A ben pensarci, con il fiuto e l'ingegno che ha dimostrato dagli inizi della sua carriera, Kim Kardashian West era tagliata per fare l'avvocato: un proposito che ha dichiarato nell'intervista di copertina che ha rilasciato di recente a Vogue US, dove ha annunciato di essersi messa a studiare legge, per affrontare “the bar”–l'equivalente americano dell'esame per l'iscrizione all'ordine – nel 2022.

L'affermazione ha lasciato stupiti molti, e fatto storcere il naso ad altrettanti radical-chic che mal sopportano la presenza capillare di tutto il carrozzone dei Kardashian – Jenner (il lato spurio della casata, frutto dell'unione tra Kris Jenner e Caitlyn, nato Bruce e vissuto fino alla sua transizione come atleta, medaglia olimpica del decathlon). Ma nel corso della sua ormai decennale carriera, la 39enne losangelina è divenuta una maestra in molte cose: più delle capacità imprenditoriali, che le hanno consentito di raggiungere un valore netto di 350 milioni di dollari (dati di questo marzo di Forbes), l'arma che maneggia con destrezza sopraffina è però la capacità di ignorare le critiche, anche quelle più feroci – e ne ha ricevute parecchie – scrollando le spalle con somma indifferenza.

Tra qualche mese, sarà ospite ad Harvard a tenere una lezione in materia di Branding and media, ed in effetti, allontanandosi dalle solite retoriche intellettuali, nessuno meglio di lei sa come si maneggia la materia, avendo plasmato corpo e vita per divenire un brand, e di quelli di grande successo.

Eppure, la sua, sembrava agli inizi solo la storia di un'altra stellina di secondo grado, nella costellazione fulgida sulle colline di Los Angeles, o, essendo precisi, di Calabasas, parte della città dalla quale viene e di cui molti, anche di quelle parti, hanno imparato il nome solo grazie a lei.

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Famiglia agiata, certo, i vicini di casa erano gli Hilton di cui i rotocalchi hanno presto imparato a conoscere – e amare, non fosse altro per la quantità di materiale di cui riforniva i giornali pettegoli dei primi anni 2000 – l'erede Paris. Kim Kardashian è sua amica, le fa da assistente e sylist in quegli anni ruggenti nei quali si indossano i choker e i top-corsetto, e Paris Hilton è protagonista insieme a Nicole Richie – figlia adottiva di Lionel – della trasmissione televisiva The Simple Life, dove le due, famose per il DNA, si mettono alla prova con le difficoltà quotidiane del resto dell'umanità che vive al di fuori dei rassicuranti confini del giusto codice postale. La vita passata nell'ombra della bionda e svagata ereditiera con pincher d'ordinanza in braccio – in una riproposizione dell'immaginario estetico lanciato da La rivincita delle bionde con Reese Witherspoon – a Kim va stretta. L'occasione per brillare di luce propria, però, arriva come una palla curva, potente ma difficile da gestire.

Tramite collegamenti e gole profonde di cui non si capirà mai l'origine – anche se le leggende popolari ormai attribuiscono l'azione all'astutissima manager di Kim, sua madre Kris Jenner, che ha incapsulato i ruoli di genitore e gestore delle carriere di tutta la sua prole in una crasi letteraria futurista, la “mommager”– arriva ai tabloid un video hot, subito condiviso nell'etere, che vede protagonista Kim con il suo fidanzato di allora, il rapper Ray J. « Avevo preso dell'ecstasy all'epoca, si vede la mia mandibola che trema tutto il tempo » – ha recentemente dichiarato Kim – « potevano succedere cose peggiori, sotto effetto di droghe, che fare un sex tape».

Se anche a Paris Hilton succede, guarda caso, di farsi sfuggire dagli archivi personali dell'ex un video hot che, all'epoca dei dvd si pubblicizza con il titolo dalle aspirazioni cinematografiche alleniane, One night in Paris, la sua carriera scivola con dolcezza, verso il sentiero glitterato del dimenticatoio e del declivio. Kim, invece, trasforma quello che poteva essere un salto nel buio in un trampolino verso il successo. Era il 2007. I 134 milioni di follower di oggi erano ancora lontani.

Qualche mese dopo il canale d'intrattenimento E! lancerà il reality (in onda ancora oggi, esperimento televisivo degno di Warhol, capace di mettere l'America di fronte a se stessa) Keeping Up with the Kardashians, KUWTK per chi ha poco tempo da perdere e preferisce la praticità degli acronimi. Se l'America vuole Kim, dovrà pagare il biglietto, pensa Kris.

