Non c'è cosa più difficile di raccontare un grande maestro senza cadere nella retorica. Si può studiare, assemblare, creare connessioni senza trovare la chiave per trasmettere il senso ultimo del suo lavoro. Si può leggere, visionare ore su ore di materiale senza mai liberarsi dall'idea di aver perso qualcosa, essersi lasciati indietro un particolare che, se non raccontato nel modo giusto, andrà perduto per sempre. In pratica, una corsa contro il senso, e contro il tempo. Per raccontare Bernardo Bertolucci, Luca Guadagnino mi dice che «due anni è stato il tempo necessario per esplorare questo materiale di archivio». Quello che lui e il collega Walter Fasano hanno visionato per oltre trecento ore, prima di dare alla luce il documentario Bertolucci on Bertolucci appena presentato alla Mostra del Cinema di Venezia.

Raggiungo i due registi con una mail, alla quale rispondono spiegando come si assemblano cinquant'anni di interviste, cosa significa "fare cinema" oggi e perché hanno deciso di produrre un'ode a quella «capacità perduta di fare un cinema personale, battagliero, colto, profondo, vivace, sensuale e popolare tutto insieme».

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I registi Luca Guadagnino e Walter Fasano

Come avete iniziato e come vi siete relazionati con il tempo da dedicare a un progetto come questo?
Luca Guadagnino: Tutto è nato da un'occasione alla mostra del cinema di Pesaro di qualche anno fa. Bertolucci teneva una masterclass. Giovanni Spagnoletti, direttore del festival, mi chiese se fossi interessato a filmare l'evento. Tutto nacque lì, proprio dopo aver filmato quell'evento. Nacque dall'intuizione di scomparire come regista che filma delle immagini, per riaffiorare poi in compagnia di Walter come regista che controlla delle immagini altrui. Ed è per questo che in Bertolucci on Bertolucci non ci sono immagini da me girate. Due anni è stato il tempo necessario per esplorare questo materiale di archivio.

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Bernardo Bertolucci

Walter Fasano: Un anno di lavoro è passato guardando e riguardando le oltre trecento ore di materiali in cui abbiamo visto ed ascoltato Bernardo in cinquant'anni di interviste, luoghi e lingue sempre diversi. Uno straordinario campionario di coerenza, bellezza, vivacità intellettuale che ci ha portato a capire che tipo di film volevamo fare. In principio non si trattava di un "assolo" di Bernardo, il progetto era diverso. Poi siamo stati rapiti, ipnotizzati dalla sua figura, dalle sue parole, dalla sua voce, e la progettualità e le scelte si sono imposte da sole.

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Bernardo Bertolucci con Maria Schneider e Marlon Brando sul set del film Ultimo tango a Parigi nel 1973

Dove avete incontrato difficoltà?
LG: La cosa più difficile è stato controllare la bulimia di materiali che a un certo punto ha preso me e Walter. Darsi un limite nonostante il limite che ci siamo dati è stato molto difficoltoso.

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Bernardo Bertolucci a Parma nel 1981.

WF: Quando abbiamo visto le prime interviste di Bernardo in francese, in cui aveva poco più di vent'anni, ci è sembrato di vedere un film che era andato perduto e che abbiamo voluto con tutta la forza riportare alla luce, nella sua potenza emotiva. Bernardo ama la parola francese "rêverie", che unisce insieme sogno, ricordo e fantasticheria. La strada era quella.

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Bernardo Bertolucci sul set del film L’ultimo imperatore nel 1987.

Qual è il film che racchiude il suo cinema?
LG: Per ragioni intime e personali direi Il tè nel deserto. Per ragioni cerebrali Il Conformista. Ma forse unendo le due ragioni direi La Luna.

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Bernardo Bertolucci e John Malkovich sul set del film del 1990 Il tè nel deserto.

WF: La Luna: un film dolce, violento, traumatico, a volte imperfetto, ma sempre illuminante, con, sullo sfondo, l'Italia che entra negli anni Ottanta.

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Bernardo Bertolucci sul set del film del 1990 Il tè nel deserto.

Cosa avete scoperto di nuovo su di lui?
LG: Che Bernardo è un grande attore.

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Bernardo Bertolucci nel 1992 sul set del film Il piccolo Buddha.

WF: La magia di far combaciare arte e vita tramite il cinema. Una grandissima lezione di stile, di vita. Sono contento perché credo che dopo aver visto il film se ne esca completamente innamorati di Bernardo.

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Bernardo Bertolucci nel 1992 sul set del film Il piccolo Buddha.

Rispondendo a un giornalista di Repubblica, che gli ha chiesto se si fosse riconosciuto nel documentario, Bertolucci ha dichiarato: «Fin troppo. Anche nelle contraddizioni. In un montaggio ironico, mi becca in castagna sul fatto che un anno esprimo un giudizio, e l’anno dopo l’esatto contrario». Insomma, avete fatto centro.
LG: Siamo profondamente orgogliosi del modo in cui Bernardo ha reagito a questo film. Eravamo molto nervosi della sua reazione perché, francamente, Bertolucci on Bertolucci è il modo mio e di Walter di confessare alla persona amata tutto l'amore poetico, erotico e possessivo che proviamo per lui.

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Bernardo Bertolucci nel 1992 con Keanu Reeves sul set del film Il piccolo Buddha.

WF: Bontà di Bernardo. Anzi no... forse non andrebbe detto, ma visto il tipo di lavoro e l'attenzione con cui l'abbiamo realizzato, si può dire che un po' ce l'aspettavamo. Mettiamola così, speravamo nell'approvazione di un maestro che amiamo e sulla cui vita (anche se "solo" mediatica) in qualche modo stavamo mettendo le mani.

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Bernardo Bertolucci con Liv Tyler sul set del film del 1996 Io ballo da sola.

In apertura del vostro docufilm Bertolucci si descrive così: «sono un piccolo regista underground che si è infiltrato nel sistema industriale per creare disordine». Oggi secondo voi è ancora possibile?
LG: Praticare l'arte dell'intelligenza strategica come tensione per portare se stessi al mondo è sempre stato difficile ed è sempre praticabile. Bisogna aver talento.

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Bernardo Bertolucci con Jean Marais sul set del film del 1996 Io ballo da sola.

WF: È un atto dovuto. Le categorie sono cambiate ma l'imperativo è quello di resistere all'imposizione di un sistema di codici imposti cercando di sovvertirli, sorprendendo l'interlocutore con coerenza ed intelligenza.

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Bernardo Bertolucci, bambino, con il padre Attilio a Treviglio.

Avete davanti una persona che non ha mai visto un suo film. Come spieghereste il suo cinema con una frase o un'immagine?
LG: Abbandonarsi alla joie de vivre e accettare l'imprevisto, capire il potere misterioso del cinema attraverso una scrittura formale folgorante. Tutte queste cose non possono che convertire i "non-bertolucciani".

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Bernardo Bertolucci nel 1992 sul set del film Il piccolo Buddha.

WF: La capacità perduta di fare un cinema personale, battagliero, colto, profondo, vivace, sensuale e popolare tutto insieme.

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Bernardo Bertolucci alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2013.