Al secondo posto delle definizioni di un celebre dizionario americano, la parola “Diva” incontra il suo destino ormai più consueto: “donna arrogante e viziata”. La prima definizione, “cantante d’opera di grande successo”, s’è affievolita nel tempo e specie negli Stati Uniti, dalla scuola elementare in su, basta che una mocciosa se la tiri perché le compagne la bollino come “diva” di turno. E non è mica una bella cosa. Quando poi di mezzo c’è Hollywood, la “diva” è quella che arriva in hotel e non entra in camera se prima non le accendono tre dozzine di candele bianche. Che non mette piede al ristorante se prima non rimuovono un quadro di pessimo gusto dalla parete. Che ordina al regista di tagliare una scena, perché l’acconciatura non era impeccabile. Tutta roba vera. Ma ho giurato sulla Bibbia che non posso rivelare le protagoniste. Diva. Si dice che Scarlett Johansson appartenga a questa nobile categoria. Ma quando un’attrice ha successo da giovane e col suo nome ottura le pagine dei tabloid, se ne dicono tante. A cominciare dai suoi flirt (una ventina almeno, calcolando tempi e incastri, avrebbe dovuto cominciare a 9 anni), per finire con le sue bislacche richieste ogni volta che c’è da girare un film, uno spot, o un semplice passaggio tv. Dalla lunga conversazione che faccio con lei, ne deduco che Scarlett sia molto brava a depistare.

Un talento del marketing di se stessa, aiutata da un corpo dirompente, un volto angelico sensualmente conturbante e un modo di fare da universitaria in ritardo sul piano di studi. Insomma, più della femme fatale stile il poster grande come l’Empire State Building piazzato dietro casa mia, a me fa venire in mente Charlotte, la sperduta moglie abbandonata di Lost in Translation. Che sia caduto anch’io nella sua trappola? No, credo di no. È solo poco più che una ragazzina. Va in giro per Manhattan in tuta e maglioni sbrindellati. Frequenta caffè per artisti svampiti, e si tiene alla larga da ristoranti da jetset. Poi, è vero, di fronte alla lente, diventa un’altra cosa. Forse anche un caso di sdoppiamento della personalità. A 24 anni, tutto o quasi ti è permesso. Sull’essere diva, è proprio Scarlett a rivelarmi un piccolo retroscena. «Quando ho incontrato Stefano Gabbana per la mia campagna, ero logicamente entusiasta. Ma lo sentivo ripetere la parola “diva” e sulle prime ero perplessa. Sa, da noi, non è sempre un bel termine. Lo definirei proprio un caso di “lost in translation”. Per fortuna qui si parla dell’accezione che a me piace di più: ovvero di una bellezza classica, piena di glamour, sicura di se, ricca di personalità. È una forma di femminilità che appartiene al passato ma che non ha mai subito l’usura del tempo. E spesso non ha nulla a che vedere con la bellezza. Mi rivedo in questa definizione, mi piace enfatizzare le mie forme, ma credo che questa sia una cosa comune a molte donne non necessariamente famose. Anzi, rettifico: rivedo la mia immagine pubblica, perché ovviamente la Scarlett, quella autentica, è tutta un’altra cosa».

Parliamo allora dell’altra: di quella che sul set può essere intrattabile. Ne sa qualcosa? Guardi, ho smesso di combattere contro le dicerie da molto tempo. Ogni tanto, ancora adesso leggo di certi miei atteggiamenti presunti. L’unica risposta possibile è questa: lavoro da quando ho 12 anni. In genere sul set di un film ci sono oltre cento persone e per quattro mesi ci si trasforma in una grande famiglia. È una sfida ogni volta, perché tu dipendi da un sacco di gente e se non sei una persona rispettosa ed educata, la tua carriera si accorcia di colpo. Invece io continuo ad essere piuttosto impegnata. Qualcosa dovrà pure significare. Chi mi conosce sul serio, sa che essere egocentrica o addirittura “diva”, come dice lei, sarebbe contro la mia personalità.

Provi a dare la definizione più reale di se stessa. Sono una normale ventiquattrenne come ce se sono migliaia a Manhattan, decisamente casual, con qualche deriva glamour, se serve. Ma solo in determinate occasioni.

