Temptation Island? Naaa, io non lo vedo, roba per gente cheap”. Troppo facile dirlo e passare per intellettuali con poco sforzo. Siamo buoni tutti a minimizzare uno dei programmi più trash della storia della tv planetaria - che ricomincia il 9 settembre su Canale 5 nella versione Temptation Island Vip - , sincero quanto le sceneggiate del World Wrestling Entertainment. E poi scopri che a vederlo ci sono persone che nella wishlist di e-shopping ha Infinite Jest di David Foster Wallace: come si spiega? Per tutti quelli che incappano per sbaglio facendo zapping, e non osano fissare lo sguardo sullo schermo per più di quattro secondi (il tempo limite che i germi impiegano ad arrampicarsi sul biscotto caduto a terra) è necessario spiegare che Temptation Island è un reality show internazionale in cui sei coppie (non sposate, famose o non) vengono separate e messe alla prova di solidità con le avances di appositi tentatori e tentatrici. Questa è la sinossi minima della storia. Il programma è prodotto da Maria De Filippi che ne ha condotto la prima edizione nel 2005 (poi seguita da una soppressione nel palinsesto) e ripresa nove anni dopo e poi declinata nella versione Temptation Island Vip 2018, e ora Temptation Island Vip 2019.




Nella scorsa edizione, Temptation Island Vip 2018, condotta da Simona Ventura, mentre questa edizione è condotta da Alessia Marcuzzi, si sono viste cose di cui gli estimatori parlano ancora. “Valeria Marini si era presa una cotta assurda per un tronista spagnolo di nome Ivan Gonzalez, di 26 anni”, riassume la sagace critica di gossip Rossella Martielli, “degno di menzione il momento in cui si sono chiusi in un bagno da cui provenivano strani rumori che la Marini ha giustificato con dei gargarismi assistiti da Ivan. Inoltre, la conduttrice Simona Ventura si è divertita molto a seguire le vicende dell’ex marito Stefano Bettarini che faceva il provolone con alcune tentatrici, cosa che ha fatto piangere la sua fidanzatina, Nicoletta Larini, ma che produceva sul volto della Ventura quello sguardo che voleva dire ‘eh, ne so qualcosa io’. Vedremo cosa ci riserverà questa edizione”.



«Temptation Island io lo guardo. Così come guardo Uomini e Donne e anche L’Isola dei famosi, ma quest’ultimo solo mentre sto facendo altre cose». Quando inizia Temptation Island Maria Laura 33 anni, laureanda in Ingegneria meccanica, ride per i dialoghi delle edizioni non-vip che sembrano rubati dalle barzellette di Totti (“mi prendi a livello epidermico”, “aoh, ma parla in italiano!”). Maria Laura, 70 libri letti all’anno fra romanzi e saggi, autori preferiti Oscar Wilde ed Edgar Allan Poe (Infinite Jest in wishlist ce l’ha), co-autrice in un blog di recensioni letterarie (Sognando Leggendo) non n'è persa una puntata. Conosce le dinamiche delle coppie, fa il tifo per qualcuno di loro e commenta negativamente qualcun altro. E no, non si sente cretina: «Mica sono come quelli che mi hanno bloccata su Facebook per aver detto che Uomini & Donne lo guardo, ma in fondo è robaccia. Fanatici. Quando mi metto davanti alla tv con un pacchetto di patatine, e parte la sigla, dimentico gli esami che devo dare, il Russiagate, le crisi di governo, le mie paturnie personali. Il cervello si spegne. Una volta questo beneficio lo ottenevo guardando Fantozzi. Poi hanno cominciato a esaltarne gli aspetti di critica sociale e l’effetto sciacqua meningi se n’è andato. Manco più Stanlio e Ollio sono roba da relax, sono cult pop pure quelli». Maledetti sociologi. «Lo spirito giusto», conclude Maria Laura, «è guardarlo con le stesse modalità con cui ogni tanto vai a mangiare da McDonald’s. Una volta a settimana si può pure fare. Tutti i giorni, magari no».

Ma da dove è spuntato un programma inimmaginabile fino a 30 anni fa? In molti credono che sia stato importato dagli Stati Uniti, ma non è esattamente così. È vero che negli Usa esiste lo stesso format, con lo stesso nome. Ma in molti restano basiti quando scoprono che una produzione così “trashona” è invece un frutto di menti geniali del Nord Europa. Temptation Island è la versione più pop di Blind Trust, un programma televisivo olandese ideato nel 2000 dalla diabolica Endemol (quelli de Il Grande Fratello, praticamente gli inventori del reality show) ed è andata in onda per la prima volta nel 2001 sul canale SBS V8. Lo conduceva Wouter Nicolaas, un idolo della tv nordeuropea degli anni 90, giovane, bello e biondo, diventato famoso per la serie West Wind del canale tedesco RTL 4. Non riscosse alcun successo, venne soppresso l’anno dopo e il conduttore, ora 50enne, si è persino ritirato a vita privata. L’anno successivo venne ripreso negli Stati Uniti, con un nuovo titolo, e fece il boom, segno che c’è una differenza di gusti innegabile, fra gli spettatori dei vari paesi. Al momento, anche negli Usa i critici televisivi più tolleranti della pluralità di intrattenimento alzano il sopracciglio. Salon lo definisce “un programma brillante quanto un spot della Durex”. Usa Today ne spiega l’esistenza solo perché "I social media hanno influenzato gli appuntamenti, mentre queste persone sono su un'isola senza computer o telefoni". Attualmente, il programma va ancora molto bene in Argentina, Spagna e Portogallo. Da noi, a occhio, quando si comincia a coinvolgere personaggi famosi, come la conduttrice Anna Pettinelli, o Nathalie Caldonazzo, o l'attore dilettante Ciro Petrone di Gomorra, da allora diventato un personaggio da reality, o il cantante Pago, è come fare iniezioni di vitamine a un purosangue un po’ sfiancato. Ma finché la gente si diverte, tant’è. Poi, arriverà qualcosa di nuovo. Da criticare.