A Cannes 2019, qualche sera fa, Bill Murray le ha bisbigliato qualcosa all’orecchio, mentre si trovavano sulla Croisette per presentare il film dove recitano insieme, I morti non muoiono, di Jim Jarmusch. Tanto è bastato per catapultare Selena Gomez nel radar di critici cinematografici e hipster di ritorno, che vedono in Murray un feticcio degno di devozione sempiterna. “Non so chi sia Selena Gomez”, ha commentato l’attore interrogato in merito “per me lei è solo Gomez”. Raggiunta già la fase dei nomignoli, quello che ha dichiarato in seguito è stata una vera dichiarazione d’amicizia. “Non ricordo cosa le ho detto, stavo cercando di farla sentire a suo agio, visto che è la sua prima volta a Cannes. La trovo straordinariamente brillante, gentile e spontanea: sono sempre felice di trovare un’icona pop che mi piaccia davvero”.

E in effetti, il termine Icona pop calza a pennello su Selena Marie Gomez, ventiseienne di Grand Prairie, Texas, anche se, la leggerezza che tale dicitura sottende, nulla ha a che vedere con il percorso accidentato e difficoltoso che Selena ha dovuto affrontare, per godere delle luci della ribalta. Cresciuta nel vivaio della Disney (che da Britney Spears a Justin Timberlake e Christina Aguilera in poi ha dato corpo e voce ai desideri dei teenager americani) forse a non portarle bene è stata in primo luogo l’onomastica, dovuta a Selena Quintanilla Pérez, cantante regina della musica tejano, mix latino tra pop e folk . I 60 milioni di album venduti però non risparmiarono la donna da una morte violenta, nel 1995, a 23 anni: a spararle alla schiena in una camera di un motel di Corpus Christi fu la manager dei negozi di abbigliamento a suo nome, sorpresa a dirottare fondi.

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Figlia del messicano Ricardo Joel e dell’attrice di teatro Mandy Dawn Cornett, con origini italiane, l’infanzia di Selena non ha nulla del glamour e del benessere al quale ci hanno abituato altre icone pop, dal clan Kardashian nella sua interezza a Miley Cyrus, figlia della stella della musica country Billy Ray. Sua madre ha solo 16 anni quando viene al mondo, e mentre i suoi genitori continuano a frequentare il liceo, Selena Gomez cresce con i nonni. Le difficoltà proseguono anche dopo che i due divorziano e Selena vive con la mamma, che si divide tra tre diverse occupazioni per sbarcare il lunario.

Riesce però in qualche modo ad entrare nel radar di Disney Channel, prima con Barney and Friends, serie tv dove incontra la coetanea Demi Lovato, e poi con un ruolo in Hannah Montana, dove a fare da protagonista è proprio Miley Cyrus. La fama sul territorio nazionale arriva però nel 2008, quando agguanta il ruolo da protagonista ne I maghi di Waverly, dove interpreta Alex Russo, adolescente alle prese con una famiglia, disfunzionale come molte, e però composta da maghi proprietari di un ristorante a New York. Il successo raggiunto le consente di trasferirsi ad Hollywood con sua madre: ha solo 16 anni, la stessa età alla quale Mandy Dawn l’ha partorita. Più che le performance recitative, che s’inseriscono dignitosamente nella media della sua categoria, a piacere è la sua voce, tanto che velocemente la presta a diverse produzioni di Disney Channel, compresa Another Cinderella Story, per la quale compone tre canzoni della colonna sonora. Il contratto con la Hollywood Records, che ha già nel suo portfolio sia Demi Lovato che Miley Cyrus, è una naturale conseguenza. Dimostrando un certo sense of humor, il gruppo con il quale si esibisce prende il nome di Selena Gomez & The Scene, termine che afferisce a una cultura sociale in voga negli Stati Uniti negli anni zero, e che sembrava nascere e riprodursi nello spazio social di MySpace, il Facebook che non ce l’ha fatta. Gli scenester, come si chiamavano i suoi membri, erano una versione priva di frustrazioni e autolesionismi (offerti in pasto ai social) degli emo, dei quali sposavano però l’abbigliamento (jeans stretti da togliere il respiro) e i capelli, esperimenti tricologici che mischiavano effetti animalier ed extension. Tale ristretta cerchia (più elitaria delle app per incontri usate dagli affluenti wasp di New York, poco desiderosi di incrociare su Tinder esponenti di una classe sociale inferiore) aveva spesso accusato la Gomez di volerne emulare l’unicità, senza riuscirvi. A non essere esattamente di successo, è però proprio l’esperimento musicale in sé, anche se il gruppo dà alle stampe tre album prima di sciogliersi e Selena decide di puntare su una carriera solista. Selena però piace agli adolescenti, e rassicura gli adulti, già scottati dagli idoli pop venuti prima, e cresciuti troppo in fretta: a funzionare è quel suo viso struccato, che riflette una normalità autentica, l’assenza di filtri nella vita reale e nei social, da cui impara presto a diffidare, anche se è stata fino all’ottobre scorso la persona più seguita su Instagram (con 150 milioni di follower, superata poi da Cristiano Ronaldo). E i fondamentalismi non le piacciono più neanche nella religione: dopo essersi fatta regalare da suo padre un purity ring, tradizione cattolica che impone la verginità fino al matrimonio (e adottata in precedenza anche da Britney Spears e dai Jonas Brothers) smetterà di indossarlo in pubblico qualche anno dopo, ammettendo una fede religiosa priva di estremismi.


