Valeria Bruni Tedeschi è riuscita a trasformare l'incomprensibile nel suo esatto contrario. Attrice e regista - negli ultimi tempi entrambe le cose insieme - usa un ingrediente segreto e fondamentale, un po' come il mezzo cucchiaino di zucchero nel sugo che diceva Gualtiero Marchesi. E quell’ingrediente è l'autoironia. Ci vuole un gran coraggio nel mettere in piazza, anzi, sullo schermo, i fatti propri, parlare di sé, della propria famiglia, di quello che ha funzionato o non funziona, di quello che non c'è stato né ci sarà mai, di sesso, di amori come di tradimenti e perdite, quasi sempre più forti dell'amore stesso. Ci vuole capacità, altrimenti si rischia di scatenare solo sbadigli nello spettatore medio inebetito da modi, comportamenti e frasi di un lessico – famigliare per l'appunto – comprensibile solo a chi fa parte di quel guscio.

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Ricordate il suo primo film del 2003, È più facile per un cammello? Prendeva in giro se stessa quando chiedeva al suo avvocato se poteva rinunciare all'eredità paterna, più di un milione di franchi, perché era già “schifosamente ricca”. Quello che contava è che in quella scena, come in altre, il parlare di una cosa personale - un problema incomprensibile ai più, ovvero: l'essere ricchi e sentirsi imbarazzati di esserlo - e spiegarlo a modo suo non infastidiva né impietosiva: catturava l'attenzione. Accadde lo stesso quando nel 2013 decise di aprire le porte della sua casa piemontese per Un castello in Italia, per farci conoscere a modo suo, e da vicino, tutta la sua famiglia con i suoi segreti e affari che di solito restano al chiuso tra quattro mura e un tetto. Come? Cambiando i veri nomi con altri, inventati. Quel che ne è venuto fuori è un film in cui ha scritto - con Noémie Lvosky - e mostrato ciò che conosceva benem e che gli era accaduto. Condendo però ogni scena con un po' di perfidia, soprattutto nei confronti di se stessa.

Stesso discorso per il suo ultimo film, I villeggianti. Invece che in Piemonte, stavolta ci porta nella splendida villa a Cap Negre che i suoi genitori comprarono negli anni Sessanta sulla spiaggia di Cavalière. È “un'autobiografia immaginaria”, come lo definì lei a Venezia lo scorso settembre dove è stato proiettato in anteprima, e poi di nuovo al festival fiorentino France Odeon. Ma aggiunse: “è sicuramente un film che mostra la versione peggiore di me stessa”, uno di quelli in cui nulla è assolutamente casuale, si potrebbe dire. La Bruni Tedeschi si cala nei panni di Anna, una donna irrequieta e un po’ folle che a tratti ricorda Beatrice Morandini Valdirana, il personaggio mitomane e indimenticabile de La pazza gioia di Paolo Virzì, lasciata dal compagno Luca, interpretato da Riccardo Scamarcio, che non ne vuole sapere più di quel posto di mare dove passano le vacanze “più vicino all’inferno che al paradiso”, come dirà una cameriera. Hanno una figlia in comune, Célia, che è poi Oumy Bruni Garrel, la figlia che nella vita reale ha adottato con l'attore Louis Garrel, suo compagno fino al 2012.

Ecco che di nuovo la regista/attrice, aggiungendo sempre un po' di quella sua tenerezza e timidezza, torna a parlare di sé e della sua vita, unendo il reale a ciò che non lo è, cambiando di nuovo i nomi, anche se ogni volta è facile pensare a chi corrispondano realmente. Valeria Golino, straordinaria, interpreta sua sorella Carla Bruni, sposata con un politico affascinante ma a tratti odioso. Scamarcio è il suo ex, un ragazzo molto più giovane come Garrel nella realtà, che l'ha lasciata per la modella Laetitia Casta. Esilarante la scena in cui la protagonista, vicino al cartellone pubblicitario di un profumo tenuto in mano da una modella, chiede al suo ex: “è lei”? Esilarante come i siparietti che vedono protagoniste sua madre Marisa Borini e sua zia Gigì Borini metà in francese, metà in italiano. È una famiglia non comune, quella di Valeria Bruni Tedeschi, con genitori “non convenzionali”. Il padre, Alberto Bruni Tedeschi, era un industriale che ogni mattina componeva la sua musica. La madre Marisa, pianista, donna affascinante e colta, per Valeria e per sua sorella Carla è sempre stata "un modello di libertà e di positività”. L’abbiamo conosciuta e amata proprio grazie al film Un castello in Italia, dove interpreta sé stessa, e al libro autobiografico Care figlie vi scrivo pubblicato lo scorso anno da La Nave di Teseo. “Nella vita”, dice Valeria Bruni Tedeschi, “è difficile toccare la verità, e grazie alla finzione mi sembra ci si riesca più facilmente. Se c’è qualcosa vicino alla mia vita, è pura coincidenza. Ma le riesce benissimo.