Erano anni diversi, quelli d’oro di Martina Navrátilová. Negli anni 70 e 80 lo sport si prendeva con un filo di seriosità, più che di serietà. A parte le intemperanze di George Best, i calciatori non facevano vita mondana, non portavano creste e capelli colorati, John McEnroe faceva notizia perché era scontroso e scendeva in campo con scarpe da tennis di un bianco abbagliante. Niente gonnellini glamour per le giocatrici, le etnie non erano così variegate come ora, le minoranze non avevano soldi da spendere nello sport. E soprattutto, il tennis femminile non contava quanto o più di quello maschile, come oggi. In questo quadro pieno di spigoli, Martina Navrátilová si muoveva con accigliata disinvoltura esibendo la sua vita ma difendendola con la stessa grinta con cui colpiva la pallina. Soprattutto quella sentimentale, chiacchieratissima.

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Quando Martina Navrátilová è nata, il 18 ottobre 1956, la città che le ha dato i natali, Praga, era ancora in Cecoslovacchia. Il suo cognome era Šubertová, ma quando i genitori divorziarono lei se ne andò con la mamma. Poco dopo il divorzio, suo padre si suicidò. Lei e sua sorella Jana assunse il cognome del patrigno, che le ha cresciute come se fossero le sue figlie. La madre di Martina, che si chiamava Jana anche lei, era una sportiva completa capace di sciare con maestria e allo stesso tempo di giocare molto bene a tennis. Provando a far cimentare la figlia in tutto, decise che lo sport più adatto a lei fosse quest’ultimo e ne diventò la sua prima istruttrice. Una tradizione di famiglia che continuava, dato che la nonna Agnes Semanska era stata un’apprezzata tennista. Inizio così, a soli quattro anni, la fiaba di Martina fatta di sudore, calli alle mani, ginocchia sbucciate e palline lanciate con forza contro un muro di cemento. A 15 anni aveva già vinto il Campionato Nazionale della Cecoslovacchia.

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Parentesi doverosa. Negli anni 70 e 80, fra la gente comune, era ancora diffusa una pessima abitudine, quella di dover per forza trovare una ragione, una causa all’omosessualità. Per quella maschile si parlava di mamma soffocante, di trauma infantile, di uno squilibrio ormonale della madre in gravidanza. Per quella femminile di stupri, molestie sessuali in giovane età e il famoso “se avesse conosciuto l’uomo giusto le donne non le piacerebbero”. Per le tenniste, ancora ben lontane dalle varie Steffi Graf o Venus e Serena Williams, c’era quella aggiuntiva: “le imbottiscono di ormoni maschili per migliorare le performance, e diventano maschiacci”. E così sia. Per cui al tempo, in troppi pensavano che Martina fosse una “maschiaccia” da redimere. Per fortuna i tempi cambiano e ognuno pensa per sé. Parentesi chiusa.

Macinando una vittoria dopo l’altra, la nostra eroina dell’Est si ritrova a 18 anni a giocare sia agli Australian Open che alla finale degli Open di Francia, dove perde contro Chris Evert. Siamo nel 1975 e la collega ventenne, già celebre, è una di quelle che sconvolge le teorie di chi vuole declassare le brave sportive alla suddetta categoria di maschi mancati. Chris ha battuto già Billie Jean King e in futuro ammetterà di aver spezzato il cuore a diversi colleghi tennisti, fra cui Jimmy Connors e Vitas Gerulaitis, ma anche celebrità del cinema come Burt Reynolds. Per Martina, una rivale da odiare, la fidanzatina d'America contro cui la ragazza dell'Est non poteva reggere il paragone. Dopo un’altra sconfitta contro Chris agli Us Open, la Navrátilová aveva in testa solo un impegno: mettere in atto il suo piano. Senza rientrare in Cecoslovacchia si recò di filato all’ufficio immigrazione di New York e dichiarò di voler fare defezione dal regime comunista. Negli Stati Uniti non se lo fecero ripetere due volte. Le venne accordata immediatamente la Green Card e nel 1981 Martina Navrátilová era una cittadina americana. Che in doppio si ritrovava a giocare con la sua ex rivale Chris Evert. Negli Usa, la sua forza esplose completamente, facendone una delle più grandi tenniste della storia.

Pochi mesi dopo, il coming out: Martina racconta al New York Daily News di aver avuto una relazione sentimentale con la scrittrice Rita Mae Brown. Dice di essere bisex. La sua nuova compagna, la giocatrice di basket Nancy Lieberman si dichiara invece etero. Insomma, ancora un po’ di reticenza da scalzare, ma il ghiaccio e rotto. Ci vorranno ancora un paio di interviste prima che l’eroina del tennis dichiari serenamente che le piacciono sia gli uomini che le donne, ma che preferisce queste ultime, per cui presume di essere lesbica. Aiutando così un sacco di giovani ammiratrici a uscire dalla confusione personale e dal pregiudizio. Poco dopo, conclusa la storia con Nancy, entra in scena quella che sarà una delle donne più importanti della sua vita, protagonista di una relazione complicatissima: Judy Nelson.