Così, il Paese conosce – e si affeziona – all'intero e scalcagnato clan, le cui vicende amorose, personali e professionali sono affrontate in mondovisione: dalla sorella maggiore Khloé, alla minore Kourtney, passando per l'unico uomo della famiglia, il figlio minore Robert, escluso di recente dalla narrazione matriarcale perché poco telegenico, o forse perché il suo nome non inizia per la consonante sinonimo della filosofia Kardashian, anche se si racconta di una ex, la spogliarellista Blac Chyna, invisa all'intero clan e responsabile di un allontanamento con il resto della tribù. Ed in effetti Robert non appare nelle cartoline di Natale che la famiglia spedisce da qualche anno al mondo, così come nelle immagini promozionali della 16esima edizione.

Succedaneo dei primi 2000 della famiglia Robinson, i fatti e i misfatti sono spiattellati in pubblica piazza – o così vogliono forse farci credere, forse dietro la sceneggiatura c'è sempre l'astuta mommager, che se davvero ha condiviso con il sito gossipparo TMZ il video hot della figlia, figurarsi se non può modificare ad arte un copione e gli eventi – e l'America si affeziona ai tira e molla di Khloé con il compagno Scott Disick, con il quale ha 3 figli, anche se ora lui si fa vedere in giro con Sophia Richie, poco più che ventenne, e sorella minore di quella Nicole di cui sopra: evidentemente, come nella Sicilia de Il Gattopardo, i famosi di Calabasas si frequentano solo tra di loro, per legge salica.

Le figlie di Bruce-ora-Caitlyn, Kendall e Kylie, cresciute sotto gli occhi della telecamera, sono divenute, rispettivamente, una top model, e un'imprenditrice del beauty.

Nella carriera sentimentale di Kim Kardashian, invece, figura un matrimonio contratto all'alba dei 20 anni, con il produttore musicale Damon Thomas, con il quale era fuggita di casa, in una fuitina degna di un romanzo di Giovanni Verga. Si lasciano dopo quattro anni, lei parlerà di abusi emotivi e fisici, proprio come in un romanzo di Verga, ma lì di solito per le protagoniste femminili l'epilogo è quasi sempre sottoterra o in un convento. Lei no, si risposa nel 2011 con il giocatore dell'NBA Kris Humpries, che pur avendo le iniziali al posto giusto, dura l'espace d'un matin, 72 giorni a volerli contare. L'amore arriva con il produttore e cantante Kanye West, che decide di immolarsi alla causa, e di divenire, lui amante dello strutturalismo e della moda di ricerca, personal stylist della moglie, fino a quel momento sinonimo di una certa attitudine popular e un po' chiassosa, molto lontana dall'universo estetico dei brand che contano. Alcuni agli inizi si rifiutano di vestirla, fingendo un'integrità morale che si sgretolerà negli anni seguenti, come i record che la Kardashian imprenditrice infrange, con la linea di abbigliamento Dash (poi chiusa nel 2017, sacrificata sull'altare di business molto più prolifici), e un gioco di ruolo scaricabile su iPhone dove si sgomita per divenire famose attraverso frequentazioni studiate o puntatine nei posti giusti dove farsi paparazzare ad hoc.

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Arrivano i front row alle sfilate, il matrimonio a Firenze con vestito courtesy of il fraterno amico della coppia Riccardo Tisci, allora direttore creativo di Givenchy, in braccio la prima figlia, North. Le ambizioni salgono a livello di onomastica con il secondo arrivo, Saint, per poi settarsi nuovamente su coordinate geografiche con Chicago, terza figlia e nata da madre surrogata, come il quarto arrivo nel clan, che si attende per maggio.

Se Kanye la introduce nel mondo della couture, e la coppia finisce sulla copertina di Vogue US, Kim Kardashian trasforma questa visibilità, di nuovo, in denaro sonante. Un suo post sponsorizzato su Instagram, a bevande sostitutive del pasto o lecca lecca per scacciare la fame, si paga a caro prezzo: fino a 500 mila dollari. Tutti vogliono essere come Kim, in banca e nel corpo, ed in effetti non è un caso che da diversi anni a questa parte siano saliti alle stelle in America il numero di interventi di chirurgia plastica per infondere volume alle natiche. Sarà volgare, forse, ma Kim alza le spalle e si fa ritrarre dall'iconico fotografo Jean-Paul Goude sulla copertina di Paper Magazine, in abito da sera, sul suo ormai iconico e monumentale derrière si regge una coppa di champagne. « E dicevano che non avevo talento », commenterà tra l'ironico e il sibillino, intervistata dalla sua amica Ellen De Generes nel popolare show mattutino.

