Fine della discriminazione delle atlete dopo la gravidanza. E stop definitivo alla riduzione dei compensi nei contratti per le sportive mamme che hanno avuto un figlio. La decisione di Nike traghetta il colosso sportivo americano nel futuro dopo un anno punteggiato di opinioni, critiche ed esperienze personali di alcune atlete pubblicate sul New York Times. Ciò che hanno raccontato nelle ultime settimane sportive come Allyson Felix, medaglia d’oro olimpica, o le runner Phoebe Wright, Alysia Montaño e Kara Goucher, ha messo in luce le pressioni che le atlete vivono nei confronti di uno sponsor tecnico dopo aver partorito. "Restare incinta è il bacio della morte per un’atleta donna" aveva commentato la Wright. La Montaño, salita alla ribalta per aver gareggiato gli 800 metri ai campionanti indoor USA nel 2014 con il pancione all’ottavo mese, ha dato manforte alla collega in un altro video del NYT: "Se vogliamo essere atlete e mamme, beh, è roba da pazzi".

Sports, Athlete, Heptathlon, Athletics, Individual sports, Track and field athletics, Thigh, Leg, Exercise, Recreation, pinterest
Getty Images

La recente gravidanza di Allyson Felix, come ha raccontato la campionessa al New York Times, l'ha messa in una posizione difficilissima con Nike, con cui aveva un contratto pubblicitario. L’atleta olimpica ha dettagliato la sua storia attimo per attimo spiegando cosa sia successo con la sponsorizzazione, visto che i termini del contratto dovevano essere rinnovati proprio durante la sua gravidanza. "Quando abbiamo figli rischiamo tagli dagli sponsor durante e dopo la gravidanza. È l’esempio di un’industria sportiva dove le regole sono fatte principalmente per e da uomini" ha scritto la velocista. "Ho sentito la pressione di tornare in forma il prima possibile dopo la nascita di mia figlia nel novembre 2018, anche se avevo dovuto sottopormi ad un cesareo di emergenza a 32 settimane perché c’erano rischi per la vita mia e della mia bambina, a causa della pre-eclampsia". Non ci sono state complicazioni dal punto di vista della salute di madre e figlia, ma tutt’altro discorso si è aperto per quanto riguardava le negoziazioni tra Nike e Allyson Felix. "Nonostante le mie vittorie, Nike voleva pagarmi il 70% in meno rispetto a prima". Il valore sportivo più che dimezzato da una gravidanza. "Non voglio accettare lo status quo che continua ad esistere sulla maternità. Ho chiesto a Nike di garantire da contratto che non sarei stata punita se non avessi corso al mio meglio nei mesi successivi alla nascita di mia figlia. Volevo stabilire un nuovo standard. Se non posso farlo io, che sono una delle atlete più conosciute sul mercato di Nike, chi?".

Non voglio accettare lo status quo che continua ad esistere sulla maternità. (Allyson Felix)

L’esempio decisamente più positivo di Serena Williams è un tornasole nell’ampia questione della sperequazione tra regole. L’annuncio di voler tornare sui campi da tennis dopo la nascita della figlia Olympia, avuta da Alexis Ohanian, era stato salutato da grandi ovazioni. Ma molti commissari di gara e organizzatori di tornei internazionali avevano sollevato più di un sopracciglio di fronte ai completi da gara di Serena Williams, spesso studiati come pezzi di puro fashion design per mimetizzare le necessità sanitarie. La tuta nera di Serena Williams al Roland Garros di Parigi, disegnata da Virgil Abloh e realizzata da Nike, aveva scatenato la discordia con il presidente della federazione francese di tennis Bernard Giudicelli, riporta Marie Claire Francia. Eppure l’azienda aveva messo in chiaro che l’abbigliamento sportivo era stato disegnato per comprimere correttamente alcuni punti del corpo ed evitare trombi alla neomamma durante la gara, e si era schierata apertamente con la sua campionessa di punta. Da determinata sostenitrice della parità di genere nello sport, Serena Williams aveva commentato chiaramente durante una conferenza stampa che sì, la federazione aveva il diritto di fare quello che voleva. Ma "quando alcune cose hanno una ragione medica, non ci sono motivi per cui non vadano bene". Limpida.

Estendere la difesa del ruolo di atleta/mamma alle altre sportive del roster è stato il passo successivo di Nike. Di fronte ai racconti delle atlete e alle osservazioni sollevate, Nike ha preso provvedimenti per modificare radicalmente le clausole dei contratti. Il verdetto finale è asciutto e netto: la compagnia eliminerà la regola di performance requirement per un anno per tutte le atlete che decidono di avere un bambino. Il che consentirà alle sportive di Nike di tornare gradualmente a gareggiare senza timore che i contratti non vengano rinnovati, laddove in scadenza, o le sponsorizzazioni vengano drasticamente ridotte per colpa della gravidanza. "Ci impegniamo ad scrivere termini di condizione che rafforzino questa policy in tutti i contratti con le donne atlete" ha scritto la vice presidente di Nike Amy Montagne in un memo fatto circolare tra gli impiegati e riportato da Bloomberg. "Ci è dispiaciuto sentire l’esperienza (di Allyson Felix, ndr), ma la sosteniamo e la ammiriamo, come abbiamo sempre fatto, per aver parlato. È stato un momento che ci ha reso molto più umili" ha concluso la vicepresidente.

Athlete, Athletics, Track and field athletics, Running, Sports, Sprint, Recreation, Middle-distance running, Individual sports, Outdoor recreation, pinterest
Getty Images