Negli Stati Uniti si torna a parlare del famigerato muro che Donald Trump intende alzare al confine con il Messico e questa volta al centro delle cronache c'è una proposta che definire insolita è perfino riduttivo. Il termine più adatto, probabilmente, è bizzarra, visto che riguarda l'eventualità che a finanziare la costruzione della monumentale barriera sia il porno. Ovvero: tassare una tantum l'accesso ai siti porno con una gabella di 20 dollari su ciascun dispositivo che vi si connette.

In pratica, i gestori di contenuti porno dovrebbero introdurre delle barriere eliminabili soltanto dopo aver versato l'importo richiesto che andrà poi direttamente nelle casse della John McCain Human Trafficking, l'associazione che, tra le altre, cose è impegnata nella costruzione del muro di confine. Barriere da abbattere per permettere di innalzare barriere.

Ma attenzione non è una boutade qualsiasi. Si tratta, invece, di una vera a propria proposta di legge lanciata dal membro repubblicano della Camera dei Rappresentanti dell'Arizona, Gail Griffin. Poco si sa di questa nuova paladina del “separazionismo”, se non che, prima di iniziare la carriera politica ha perlopiù lavorato come agente immobiliare. Ha presentato giuramento al Congresso all'inizio di questo mese, dopo aver rappresentato il suo distretto in Senato dal 2013 al 2019 e, prima ancora, tra il 1997 e il 2001, nella Camera dei Rappresentanti.

Perché la proposta diventi legge - posto che non venga giudicata incostituzionale in violazione del Primo Emendamento sulla libertà di espressione - occorre che venga messo in atto un processo piuttosto complesso, con la maggioranza di due terzi di entrambe le Camere e la successiva firma del governatore che, se dovesse invece apporre il suo veto obbligherebbe il raggiungimento di una doppia maggioranza parlamentare di tre quarti. Cioè molto difficile.

Scartabellando negli archivi storici della legislazione statunitense troviamo, però, che la proposta della Griffin non è una novità assoluta: negli ultimi anni, infatti, anche Virginia, Utah, Alabama e Carolina del Sud hanno proposto porn blocker da rimuovere previo pagamento di un'imposta. Anche se, in tutti quei casi, non c'era alcun muro da finanziare