Un incasellamento dovuto all'imposizione culturale centrale. Esempio su tutti: Hattie McDaniel, prima attrice di colore a vincere l’Oscar come migliore non protagonista in Via col Vento (che guarda un po’ parlava proprio di quegli Stati del Sud nell’epoca in cui lo schiavismo la faceva da padrone), venne esaltata dall’industria per le sue interpretazioni ma criticata da colleghi e dalla NAACP, l’associazione delle persone di colore, perché contribuiva a perpetrare lo stereotipo della nera pigra, indolente, relegata al ruolo di domestica dei ricchi bianchi. Anni 40 del 900. Appena 80 anni fa.

Il dettaglio di oggi è un’attrice di origini asiatiche (coreane per la precisione) nella lista delle nomination come migliore attrice protagonista agli Emmy Awards 2018. Con Sandra Oh (Killing Eve), le nominate sono Claire Foy (la Queen Elizabeth di The Crown), Tatiana Maslany (Orphan Black), Elisabeth Moss (davvero gigante in The Handmaid’s Tale), Keri Russell (The Americans) ed Evan Rachel Wood (immensa in Westworld). Sì, sono tutte bianche. Sì, sottolineare il fatto che Sandra Oh sia di origini coreane potrebbe essere razzista e ne abbiamo bisogno per sentirci più in pace con la coscienza. Evidenziarlo = "siamo inclusivi". Come fa notare Vanity Fair USA, di attori di origini asiatiche che hanno anche vinto gli Emmy ce ne sono già stati due: Archie Panjabi (nel 2010 perThe Good Wife) e Riz Ahmed (miglior attore protagonista in un drama, The Night Of, nel 2017). E comunque si parla di “origini asiatiche”, esercitando la semplificazione facilona su un continente che per estensione e popolazione (e diversità) è il più grande dell’intero globo terracqueo. Amor di puntualizzazione quindi: Sandra Oh è la prima attrice di origine coreana a essere inclusa nella lista delle nomination come migliore attrice drama degli Emmy Awards. E adesso che lo si è specificato, cosa cambia esattamente? Averlo messo in evidenza fa del caucasico medio un campione di progressismo avanzato?

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L’inclusività non è di certo un tratto per cui un certo tipo di tv e di cinema si siano mai distinti. Puntare il dito sulle origini di Sandra Oh per riconoscere il merito della sua nomination è un errore madornale di giudizio. Usarla come bandiera di politically correct è altrettanto sbagliato: è uno scarico di coscienza. Non serve il rispetto dell'asian quota o di altre categorizzazioni di comodo. Però è vero che l’industria entertainment è dominata da maschi bianchi. È vero che si sente il bisogno di sottolineare le differenze presenti negli attori, nei registi, nei film ogniqualvolta ne emerga uno. Per questo il discorso di inclusività parte da un'ottica di per sé torbida, dominata dalla paura della diversità. Il fatto è che di grandissime attrici ce ne sono a valanghe, per fortuna degli amanti della recitazione come si deve, e non è la loro provenienza a contare nella bravura delle interpretazioni. L’essenziale è visibile agli occhi: in Killing Eve Sandra Oh è semplicemente una brav(issim)a attrice che con tutta probabilità merita il riconoscimento per il suo lavoro, per l’interpretazione, per aver dato vita ad un personaggio meravigliosamente complicato. Al di là della questione razziale. E soprattutto al di là di un primato di nomination nella categoria più importante per le attrici.