Quando si incontra dal vivo una grande attrice come Vanessa Redgrave – londinese doc, 81 anni passati di cui 65 passati su più di 80 set, sei nomination all’Oscar e una statuetta vinta come miglior non protagonista in Julia, a fianco a Jane Fonda – ciò che colpisce e conquista, è quell’ allure capace di far emergere il suo essere “persona” prima ancora che il “personaggio”. Le sue mani, “sempre fredde”- come ci spiega - sono morbide al tatto e ben curate e i suoi occhi – a dir poco magnetici - hanno un colore blu avion capace di accentuarne l’intensità. Quando le parli, ti guarda sempre in faccia e ci mette sempre qualche secondo in più prima di risponderti, ma i suoi silenzi e le parole che ne seguono, trasformano quell’attesa in piacere. Il suo italiano è praticamente perfetto, sofisticato come il suo stile – abito giacca pantalone bianco il giorno, nero la sera con una gru ricamata sul bordo di una pence – una lingua che ama come il nostro Paese “e i suoi uomini”. Con uno in particolare, che la segue come fosse il suo bodyguard, si è anche sposata e poi separata “ma quella storia dura a suo modo ancora oggi e continuerà per sempre”, tiene a precisare. Lui, il fortunato che ha abbracciato, baciato e molto altro ancora l’indimenticabile e sensuale ragazza di Blow Up, è Franco Nero, conosciuto sul set di Camelot nel 1967, dalla cui “bruciante” passione nacque Carlo, il loro unico figlio, anche lui al Lido, che ha stampato sul volto quello della madre.

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La sua “corte” speciale l’accompagna agli incontri con la stampa qui alla 75esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (“è l’unico festival che ha la parola ‘arte’ nel suo nome”, dirà lei), e poi, la sera, al Palazzo del Cinema dove il presidente Paolo Baratta e il madrino Michele Riondino le consegnano il Leone d’Oro alla Carriera. Un riconoscimento “che è un miracolo”, ripete lei più volte dopo una lunga ed emozionante standing ovation della platea. Col suo speach, invita a leggere e a non dimenticare gli ultimi che lei stessa ha raccontato – da regista - in Sea Sorrow – Il dolore del male, presentato all’ultima Festa del Cinema di Roma, un viaggio tra Grecia, Libano, Italia, Calais e Londra sulle tracce dei profughi rifugiati in Europa.

“Non ho deciso di fare questo documentario – spiega - ho voluto farlo perché tanta gente non conosce i fatti che accadono ai profughi e perché questo argomento mi sta particolarmente a cuore”. “Ho una tale rabbia dentro che se penso a ciò che non si fa per i migranti, mi viene solo da bestemmiare”, aggiunge, e mentre lo fa, non si può non pensare ad uno dei tanti personaggi shakespeariani da lei interpretati a teatro, “la mia grande passione”, o alla tragicità della sua Ruth nell’indimenticabile Casa Howard di James Ivory. “I governi europei non hanno sensibilità, perché hanno perso ogni comprensione della realtà del mondo”, continua senza freni inibitori l’attrice, ricordando subito dopo la sua infanzia, durante la Seconda Guerra Mondiale, a Londra, e il suo esilio forzato in campagna. “Noi bambini, all’epoca, venivamo trattati come grandi ed eravamo consapevoli di molte cose, ad esempio che ci fosse la guerra: vedevo quello che faceva mio padre e che facevano i miei zii e volevo essere come loro, volevo servire la mia Patria”.

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L’aiuto più grande è riuscito a darlo col suo lavoro che fa da quando era giovanissima, “iniziato con una recita teatrale con un suo caro amico” e poi continuato grazie a Laurence Olivier che quando la vide sul palco la prima volta, le disse – a ragione – che un giorno sarebbe diventata una stella. La Redgrave è stata una delle poche attrici straniere ad aver recitato una parte in veneziano (ne La vacanza) e a Venezia ha girato anche The Aspern Papers diretta da Julian Landis, una storia di ossessione, grandezza perduta e sogni di avventure byroniane ambientata nel diciannovesimo secolo, presentata proprio questa mattina qui al Lido. La sua determinazione e il suo carattere non certo facile, come è lei stessa ad ammettere, l’hanno portata a pronunciare dei “no” impensabili ed impronunciabili dai più. Un esempio? Quello alla Regina Elisabetta, qualche anno fa, che l’aveva invitata a corte per conferirle un riconoscimento. “In realtà – precisa l’attrice – si trattava di un premio conferito dal primo Ministro e non dalla Regina, dunque un premio politico. Non potevo né volevo accettare nessuna onorificenza da parte di Tony Blair, visto che aveva portato il mio Paese in guerra sulla base di una menzogna”. Chi altro, se non lei ne sarebbe stato capace?