Non si sa se a farla decidere in tal senso sia stata la frequentazione proprio con uno dei Jonas Brothers, Nick, convolato l’anno scorso a nozze con l’attrice indiana Priyanka Chopra, o la relazione on-off che intratterrà per diversi anni proprio con l’altra icona teen pop americana Justin Bieber. Un rapporto, quello tra i due, che diviene presto materia di speculazioni e diatribe e liti furiosissime (ovviamente nel mondo parallelo dei social) tra i rispettivi gruppi di fan. Quelli di Selena accusano Justin, passato dal ruolo di youtuber tredicenne a festaiolo dedito ad eccessi di varia natura, di avere un’influenza nefasta sulla cantante, di tradirla, forse addirittura di limitarne il potenziale e danneggiarne la carriera musicale da solista, appena decollata. Del 2012 è il suo primo album, alla cui promozione si dedica incessantemente, fin quando crolla durante un tour nel 2014, e si ricovera volontariamente in un rehab dell’Arizona. Niente dipendenze, però: la realtà è che la sfortunata Selena soffre di lupus, malattia renale autoimmune, che, insieme allo stress e ai numerosi impegni che sta inanellando in quel momento fondamentale della sua carriera, la costringono ad uno stop deciso a tutti gli impegni. Forse, a contribuire nel destabilizzarla, ci pensa anche Spring Breakers, acclamato film di Harmony Korine del 2013 con il quale si affranca per sempre (come era già successo in passato a Britney Spears, Christina Aguilera e Miley Cyrus), dal ruolo di pre-adolescente, tramutandosi sullo schermo in provocante Lolita. Una metamorfosi della quale la sua carriera forse aveva bisogno, che però non riesce a gestire con la stessa nonchalance della Cyrus. Per evitare l’epilogo infelice di Britney Spears, autrice di una rasatura alla soldato Jane eseguita in uno stato di allucinazione mentale, o anche solo per non ripercorrere i passi della coetanea Demi Lovato, che entra ed esce dai rehab con una certa frequenza, Selena decide di prendersi del tempo per se stessa, e di licenziare sua madre e il suo nuovo marito, che fino a quel momento ne hanno gestito la carriera.

