Dal silenzio emerge una voce. Contraddittoria persino con se stessa. Catherine Zeta-Jones oggi non si fa schiacciare dalle paure ed è aperta, sincera, diretta. Riconosce le complessità che le dà il suo ruolo di moglie e madre quando deve dividersi tra un ideale da perseguire e la dura realtà dei fatti. L’attrice gallese non ha perso le parole nel commentare in una lunga intervista al Times la situazione personale in cui si è ritrovata ad inizio 2018, quando suo marito Michael Douglas è stato accusato di molestie da una sua assistente. Molestie che risalivano al 1989, allo zenit professionale dell’attore americano che all’epoca era tra i più amati playboy dentro e fuori dallo schermo. Per la Catherine Zeta-Jones 2018 è stato un nuovo shock personale incontrollabile e da gestire anche di fronte alla famiglia e a Carys e Dylan, gli adolescenti figli di Catherine Zeta-Jones e Michael Douglas.

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“Lo sa Dio quanti alti e bassi abbiamo affrontato nel nostro matrimonio, ma non getto la spugna facilmente su nulla. Non sono quel tipo di persona” ha commentato l’attrice ricordando i vari periodi di pausa, gli on/off, le dichiarazioni pubbliche e gli scandaletti vari che hanno costellato la sua relazione con Michael Douglas. Dopo 20 anni in cui è successo quasi di tutto, da Michael Douglas malato di cancro alla gola (sembra per il troppo sesso orale fatto) all’ammissione che il rehab dei primi anni 90 fu per curare una sex addiction e non solo la propensione all’alcol, fino alla confessione di Catherine Zeta Jones sul disturbo bipolare, la famiglia Douglas-Zeta-Jones ne ha viste davvero di ogni Pantone possibile. Ma l’accusa di molestie al marito ha messo l’attrice di fronte alla complessità di un pensiero che oscillava tra la situazione personale e l’universale. “Io e i miei figli siamo stati devastati da quelle accuse. Ed ero spaccata in due su dove fosse la mia morale assoluta” ha raccontato l’attrice. “Questa donna è emersa dal nulla e ha accusato mio marito. Ho avuto una conversazione molto aperta con lui, con i ragazzi nella stessa stanza, e gli ho chiesto se si rendeva conto se qualcos’altro poteva venire fuori…” Catherine Zeta-Jones ha appoggiato il movimento #MeToo sin dall’inizio, ma ha ammesso che in questa particolare situazione la sua posizione di aperto schieramento contro le molestie e gli abusi a Hollywood è stata messa in discussione.

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“[Michael] ci ha detto che non c’era nessuna storia e che il tempo avrebbe chiarito tutto. Così è stato. Nulla ha confermato le accuse. E per ogni accusa che non ha conferma, il movimento torna indietro di 20 anni” ha deliberato Catherine Zeta-Jones. Che qualche apprezzamento spinto lo ha ricevuto, ma molestie per fortuna mai. Le nozze con Michael Douglas le hanno fatto da scudo, in un certo senso, come accadde a Nicole Kidman ai tempi di Tom Cruise o a Gwyneth Paltrow con Brad Pitt. Una sorta di inviolabilità hollywoodiana, sulla carta. Un problema, a pensarci bene, con cui si è convissuto a lungo finché non sono state le attrici a parlarne. Molestie sessuali, violenze, minacce, lesioni fisiche procurate in nome di una scena in un film (la confessione di Uma Thurman): abusi di potere visibili, da cui ci si è difese in ogni modo. Catherine Zeta-Jones oggi rievoca il suo periodo da Oscar, vinto per il suolo di Velma Kelly in Chicago prodotto dal primo celebre accusato, Harvey Weinstein. “Ho conosciuto Harvey Weinstein quando ero già sposata con Michael Douglas. Questo mi ha reso meno vulnerabile ma non intoccabile. Un predatore resta un predatore, no?”. Una domanda retorica che, ribaltata, riaprirebbe il discorso e non a suo favore: ma il ruolo di moglie di Michael Douglas Catherine Zeta-Jones lo conosce bene. Tra alti e bassi che le hanno fatto crollare le certezze personali, l'attrice gallese ha espresso il suo percorso mentale in una situazione complicata. E ha fatto una scelta. Che piaccia o meno, è la sua.