Il suo rapporto con il poster formato grattacielo che si vede un po’ ovunque? Lo osservo e so che non sono veramente io. È l’immagine di me che serve a un certo proposito. È il prodotto che il consumatore vuole vedere in me. Sia chiaro: adoro il mondo della moda, amo giocare con il makeup, ma è una maschera, so bene chi sono e non ho nessuna intenzione di piegarmi alla logica brutale per cui devi essere impeccabile 24 ore al giorno sette giorni su sette. Ho una vita al di fuori di tutto ciò che mi assorbe e mi arricchisce. Il 90% della mia esistenza è molto tranquilla, riservata, fatta di serate a casa con gli amici di sempre, guardando film, leggendo, cercando di fare cose interessanti. Uno stile che non richiede di essere sempre perfetta. I paparazzi si divertono a beccarmi in caffetteria vestita come una normale 24enne in una giornata di quelle storte, mi spiego?

Quindi nessuna ansia da invecchiamento, vero? Per ora no. Lo so benissimo che non potrò essere un sex symbol in eterno. Mi preoccupa di più sfuggire alle etichette. Il pericolo più grande a Hollywood consiste nel finire dentro a una categoria. Se ti capita, poi uscirne è dura. Ma non lo dico per snobismo, quanto perché amo recitare e le etichette limitano inesorabilmente le tue possibilità. A me invece piacerebbe esplorare per tutta la vita. La sexy formosa e fatale ha fatto il suo tempo, mi aspetto nuove sfide a costo di lavorare meno. Prenda Marilyn, il classico esempio di attrice typecast. Ebbene, lei non era affatto svampita o limitata com’è tradizione per le bionde dell’epoca. Si riguardi il film Gli spostati con Clark Gable e Monty Clift. Una prova drammatica formidabile.

Gli anni 50 e 60 sono un periodo di cui lei sembra appassionata. È vero, è l’età d’oro del cinema. Un periodo che ha formato attrici incredibili di grande personalità, di spessore e fascino. Il tipo di donna che non ha bisogno di un uomo che le dica cosa deve fare, il modello che stiamo recuperando oggi. Almeno, spero. Shelley Winters, Vivien Leigh, Betty Davis. È dura trovare oggi esempi che possano eguagliare quella femminilità.

In quanto a modelli non le viene in mente nessuno di un po’ meno datato? Sono una fan di Madonna, un’artista formidabile che si è reinventata costantemente infischiandosene di mode ed etichette. Ha un gran rapporto con se stessa, con l’età, con il suo corpo.

Il suo è un inno alla femminilità, però alle ultime elezioni ha cantato e recitato per Obama, mica per Hillary. La politica è un altro discorso. Certo, vorrei vedere molte più donne al governo, ma la forza di Obama consiste proprio in questo: è riuscito ad abbattere ogni barriera possibile. Di razza, di sesso, di orientamento sessuale. È una forza nuova che mi ha travolto. Dopo la sconfitta di Kerry quattro anni fa ero molto depressa. Non potevo credere a un doppio mandato con Bush. Stavolta la posta in palio era davvero troppo alta. Ora il problema è che le aspettative sono esagerate e che un uomo potrà fare solo una parte del lavoro. Il resto tocca a tutti noi. Di sicuro Obama avrà bisogno di due mandati. Ci sarà da sudare. Il mio lavoro, in quanto persona nota, consiste nel far sentire la voce della gente. Ristabilire la linea di collegamento tra chi governa e le persone comuni, interrotta bruscamente per otto anni.

Donna impegnata, poco incline alle serate di gala, attivista e adesso persino sposata. I tabloid la lasceranno in pace. Ma come le ha cambiato la vita il matrimonio? È una specie di liberazione interiore. Se lasci che qualcuno entri nella tua vita senza riserve (l’attore Ryan Reynolds, ndr), se accetti che quella sia la persona che resta con te per sempre, ti concedi la possibilità di essere te stessa al cento per cento in ogni momento. Per me è una cosa meravigliosa che ti proietta in una dimensione completamente diversa. Al matrimonio non ci avevo mai pensato, i miei si sono separati quando avevo 13 anni, dunque non era mai stata un’esigenza forte. Ma è successo in modo naturale, ed è la cosa migliore che potessi fare.

La smetteranno di affibbiarle flirt con ogni attore che le passa a tiro. Oh no, mi creda non si stancheranno. Ma lo faranno con l’altra Scarlett, quella nel poster gigante a Times Square. La Scarlett autentica è sempre custodita in un posto sicuro.