Che sia stata una bersagliera (in “Pane, Amore e fantasia” accanto a Vittorio De Sica), Una Provinciale (nell’omonimo film di Mario Soldati) o una cantante famosa e bellissima (Lina Cavalieri in “La donna più bella del mondo”), addirittura la sorella di Napoleone (Paolina Bonaparte in “Venere Imperiale”) così come la fatina dai capelli celesti nel Pinocchio di Comencini, una cosa è certa: Gina Lollobrigida è nel cuore di tutti. A 92 anni da poco compiuti – pardon, a “trenta, più trenta più trenta più due”, come ama ricordare Gina Lollobrigida tra il serio e l’ironico – è invitata ovunque, tutti la cercano e tutti la adorano, “ma alla fine sono sempre io a scegliere se e dove andare”, precisa. Al Teatro Antico di Taormina, qualche giorno fa, superstar della tredicesima edizione del Premio Cinematografico delle Nazioni, è stata accolta con una lunga standing ovation in cui la cosa che ha colpito di più è stato il fatto che ad applaudirla - tolti gli immancabili nostalgici che la ricordano ancora come un loro sogno, neanche poi tanto segreto di gioventù – c’erano soprattutto molti giovani che probabilmente hanno visto pochi o nessuno dei suoi film, centinaia davvero, storie di un reale pieno di speranze e ancora tanti sogni da realizzare. Tutti insieme e tutti in piedi ad applaudire un’icona (non soltanto) sexy di quel cinema degli anni Cinquanta e Sessanta di cui sono in molti a sentirne la mancanza. Perché, vien da chiedersi, una come lei continua a piacere così tanto? “Perché non ho mai recitato, ma ho sempre interpretato un personaggio, che è poi la cosa più difficile da fare”, ci risponde subito senza pensarci. “Questa è stata la mia regola. In tal modo si ottiene molto più rispetto e un risultato di verità. Sono stata sempre abbastanza prudente, aggiunge, ho avuto tante opportunità e offerte di lavoro, ma alla fine ho scelto sempre le cose che non facevano mai male a me o agli altri”. La stella sulla Walk of Fame che mi è stata dedicata a Hollywood? “Non l’avevo mai considerata. All’inizio pensavo che fosse un premio quasi turistico, poi invece, tornando a Los Angeles, mi sono resa conto del contrario, mi ha fatto molto piacere”.

Siamo sulla terrazza di un ristorante della cittadina siciliana, circondati da paparazzi e da curiosi. C’è chi grida il suo nome o frasi tipo “sei splendida!”, “sei ancora meravigliosa!” e simili. Lei non si scompone e le sopracciglia e la folta chioma, rossetto compreso, restano intatte nonostante si muova di continuo, cercando di prendere con un cucchiaino una delle sei granite che ha sul tavolo. Nell’assaggiarle, scatena un movimento quasi musicale grazie ai tanti gioielli che indossa, dagli orecchini alle collane, dai bracciali agli anelli (quello sulla mano sinistra ha un grande smeraldo) che spiccano sull’abito dorato e rosso fuoco (come lo smalto) con diversi segni giapponesi. La sobrietà e la semplicità, almeno nel vestire, le sono sconosciute. Semplice, però, lo è stata e lo è – come ci spiega – “nella vita”. Quando si trasferì con la famiglia dal paesino di Subiaco nella Capitale con papà falegname e madre casalinga, i soldi scarseggiavano e così lei, per aiutarli, cominciò a vendere caricature disegnate a mano con il carboncino. Questo, almeno, fino al 1947, quando partecipò, ma solo perché convinta da un amico, a Miss Roma, arrivando seconda per continuare poi a Miss Italia dove arrivò terza. A recitare Gina Lollobrigida aveva iniziato già due anni prima in una commedia di Scarpetta, ma i successi veri arrivarono nel 1949, da “Campane a martello” a “Fanfan la Tulipe” (1952). Da quel momento diventò “la Lollo”, un mito assoluto, ancora oggi uno dei volti femminili del mondo dello spettacolo più celebri di sempre. “Nella vita – continua - non si nasce professori e da tutti si può imparare. Ho frequentato capi di Stato come gente comune, della strada, il popolo, ed è anche per questo che sono amata. Ho conosciuto la guerra, ne so qualche cosa. C’è stata sempre la diva e la donna, ma la donna in me ha avuto sempre la meglio”. “Sono sempre stata me stessa – aggiunge nella giornata in cui si celebra il 50esimo anniversario dello sbarco sulla Luna – e con me stessa sono sempre stata severa. Non ho mai guardato ai soldi, ma soltanto alle storie”. Quando Neil Armstrong mise per primo un piede sulla luna, lei era in Messico. “Come molti, guardai il tutto con grande stupore. Quando tornarono, fu Armstrong a chiedere all’allora ambasciatore americano a Roma di poter fare una festa a casa mia e io accettai immediatamente. Non dissi nulla ai miei ospiti, così avere quei magnifici tre (oltre ad Armstrong, gli altri due erano Michael Collins e Buzz Aldrin, ndr) fu una grande emozione. Erano felicissimi e si comportavano come dei ragazzini quando sono in libera uscita o in vacanza”. Armstrong, e non solo lui, era un po’ innamorato di lei, ma tra i due non successe mai nulla, almeno così ci racconta.

