In un immaginario archivio degli amori di tutta la storia del mondo, se ne scovano alcuni che è possibile comprendere solo se si è dotati della capacità di dissociarsi dai luoghi comuni. Sono relazioni fra persone con affinità elettive non visibili a colpo d’occhio, che pur di stare vicine superano ogni possibile barriera, come la grande differenza d’età o il dettaglio che una delle due sia sposata. Questa è più o meno la base della liaison che negli anni 70 hanno vissuto Salvador Dalì e Amanda Lear, il grande pittore spagnolo e la ragazza di Saigon (una delle tante definizioni anagrafiche, dato che non si capirà mai bene dove e quando sia nata). E al centro, la moglie e musa di lui, Gala Dalì. Al tempo, Salvador Dalì era già un personaggio iconico, per usare un termine abusato. Amanda era destinata a diventare il mistero ambiguo della canzone internazionale, la cui eco non si è spenta nemmeno dopo l’ultima canzone incisa. Gala era solo Gala, e bastava. La protagonista di tante opere del marito, che per lei stravedeva. Nessuno dei tre era affetto da banalità, insomma.

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Salvador Dalì e Gala si erano conosciuti nel 1929 a Cadaqués. Della compagnia, quel giorno, facevano parte anche René Magritte e sua moglie Georgette. Gala, intellettuale russa cresciuta a Mosca, era sposata col poeta Paul Éluard ma il loro matrimonio era in crisi. Per cui lei, pur essendo di 11 anni più grande del pittore spagnolo, iniziò senza rimorsi una storia d’amore con lui mentre Éluard si scelse un’altra compagna. Gala diventò subito la musa intoccabile di Dalì che nel 1934 la sposò a tutti i costi andando contro la volontà della sua famiglia, soprattutto del severissimo padre avvocato. Era la scelta giusta: Gala lo spinse ad avere fiducia nelle sue qualità artistiche e si prese l’onere di tenerlo lontano da tutte le necessarie incombenze della vita quotidiana, lasciandolo indisturbato nel suo mondo onirico da cui generava visioni mentre lei trattava con galleristi e mercanti d’arte. Anche un po' per questo accudimento, lui sarà sempre "l'enfant terrible" dell'arte. La dedizione di Gala a Dalì era tale che, dopo l'inizio della loro relazione, non si è più occupata della figlia Cécile avuta con Éluard, che all’età di 11 anni andò a vivere con la nonna e non ebbe modo di conoscere la madre più di un’estranea qualsiasi.

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Come in un film, le coppie che si nutrono di arte non hanno mai uno stile di vita tradizionale. Dalì non era un uomo dalla sessualità prorompente, era poco interessato alla carnalità e molto più allo spirito e alla mente. Per cui, pare che Gala compensasse la sua esuberanza dei sensi con giovani amanti. Quando Dalì le regalò il castello di Pubòl, Gala ci trascorrerà sempre più tempo con i suoi amanti. Sembra che nel 1973 abbia intraprese lì dentro anche una relazione con Jeff Fenholt, protagonista di Jesus Christ Superstar a Broadway, che aveva 50 anni meno di lei. Questo è più o meno il quadro della situazione di casa Dalì quando nel 1965, Amanda Lear incontra il grande maestro in un club parigino, Le Castel. Per qualche mistero dei flussi e reflussi storici dell’estetica, in quel periodo, durato oltre dieci anni, le figure maschili e femminili più ammirate dai creativi erano quelle androgine. Amanda, androgina lo era molto e per questo verrà scelta anche per la cover dell’album dei Roxy Music For My Pleasure. Dalì aveva perso da poco la sua giovane musa Isabelle Collin Dufresne, detta Ultra Violet, che si era unita alla Factory di Andy Warhol. Di Amanda, Dalì dice subito di amare “il suo scheletro”, la sua snellezza. Ma non è colpito solo dal suo aspetto: capì subito che si trovava davanti una donna intelligente, con del talento da tirare fuori, e con il suo stesso gusto della provocazione.

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Amanda mollò il suo fidanzato, il nobiluomo Tara Browne, che aveva ispirato la canzone dei Beatles A Day in the Life, e Dalì la attirò all’interno della sua vita con Gala. Questa, abituata già ai ménage à trois dai tempi del suo matrimonio con Paul Éluard, in cui avevano incluso per un periodo il pittore e scultore Max Ernst, la accoglie come amica e come un arricchimento della routine di coppia. Questo trio andrà avanti f'amore e d'accordo per quasi diciassette anni. Ma non in esclusiva. La storia d'amore parallela fra Amanda Lear e David Bowie durerà due anni. Dalì chiama pubblicamente Amanda “il mio angelo”, ma in spagnolo lo dice al maschile, dando vita alla leggenda dell’ambiguità sessuale della Lear, su cui lei non smetterà mai veramente di giocare. Lei, in seguito, definirà la loro relazione come qualcosa di valore altissimo e che non aveva proprio nulla a che vedere con le squallide storie da commendatori che hanno un'amante e raccontano un sacco di bugie alla moglie. Inoltre, quando in futuro una figlia naturale del pittore chiederà di fare riesumare la salma per il test del dna, Amanda coglierà l’occasione per spiegare l’impossibilità della rivendicazione perché Dalì non avrebbe mai avuto veri rapporti sessuali con una donna, e svelerà che durante le sue famose sortite nei bordelli con Picasso, lui si limitava al voyeurismo. In quei diciassette anni Amanda viaggia molto con Gala e Dalí. Lui la costruisce da capo a piedi, si dice che il nome d’arte Amanda Lear, che in realtà si chiama Amanda Tapp, sia un gioco di parole in francese sulla frase “l’amant Dalì”, l’amante di Dalì. Lui la educa all’arte portandola nei musei più importanti d'Europa. Le fa anche da insegnante di lusso – beata lei – di arte, moda, fotografia e musica. Lei posa per alcuni suoi lavori, tra cui Venere di pelliccia e Vogué, partecipa a molti dei suoi progetti, lo affianca durante le conferenze stampa e gli incontri con i media. La magia si concluderà prima nel 1982, con la morte di Gala, e poi nel 1989 con la scomparsa di Dalì che, senza la moglie, si era chiuso in se stesso. Amanda è ormai una star, la sua hit del 1977 Tomorrow è stato un grande successo, ha imparato tutto e bene dal suo maestro, su come attirare l’attenzione della gente. Quattro anni prima della scomparsa di uno dei più grandi artisti del 900 Amanda Lear ha trovato anche il modo di rendere omaggio al suo mentore con un libro, La mia vita con Dalì. Che lui, entusiasta, approvò.

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