Con tutti i connotati perfetti di una storia firmata Shonda Rhimes, la Casa Bianca ha annunciato di avere una nuova portavoce. Si chiama Stephanie Grisham e sostituisce Sarah Huckabee Sanders che probabilmente si candiderà come governatrice dell’Arkansas, da come si augura Donald Trump. È un momento delicato, per il presidente, che deve stare molto attento a come maneggia la materia bollente della women’s issue. Almeno, bollente per lui, che dopo essere stato accusato di essere un sessista e un molestatore, autore certificato della famosa frase "Grab them by the pussy" (ormai tormentone negli Usa), con cui intendeva che un ricco e famoso può fare alle donne ciò che vuole, è ora nell’occhio del ciclone per l’accusa di aver stuprato la giornalista E. Jane Carrol 23 anni fa. In questi casi si tende a dare più spazio possibile alle donne per non confermare le peggiori teorie che circolano. Purché siano donne fidate. E Grisham lo è. Ma chi è Stephanie Grisham, la donna così misteriosa che i nerd di Wikipedia non riescono nemmeno a scoprirne i titoli di studio e l’anno di nascita, segnato genericamente come 1976/77? Quanta importanza ha, realmente, nello staff dell’uomo più potente del mondo?

Stephanie Grisham è “una di casa”. Di casa Trump e della Casa Bianca. Le biografie ufficiali la indicano genericamente come “portavoce”, “responsabile della comunicazione”. Ma molti fra quelli che la tengono d’occhio assicurano che ricopra un ruolo molto più importante, quello di consigliera del presidente, anche grazie a una certa influenza esercitata su Melania Trump. Fino a questa nuova nomina, Grisham ha ricoperto il ruolo di portavoce di Melania Trump, ed è stata la First Lady stessa ad annunciare su Twitter l'avanzamento di ruolo della collaboratrice/amica. Indicata spesso come “madre single” di due figli, in realtà questa donna che ha iniziato la sua scalata istituzionale alla House of Representatives in Arizona, è divorziata e ha ottenuto la custodia dei ragazzi, di cui uno è già al college. L’opinione pubblica americana l’ha notata la prima volta nel 2017, quando il presidente ha intrapreso il suo primo viaggio in Medio Oriente e a bordo dell'Air Force One c’era anche lei. Secondo molti, questo primo ruolo così prossimo al potere era il sogno che diventava realtà. E per arrivarci aveva fatto un sacco di sacrifici.

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Si tendono a colpevolizzare le ambizioni delle donne come non si farebbe mai con un uomo. Ma sono troppi a consigliare di tenere d’occhio Stephanie Grisham come qualcuna che farebbe di tutto per raggiungere i suoi obiettivi, e che probabilmente ha già in mano più potere di quanto sembri. Nel 2012 era nello staff della campagna per le presidenziali di Mitt Romney. Nel 2014 è stata una dei testimoni della famigerata esecuzione capitale dell’assassino Joseph Wood tramite iniezione letale, che per un errore del boia durò quasi due ore anziché i normali dieci minuti. Nel 2015 era la responsabile dei rapporti con la stampa durante la visita di papa Francesco a Philadelphia. Quando Trump ha annunciato la sua candidatura, Grisham ha chiesto un’aspettativa dalla House of Representatives dell’Arizona per entrare a far parte del suo staff elettorale. L’investimento si è rivelato azzeccato e le ha fruttato un posto nello staff del responsabile della comunicazione del presidente, Sean Spicer, nella West Wing della Casa Bianca.

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A marzo del 2017, Melania Trump l’ha voluta nella East Wings per occuparsi della sua comunicazione, e il presidente gliel’ha "ceduta", anche se con rammarico. Grisham si è fatta subito la reputazione di "guardia del corpo" di Melania, più che di portavoce. Ha preso le difese del suo guardaroba sui giornali e ha fatto parlare di sé a novembre 2018 quando ha chiesto pubblicamente le dimissioni di Mira Ricardel, un membro della sicurezza nazionale sospetta di aver spifferato segreti della First Lady durante un viaggio in Africa, dichiarando aspramente: "non merita più l'onore di servire in questa Casa Bianca". Scheletri nell’armadio: un paio. Grisham ha violato l’Hatch Act, la legge che vieta i dipendenti dell’esecutivo di governo di intraprendere qualsiasi tipo di attività politica, cosa che lei ha fatto usando in un tweet dal suo account personale l'hashtag "MAGA", Make America Great Again, lo slogan della campagna di Trump. Nel 2013, invece, è stata beccata alla guida in stato di ebbrezza e con la patente scaduta, e ancora nel dicembre 2015, nuovamente accusata di guida in stato di ebbrezza. In entrambi i casi si è dichiarata colpevole e prima di collaborare con il futuro presidente ha svelato entrambe le imputazioni. Pare che non abbiano costituito un problema, per lo staff di Trump. Del quale non è difficile immaginare Stephanie Grisham aspiri a prendere il posto, prima o poi.

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