Que viva Mexico e le sue attrici. Che non sono solo Salma Hayek e Veronica Castro (per chi ha memoria una vera regina delle telenovelas). Nel 2018 il pantheon delle attrici messicane si arricchisce di un nome speciale e di un significato profondo: Yalitza Aparicio. Chi non ha visto e vissuto il successo del film Roma di Alfonso Cuarón, trionfatore al Festival di Venezia 75, si rimbocchi le palpebre e si immerga nell’eleganza della pellicola. Scoprirà anche chi è Yalitza Aparicio, la prima attrice e la prima donna di origini indigene a conquistare la copertina di Vogue Mexico nel numero di Gennaio 2019, un simbolismo che ha del mistico. La numero uno di un anno nuovo dove la valorizzazione delle minoranze senza passare dai tradizionali, muffosi stereotipi sembra (auspicabilmente) il tema principale da vivere.

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L’attrice per caso Yalitza Aparicio non pensava assolutamente di entrare nel mondo del cinema. Ci è voluto il regista messicano Alfonso Cuarón con il suo mondo in bianco e nero cinematografico a farla (ri)credere. Yalitza Aparicio anni 25, nata a Heroica Ciudad de Tlaxiaco nello stato di Oaxaca (sì, quello dove si produce la migliore tequila e il miglior mezcal del mondo, yuh-uh), origini mixtecas, uno dei più antichi popoli indigeni del Messico precoloniale. Sul suo volto scolpito nella roccia, profondo e silenzioso, brilla fieramente la storia complessa e difficile di un paese che le invasioni europee le ha subite nelle sue forme più violente, sanguinose, in grado di radere al suolo intere culture storicamente raffinatissime. La biografia di Yalitza Aparicio è di un orgoglio fenomenale per le sue radici. È giovane, legatissima alla comunità. Studia per diventare insegnante e non ci pensa nemmeno ad entrare nella macchina infernale del cinema hollywoodiano. Come ha rivelato lei stessa in un’intervista durante il Festival Cinematografico di Morelia, al provino ci è arrivata nella migliore delle tradizioni casuali: accompagnando sua sorella incinta. Proprio la condizione della sorella le ha spianato la strada, perché sarebbe stato complicato tenerla per le riprese. Yalitza ha preso il suo posto, non senza reticenze. “Avevo paura che non fosse un casting ma una trappola, nella mia comunità cose come questa non sono mai state fatte. Era qualcosa di nuovo e strano. Nessuno diceva il nome del regista o dettagli sul film, niente. Avevo paura perché l'unica cosa che mi era stata raccontata era che sarebbe stato un film girato a Città del Messico e che non erano preoccupati né dell'età, né dell'aspetto fisico delle donne che stavano facendo le audizioni, quindi era tutto molto strano”. Lo spavento era concreto: poteva essere la facciata per un traffico clandestino di esseri umani, non infrequente in Messico dove il nuovo schiavismo degli indigeni è un problema reale e diffuso. Ma il fiuto sottile della fiducia ha avuto la meglio. E il regista era nientedimeno che Alfonso Cuarón, che nell’espressività di Yalitza Aparicio ha colto la somiglianza con la sua tata di bambino. “Quando l’ho incontrato ha avuto un effetto calmante su di me, come se fosse un vecchio amico”.

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Ma il ruolo non si è rivelato facile, ha raccontato Yalitza Aparicio. Perché innanzitutto bisognava parlare correttamente il mixteco, quindi si è messa nuovamente a studiare e approfondire la sua stessa lingua indigena perché suonasse perfettamente chiara nella dizione. Correggendosi senza scalfire la sua potente eleganza ancestrale, che attraversa lo schermo. Le basta guardare in camera per bucare il cuore. La sua Cleo è modellata nell’argilla rossa e possente del volto di Yalitza Aparicio e l’ha proiettata direttamente nei cuori degli spettatori tra Netflix e le sale, facendole vincere l’Hollywood Film Awards come rivelazione dell'anno. Il Time l’ha definita “il gioiello che un regista cerca sempre e potrebbe non trovare mai”. Poi arriveranno i Golden Globes, gli Oscar, forse altri premi. Intanto l’importante copertina che nel video di presentazione su Instagram di Yalitza Aparicio ha raccolto consensi e commenti positivi di inclusività. La sua voce modula dolcemente la scelta: “Alcuni stereotipi sono in corso di distruzione: che solo le persone con un determinato profilo possono fare le attrici o stare sulle cover dei giornali. Possono essere mostrate anche altre facce, ed è qualcosa che mi rende felice e orgogliosa delle mie radici”. E proprio in mixteco, oltre che in spagnolo, è scritto il titolo della cover dell’edizione messicana del giornale: “In tiu’n ntav’i”, è nata una stella. E tanti saluti a Lady Gaga.

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