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Di corteggiatori ne ha avuti tantissimi – “croci e delizie” – e continua ad averli ancora oggi, “ma è difficile ricordarli tutti”. Con uno (Milko Skofic), un uomo che negli anni Quaranta prestava servizio ai profughi presso Cinecittà, decise di sposarsi e di avere un figlio, Andrea, ma i due poi divorziarono. Ci furono altri amori, dichiarati e non, come quello con l’imprenditore Javier Rigau, più giovane di lei di trent’anni (la Lollo ha anticipato in tal senso la “moda” di avere un toy boy esplosa poi tra le attrici, da Sharon Stone a Valeria Golino), poi naufragato perché lui cercò di truffarla. Proprio in questi giorni, poi, la Procura della Repubblica di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per il suo ex manager 32enne, Andrea Piazzola per fatti che risalgono a pochi anni fa, tra case vendute e milioni sottratti, ma queste sono altre storie. “Me la sono sempre vista da me”, incalza lei, “non ho mai avuto un bisogno di un protettore nella mia vita privata così come in quella pubblica e lavorativa”. Ogni riferimento all’altra diva per eccellenza, ma napoletana, non è puramente casuale, ma guai a nominargliela, guai a chiederle di un’eventuale rivalità. “Non ho mai guardato le altre, ho guardato solo me stessa e gli sbagli da correggere”, precisa alzando la voce. “La rivalità l’hanno sempre fatta gli altri, non certo io”.

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Redazione

L’Italia, la sua Italia, “è cambiata molto, purtroppo”, e quei suoi cambiamenti, ricorda la diva, “non sono allegri, ma questa è la vita”. “Il mondo va avanti, si hanno esperienze dure, ma così si impara a vivere”. L’ambiente, tema centrale del Premio Cinematografico delle Nazioni di quest’anno, organizzato come sempre da Michel Curatolo e dall’Agnus Dei di Tiziana Rocca in memoria di Gian Luigi Rondi, suo grande amico, “va rispettato, ma questo qualche capo di Stato ogni tanto se lo dimentica”. “Spero si si facciano meno sbagli in tal senso perché in questo momento non possiamo proprio permettercelo”. Le molestie sessuali e il #MeToo? “Anche io le ho subite, ma non ho denunciato. Prima non si aveva il coraggio di parlare... Avrei dovuto denunciare due persone, e avrebbero perso entrambe il lavoro. Uno straniero e uno italiano. La prima volta ero innocente non conoscevo l’amore, non conoscevo niente. Quindi era grave. E la persona era molto conosciuta. Avevo 19 anni, andavo ancora a scuola. Della seconda è meglio non parlare. Non li ho denunciati per non rivelare una cosa mia, ma erano due cose abbastanza gravi”. In ogni caso, ribadisce prima di salutarci, sono stata fortunata, perché ho avuto delle esperienze abbastanza tragiche nella mia vita, ma poi le ho superate”. Per cosa le piacerebbe essere ricordata? – le chiediamo. “Mi piacerebbe lasciare la mia testimonianza per quanto ho fatto per il cinema, ma anche per la scultura e la fotografia. Ho una gran voglia di vivere e tutte le difficoltà e gelosie che ho avute le ho superate perché sono tosta, non è che mi si distrugge così”.