“Preferirei essere un melenso rapper bianco invece che un casino di drogatone che non riesce nemmeno a uscire di casa. Andare in overdose non è un figata. Non fai la storia perché vai in overdose. Semplicemente, muori”. Una profezia sinistra, quella del rapper Mac Miller morto a 26 anni nella sua casa in California in una giornata di settembre. Trovato senza vita dopo un’overdose che fino all’ultimo si è sperato non fosse la causa della sua scomparsa. L'ennesimo colpo di falce nello showbiz musicale, l'ultima beffa del perfezionista di talento cristallino a contrasto con una vita privata costellata di disagi. E di pressione esterna, ancora una volta, come già sottolineato dopo il suicidio del dj svedese Avicii nella primavera 2018. Una morte che dà un peso ancora più forte alle parole dell'ultima intervista a Mac Miller pubblicate appena due giorni fa da Vulture, la sua ultima intervista, dove raccontava della sua dipendenza dagli stupefacenti. E dove emergeva preponderante la professionalità con cui si dedicava religiosamente al suo lavoro musicale. Nonostante i problemi personali, nonostante il gossip (la relazione Mac Miller Ariana Grande aveva riempito le pagine dei giornali dal primo giorno dell’ufficialità fino alla dolorosa fine).

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Mac Miller e Ariana Grande nel 2017

Al rapper venuto da Pittsburgh non è bastato il talento, non più. Mac Miller anni 26, vero nome Malcolm James McCormick, classe 1992, neanche ventenne debuttava nel grande circuito musicale piazzando alla numero uno delle classifiche americane il suo album Blue Slide Park. “Quando ho cominciato pensavo che sarei diventato la cosa più grande del mondo. C’è stato un periodo in cui ero la cosa più cercata su Google: dieta, carote e Mac Miller” ricordava a Vulture. Ma il platino delle vendite positive porta spesso con sé il classico rovescio della critica: la bibbia musicale indie Pitchfork stroncò apertamente il suo album con un a dir poco leggendario 1/10 nella scala di valori, praticamente mai successo prima. Al tempo stesso, però, i colleghi rapper non mancavano di riconoscerne il talento: persino un pilastro come Jay-Z riconobbe la bravura di Mac Miller citandolo in uno dei suoi rari tweet. “Mac Miller nice too though”, una brava persona. Tanto che il giovane rapper si stampò il tweet e lo appese in casa, memento utilissimo nei momenti di down personale.

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Nel frattempo pubblicava dischi, EP, mixtape, partecipava allo show-reality televisivo che MTV gli aveva dedicato (intitolato "Mac Miller and the Most Dope Family”) e diventava sempre più famoso. Nel 2016, all’uscita del disco The Divine Feminine, la rivelazione: Mac Miller e Ariana Grande stanno insieme. La relazione tra l’amatissimo rapper e la ancora più amata popstar dalla voce incredibile è il suggello della fama del momento. Su Instagram Mac Miller e Ariana Grande non nascondono il loro amore: lui le sta vicino nel momento più difficile della carriera, l’attentato di Manchester del 2017 dopo un concerto della Grande dove muoiono 23 persone. E sale sul palco con lei per esibirsi su The Way, singolo inciso insieme, e Dang!, durante il grande show di beneficenza One Love Manchester organizzato dalla cantante nella città inglese quindici giorni dopo il tragico evento. Love wins, anche per loro. Fino all’inatteso capolinea annunciato a maggio 2018, quando la storia tra Mac Miller e Ariana Grande finisce. Con tanto di comunicato Instagram in cui lei confessa, tra le righe, di averlo lasciato non solo perché l’amore è finito, ma per colpa delle sue eccessive simpatie per certi tipi di droghe. Mai negate da Mac Miller.

Perché se c’è una cosa che le canzoni di Mac Miller hanno sempre avuto, dagli esordi fino alla sua prematura scomparsa, è stata la sincerità. E non solo in musica. La franchezza di ammettere che le droghe, la depressione, i problemi di abusi di sostanze erano parte di lui. Che gli errori, i guai, l’arresto per guida in stato di ebbrezza (come nella scorsa primavera) o per possesso di marijuana, facevano di lui una persona sì incasinata, ma in grado di prendersi la responsabilità dei propri errori. Da sempre. Nel 2014 pubblicò Faces, un mixtape dove parlava apertamente di droghe pesanti e del rischio di morte precoce. Che a riascoltarlo oggi mette i brividi per la precisione chirurgica con cui riusciva a sezionarsi attraverso brani altrui e mix che sembravano i fili della sua stessa storia. “Ho sempre fatto apertamente rap sulle robacce più oscure, perché era quello che stavo affrontando in quel momento. Va bene così, è la vita” ha commentato Mac Miller nella sua ultima intervista. Aggiungendo poi che quello che gli stava pesando, più di tutto, era la pressione esterna sul suo lavoro e sulla sua persona. “Molte volte nella mia vita ho sfruttato questa pressione per mantenere degli standard che era ero convinto di dover mantenere, o perché ero convinto che così dovessi essere visto”. Un’eterna lotta a mantenere la barra dritta mentre tutto il mondo ti chiede qualcosa, anche la scemenza più inutile, per interessarsi a te.

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A rileggere le sue ultime parole pubbliche dopo la pubblicazione del suo ultimissimo album in studio, Swimming, uscito giusto il 3 agosto 2018, Mac Miller era contento del suo lavoro. La musica lo rendeva vivo, era il contorno dell’industria a consumarlo. Nelle lyrics del disco emergono fortissime le necessità normali dell’animo umano: accettare i momenti no allo stesso modo delle felicità massime. Una bilancia con cui tutti dobbiamo confrontarci e che, quando sei famoso, è ancora più difficile da tenere a piombo. “Forse mi sbaglio. Forse è un gioco che non ho capito molto bene. Ma è sfiancante dover sempre lottare per qualcosa, lottare per quello che la tua immagine dovrebbe essere. In questo modo non potrai mai comunicare ed esprimere nulla, non ci sarà mai nulla di vero. Nessuno mi conoscerà mai davvero”.