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La mossa, quella di evitare un overbooking lavorativo in titoli dall’improbabile successo, al solo scopo di fare cassetto, è quella giusta: il secondo album da solista, Remain, è un successo di vendite, grazie anche ad una collaborazione con il rapper A$ap Rocky. Nel 2016 la sua autenticità, che riesce a preservare anche sui social che usa con il giusto equilibrio, fa vendere: Pantene la ingaggia con un accordo da 3 milioni di dollari. A oggi,

un post Instagram sponsorizzato da Selena Gomez ne costa 800 mila

. La sua collaborazione con Coca-Cola si tramuta nella foto con più like al mondo, almeno in quel preciso momento storico: Selena Gomez che beve la bevanda in bottiglia con cannuccia a righe bianche e rosse, vale 4 milioni di like. Ironia della sorte, supera il record precedente, quello di 3,7 milioni di like, di una foto postata dal suo ex Justin Bieber, dove i due apparivano ancora insieme. Bazzecole se si pensa all’attuale detentore del record, un uovo su sfondo bianco che per motivazioni che sfuggono alla comprensione umana ha raggiunto i 25 milioni di like. Il risultato è però simbolico, e segna il contrappasso, oltre che la conclusione di una relazione forse divenuta tossica.

Attiva anche nel sociale, Selena diventa la più giovane ambasciatrice Unicef già nel 2009, con la Trick or Treat Campaign, invitando a donare in occasione di Halloween (e riesce a raccogliere la cifra ragguardevole di 700 mila dollari), o invitando i giovani a votare con Ur Votes Count, in occasione delle elezioni presidenziali del 2008, quelle che vedranno uscire vincitore Barack Obama. Il lupus, però, si complica, tanto da costringerla a un trapianto di rene: ne segue un nuovo allontanamento dalla scena mediatica, che non diminuisce l’affetto dei giovani americani che vedono in Selena un riferimento aspirazionale e però estremamente reale. Una star capace di guadagnare (e far guadagnare) milioni, ma alla cui vita dalle fasi e vicissitudini altalenanti riescono a sentirsi molto più vicini che a quella estremamente glamour di Gigi e Bella Hadid. Un’opinione che si rinsalda, quando viene data notizia che il donatore di Selena altri non è che la sua amica Courtney Barr, profilo Instagram impostato in modalità privata, e nessun desiderio di utilizzare l’avvenimento per dare inizio ad una carriera mediatica, dimostrando una sincerità d’intenti di cui sono forniti tutti coloro che gravitano intorno a Selena.

Si accorge del suo potenziale anche la moda: firma una linea all’interno della collezione di Coach, del quale diventa anche volto. Puma la ingaggia con Puma x Selena Gomez, di cui è disponibile da pochi giorni la seconda co-lab: sneakers, abbigliamento e sportwear, le necessarie felpe oversize e accessori da viaggio, in cromie minimali, senza troppe pretese artistiche (come è successo invece al suo ex Justin Bieber con Drew) e però assolutamente contemporanee e in linea con i gusti della Generazione Z.

Con il cinema ci riprova nel 2017, riuscendo ad essere assoldata con un ruolo di rilievo nell’ultimo film di Woody Allen, A rainy day in New York, insieme a Timothée Chalamet. La sfortuna, o forse solo un cattivo tempismo, colpisce però ancora Selena: nell’era del #metoo, Allen, sposato da diversi anni con la figlia che aveva adottato con la precedente moglie Mia Farrow, e accusata di molestie da un’altra dei figli che la coppia aveva adottato, cade in disgrazia, tanto da far desistere gli studios di Amazon, che avevano inizialmente prodotto il film, ancora oggi senza un distributore. In Francia pare che arriverà questo settembre, così come arriverà il libro memoir del regista, e anche quello non ha trovato editori disposti a rischiare l’immagine, abbinandosi ad una figura così controversa, almeno in America. Il lieto fine, almeno per ora, è su quel red carpet di Cannes, nel primo film importante, con un regista di culto come Jim Jarmusch, insieme ad un uomo che le sussurrava all’orecchio, forse di farsi coraggio e ridere, delle vicissitudini della vita, che, con molti capitomboli, l’hanno portata lì. Trasformando la ragazzina di Grand Prairie, Texas, in una diva suo malgrado. Speciale nell’essere riuscita a rimanere deliziosamente normale.