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Oggi però, che gli eccessi ultra-pop degli inizi sono archiviati senza vergogna, vive in un'immensa villa arredata in stile minimalista dall'interior design belga Axel Vervoordt. Il conto in banca assicurerà un futuro privo di preoccupazioni alle generazioni a venire del clan Kardashian-West, e non certo per via della linea di abbigliamento del marito, Yeezy, ma più probabilmente per la nuova linea beauty che sta per lanciare, KKW Beauty, con la boccetta di profumo che emula la sua fisicità. Kim non si accontenta però di risultati che basterebbero a molti altri. Quando l'anno scorso si è imbattuta per caso nella vicenda di Alice Marie Johnson, nonna dell'Alabama in carcere per un accusa di spaccio di droga dal 1996, la sua coscienza sociale si è risvegliata. L'awakening, come lo chiamano gli americani, era stato forse reso necessario per contrastare le opinabili dichiarazioni politiche del consorte, supporter di Trump, di cui indossava spesso il cappellino con l'acronimo MAGA, Make America Great Again. Kanye si è infatti lasciato andare in dichiarazioni divisive, a voler essere delicati, commentando che «se la schiavitù è durata diversi secoli, forse è stata più una scelta, che un obbligo».

La filosofia di sicuro successo in casa Kardashian, quella buona per far finire nella seconda pagina della ricerca di Google una notizia non gradita, è quella di non commentarla, ignorarla, ma fornire ai giornali del materiale alternativo, con il quale riportare la narrazione sulla rotta desiderata.

Dopo aver ammesso la condizione medica dell'amato marito, afflitto dal bipolarismo, si è infatti velocemente mossa a favore di Johnson, assoldando i suoi legali e arrivando fin nell'Ufficio Ovale. Se è stata capace di convincere il presidente più irriso di sempre della necessità di migliorare il sistema carcerario americano, e ovviamente a far rilasciare la nonna, le sue capacità di eloquio saranno straordinarie: e in effetti, le sorelle ammettono, è l'unica capace di confrontarsi ad armi pari, e con(vincere) la temuta mommager, nel caso sorgano divergenze professionali.

Nell'Ufficio Ovale, confessa Kim, aiutata da un team di avvocati che traduceva in legalese un discorso definito dai legali “emotionally intelligent”, ha scoperto di volerne sapere di più: entrata nel #cut50 , gruppo che lotta per una riforma della giustizia criminale americana, ha iniziato, lontano dai flash dei paparazzi, che sa evitare benissimo, quando vuole, a visitare carceri e andare in visita dai governatori, sfruttando la popolarità mondiale per una causa che le sta a cuore. Oggi studia diverse ore al giorno con due professioniste, pur non avendo mai preso il diploma: la legge americana concede la possibilità di sostenere l'esame anche a chi, privo del titolo, abbia svolto praticantato con altri avvocati. Una legge antica e mai abolita, sfruttata anche dal presidente Abraham Lincoln.

L'amore per cavilli e codici, forse, arriva però da più lontano, dal Dna: in fondo suo padre, scomparso nel 2003, era pur sempre Rob Kardashian, legale nel dream team di O.J. Simpson, uno dei casi più studiati e ricordati nella storia legale, a cui è stata dedicata di recente anche una mini-serie molto premiata, The People vs O.J. Simpson: American Crime Story.

Kim Kardashian ricorda nell'intervista a Vogue come all'epoca della costruzione della strategia di difesa, gli altri membri della squadra legale, Bobbie Cochram e Bob Shapiro fossero habitué della loro casa: suo padre nascondeva dietro una libreria una stanza segreta dove accatastava nei libri tutte le prove a carico di O.J. , tra le quali si divertiva a curiosare, interessata all'analisi forensica. Oggi studia, nella sua casa molto minimalista non ci sono oggetti a inquinare la purezza estetica, solo cataste di libri di diritto sui quali passa le sue giornate, e nel 2022 intende sostenere l'esame. Dando una nuova direzione al suo futuro, e, di conseguenza, anche a quello dell'America.