Quasi trent'anni fa, Barack Obama non era ancora IL Barack Obama che conosciamo oggi, ma faceva già parlare di sé. Mentre frequentava la facoltà di legge, venne eletto presidente della Harvard Law Review diventando così il primo afroamericano a ricoprire quella carica. Approfittando di quell'onda pubblicitaria, un editore gli propose di scrivere la sua biografia e presto seguì il suo consiglio. “Mi misi al lavoro convinto che la storia della mia famiglia e i miei sforzi per ricostruirla, potessero in qualche modo aiutare a comprendere le divisioni razziali che hanno caratterizzato l'esperienza americana, così come lo stato mutevole dell'identità che contraddistingue la nostra vita moderna”, scrive ne I sogni di mio padre, appena ripubblicato anche in Italia da Garzanti (17 euro su Amazon.it) nella traduzione a quattro mani di Cristina Cavalli e Gianni Nicola. Sullo sfondo, c'era stata la recessione della Silicon Valley, il boom della Borsa, il crollo del muro di Berlino, l'uscita di prigione di Mandela e gli accordi di pace di Oslo. Cose non da poco, si fa presto a dirlo, ma lui aveva bisogno di parlare della sua famiglia, delle sue origini, dei dubbi e delle paure maturate per cercare di dare un senso a un passato tormentoso. Diviso in tre parti, il libro sulla storia di famiglia di Barack Obama va dalla notizia (a telefono) del padre morto in un incidente stradale quando lui aveva 20 anni alla partenza della famiglia materna da un piccolo villaggio del Kansas verso le Hawaii; dall'amore, negli anni Sessanta, tra sua madre e un giovane studente all'incontro, in Kenya, con la parte africana della sua famiglia. Proprio con sua madre (“la parte migliore di me – dirà - la devo a lei”) ebbe un rapporto speciale durato fino alla sua morte dopo dieci anni passati a viaggiare in villaggi sperduti dell'Asia e dell'Africa aiutando le donne a comprarsi una macchina per cucire, una vacca dal latte o a procurarsi l'istruzione per entrare nel mondo del lavoro.

Una carica locale non aveva lo stesso fascino di un'altra equivalente a Washington

Il libro ebbe un discreto successo, la promozione negli Stati Uniti fu lunga e faticosa, ma alla fine Barack Obama – più che soddisfatto – ritornò alla sua vita occupandosi di un censimento elettorale per le elezioni del 1992 assieme alla pratica come avvocato per i diritti civili e all'insegnamento di diritto costituzionale all'Università di Chicago. Michelle Obama, il suo grande amore, c'era già e presto arrivarono anche le due figlie Malia e Sasha. Visto che nel 1996 la poltrona in Parlamento del suo Stato era rimasta vacante, i suoi amici lo convinsero a candidarsi e vinse, ma – scrive - “una carica locale non aveva lo stesso fascino di un'altra equivalente a Washington”. Per quella c'era ancora tempo, solo che lui non lo sapeva, o meglio, non poteva immaginarlo. Successivamente ottenne la candidatura democratica come senatore dell'Illinois con una maggioranza alle primarie sia nelle zone dei neri che in quelle dei bianchi scatenando la stessa reazione che seguì alla sua nomina alla “Law review”, con cronisti interessati a scoprire quell'uomo, a voler parlare di lui, simbolo di un segnale di grande cambiamento nella politica razziale del Paese.

“La mia famiglia, gli amici e io stesso – ricorda nel libro, che proprio per quell'occasione venne ristampato – eravamo un po' perplessi per tutta quell'attenzione e sempre consapevoli dell'abisso che esiste tra il mondo patinato mostrato dai media e la confusione e l'ordinarietà della vita reale. Quando – aggiunge - le persone che non mi conoscono bene scoprono le mie origini, nella frazione di secondo che impiegano per riprendersi dalla sorpresa, mi accorgo che cercano nei miei occhi un segno rivelatore. Non sanno più chi sono. Immagino si mettano a pensare a chissà quanto dolore mi porto dentro, alla tragedia del sangue misto e dell'anima divisa, alla figura misteriosa del mulatto intrappolato tra due mondi, ma cerco di spiegare loro che no, la tragedia non è la mia, o meglio, non solo la mia, ma anche la loro, la vostra. Non colpevolizzo le persone per la loro diffidenza – precisa l'ex presidente degli Stati Uniti di cui presto usciranno le sue memorie presidenziali in un altro libro, un po' come ha fatto già sua moglie Michelle con grande successo (Becoming: la mia storia), perché ho imparato ormai da troppo tempo a considerare con cautela la mia infanzia e le storie che l'hanno plasmata”. L'intenzione di Barack Obama è stata solo quella di aver voluto scrivere un racconto onesto di un periodo particolare della sua vita. Ci è riuscito andando aldilà dei confini della politica diventando così un punto di riferimento letterario con questa che è una lettura indispensabile per conoscere nel profondo, fino a emozionarsi completamente, proprio lui che è una delle personalità che più ha fatto commuovere il mondo.