È esagerato dire che la vita degli umani nel XXI secolo non sarebbe la stessa senza Barbra Streisand? Questa riflessione è germogliata nel flusso di pensieri di alcuni spettatori americani nei giorni scorsi. Ma potremmo fare la stessa considerazione anche noi europei, ascoltando i primi minuti dell’intervista che la grande artista ha rilasciato al canale El Rey, il network – molto grindhouse, e un filo tamarro - fondato e gestito da cinque anni dal regista Robert Rodriguez. Quello che è anche uno degli amici del cuore di Quentin Tarantino sembrava proprio un raffinato estimatore di personaggi come Barbra e durante l’intervista, che ha condotto lui stesso, è visibilmente emozionato nell'avere davanti “l’incredibilmente talentuosa, ispiratrice di tutti noi Barbra Streisand”. Spiritosa lei a prestarsi, non solo per parlare del nuovo disco Walls, col regista che elenca le sue innumerevoli credenziali: “attrice, cantante, regista, compositrice, produttrice, designer, fotografa”. L’intervista è andata avanti come confronto fra “un regista che intervista una regista”. Un regista di horror in salsa chili che, come già detto, definisce la Streisand “ispirazione per tutti noi”? Perché la Barbra Streisand di Hello Dolly e Il principe delle maree, può essere l’ispiratrice di tutti, anche di un regista che gira film intitolati El Mariachi?

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Leviamoci subito il pensiero del naso. Sì, il nasino importante di Barbra Streisand. Lei è nata nel 1942, l’anno in cui sono nate attrici belle come bambole come Sandra Dee e Anita Pallenberg, o futuri simboli di rivendicazioni black come Aretha Franklin. Lei non è nera e non ha la faccia da bambolina, col suo naso importante e la dentatura curiosa, appuntita: è una donna delle comunità ebrea e "negli anni cinquanta a una ragazza ebrea di Brooklyn col naso grosso nessuna porta si apriva facilmente...", ha ricordato L'Espresso con una sua citazione. Eppure, nessuno di azzarderà mai a dire “è brutta”. Mai. A lei devono molto in tante, da Meryl Streep a Sarah Jessica Parker. Ma anche uomini, che in America di body shaming ne soffrono molto più che da noi. Ok, direte, ma c’è stato tanto talento a sostenerla, è pur sempre una delle voci più belle del mondo e della storia. Beh, ovvio, come dice Nigel/Stanley Tucci nella famosa tirata d’orecchie a Andy/Anne Hathaway in Il diavolo veste Prada: “è tutta una questione di bellezza interiore”. Quella bellezza interiore che non ha consentito, però, a Susan Boyle di far notare al mondo la sua voce finché a 48 anni non è sbarcata a Britain’s Got Talent, ed è comunque diventata una celebrità contornata da un po’ di pietismo per fenomeni da baraccone (sì, si è portata sempre dietro il commento perenne “così bruttina e con quella bella voce”, come se le due cose fossero incompatibili: c’è ancora molto da fare). Dopo che nei decenni precedenti bellezze come Joan Crawford si facevano levare i molari per avere le guance più sexy, e Maria Callas mangiava tenie per perdere peso e convincere Onassis a sposarla, è arrivata Barbra, che da quel che si sa, non si è fatta mai passare per l’anticamera del cervello di rifarsi un pezzo mentre era giovane. Ed è pure diventata un sex symbol. Respect.

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Ron Galella//Getty Images
Barbra Streisand con Valentino nel 1970

Sì, forse le nostre vite sarebbero diverse senza Barbra Streisand. Per fortuna lei ha combattuto e combatte. Figlia di una soprano e di un professore universitario, si ritrovò orfana di padre a un anno, quando questo morì a 34 per le conseguenze di un colpo alla testa preso anni prima. La famiglia, composta da lei, la madre e un fratello maggiore, sprofondò nella povertà assoluta. Ma per lei, come racconta, l’infanzia significò soprattutto vedere gli altri bambini saltare in braccio ai papà che rincasavano la sera, mentre per lei questo non sarebbe accaduto mai. Cantava molto, e nel suo quartiere era già nota da piccola per la voce meravigliosa. È un mezzo soprano e quando cominciò a cantare professionalmente si cambiò il nome da Barbara a Barbra, perché non le è mai piaciuto e voleva ritoccarlo almeno un po’. Durante l’intervista con Robert Rodriguez ha parlato di come si innamorò della telecamera negli anni '80 e di come è stato difficile ritrovarsi una delle sole donne al mondo a dirigere, sostenuta solo da sacco di perseveranza. Poi Barbra Streisand film ne ha diretti per 35 anni e fra le tre cose che sa fare meglio, cantare, recitare e dirigere, l’ultima è l’unica per cui non ha ancora preso un Oscar. Con Yentl del 1983, Barbra Streisand è diventata la prima donna a scrivere, produrre, dirigere e recitare in un film importante. Vinse l’Oscar come miglior colonna sonora e miglior film, lprese anche il Golden Globe Award come miglior regista, la prima e unica vincitrice del premio.

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Barbra Streisand con la Regina Elisabetta II

I sassolini nella scarpa Barbra Streisand nel nuovo album se li leva senza perdere tempo con la diplomazia. Come dice Billboard recensendolo: “Se il titolo Walls vi fa pensare alla promessa firmata dal presidente in carica durante la sua campagna elettorale, beh, ascoltate il pezzo Do not Lie to Me. È una ballata appassionata, drammatica e spinosa che parla di un uomo di potere a cui piace cambiare i fatti per giustificare le sue azioni: difficile non leggerla come un attacco a Trump”. Molto probabile. Barbra Streisand oggi non deve rendere conto di niente a nessuno, ma anche prima è stata sempre una con l’obiettivo dichiarato di “spostare di qualche centimetro in avanti la frontiera di una società. Appoggiando le sfide giuste, le idee giuste, le organizzazioni giuste”. Era il concetto da cui partiva anche il film del 1968 Funny Girl, che diventò il simbolo dell’emancipazione femminile americana. Dice di non essere una donna “potente”, ma con le fondazioni che gestisce, tra cui una a nome suo, la Streisand Foundation, e una a nome del padre, ha raccolto milioni e milioni di dollari per organizzazioni nazionali che si occupano di preservazione dell'ambiente, educazione al voto, protezione delle libertà civili, questioni femminili e disarmo nucleare. Niente proclami da Miss Italia: le questioni femminili sono solo una delle tante cose di cui si occupa: abbracciando tutto dimostra che le donne possono fare politiche “al femminile”, non solo per “il femminile”, ripiegandosi su se stesse volontariamente, per poi lamentarsi di essere state ghettizzate, o di non interessarsi di guerre, economia, geopolitica...

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Barbra Streisand e Robert Redford sul set di "Come eravamo"