Judy Nelson, undici anni più grande di Martina, originaria di Fort Worth in Texas, non aveva fatto niente, fino a quel momento, che potesse finire sulle pagine di un giornale. Quando le due si incontrano, nel 1982, Judy era sposata con il suo fidanzato storico dall'età di 22 anni e la coppia aveva due figli, Eddie e Bales. La sua era una vita normale, “la tipica vita da moglie del medico in una cittadina molto tradizionalista”, dirà. Il figlio Eddie, che aveva 11 anni ed era appassionato di tennis, faceva il raccattapalle e si ritrovò in servizio su un campo in cui giocava Martina Navrátilová per un torneo minore. Mamma Judy era lì per vedere il figlio, ma negli spogliatoi le due donne si incontrarono, parlarono e rimasero colpite, scambiandosi i contatti. Instaurarono un’amicizia molto intensa, compatibilmente con gli impegni sportivi dell’una e quelli familiari dell’altra. Poi, un giorno, Martina la invitò a vederla giocare a Wimbledon. E Judy non tornò più a casa dal marito e dai figli.

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L’opinione pubblica, che aveva accettato da poco il coming out di Martina, non era così matura da accettare anche una sua relazione fissa, soprattutto con una donna che aveva abbandonato la famiglia per lei. La stessa madre di Judy, sforzandosi di capire la figlia le chiese: “ma chi di voi due è il maschio?”. La tennista, intanto, se ne infischiava e portava avanti la sua vita come meglio credeva, infilando un torneo dopo l’altro della sua ventennale carriera. La stampa cercava di carpire dettagli scabrosi della loro relazione, ma come dirà Nelson in futuro: “non c’è nessuna differenza nel ménage di una coppia etero e una coppia dello stesso sesso, non tutti sono in grado di capirlo”. La vita di Judy, che non vede i figli per un anno, si snoda ora fra gli allenamenti della sua compagna e la presenza fissa ai tornei, dove non è difficile vedere Martina che la guarda di tanto in tanto incantata dalla sua innegabile bellezza, dalle chiome bionde e gli occhi cerulei, o che va a stringerle la mano affettuosamente alla fine del match. Alla fine, la situazione fra Martina, Judy e il marito di lei, Ed, si stabilizzò così bene che i bambini vennero cresciuti da tutti e tre e iscritti alle migliori scuole, da cui usciranno uno avvocato, l’altro dirigente d’azienda. Per colmo della fortuna i due ragazzi, appassionati di tennis, avevano preso la fuga della mamma meglio di quanto si potesse prevedere perché Martina Navrátilová era un loro idolo, e ora potevano sedere sulle sue ginocchia nelle riunioni di famiglia.

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Cosa succede a un certo punto di questa situazione idilliaca? La cosa più semplice: gli amori a volte finiscono. E quando finiscono inizia il lancio del fango reciproco. Un giorno, Martina parte per un torneo e non torna più. “Si è messa con me solo per i soldi e per frequentare celebrità”, dice agli amici per spiegare la fine della relazione con Judy. Una mattina, quindi, Judy si ritrova con le carte di credito bloccate e l’abbonamento della palestra disdetto. La Navrátilová, anche se accecata dall’amore, ha sempre fatto ricorso a uno staff di manager e legali per gestire il suo patrimonio e si sono presi cura loro di tutti i benefit di Judy Nelson. Che ora, a un cenno della loro cliente, vengono sospesi. Chi ne soffre di più sono i due ragazzi, Eddie e Bales, ma non per i soldi, quanto per il distacco da quella che ormai consideravano una seconda madre. Ma la faccenda non è facile da risolvere. Le due donne, nel 1986, hanno stretto un legame “matrimoniale” di quelli che si tenevano simbolicamente prima della legalizzazione dei matrimoni dello stesso sesso negli Usa, e Judy tira fuori un “prenup”, un accordo matrimoniale registrato insieme in videocassetta che la donna porta in tribunale, in una causa con cui chiede la metà del patrimonio della tennista. Ma agli inizi degli anni 90 non esiste alcuna legge che prevede alimenti per i divorzi gay, men che meno per le coppie di fatto, come c’era invece per quelle etero.

Martina piange davanti ai giornalisti, si lamenta di dover svelare dettagli della sua vita privata fin troppo intimi davanti ai giudici. La rabbia di Judy si è scatenata perché a voler chiudere la relazione è stata lei. Judy la biasima di aver trattato come carta straccia i sette anni di dedizione in cui, è vero, era mantenuta ma si prendeva carico di tutto, di ogni seccatura, di tutto ciò che riguardava la loro vita quotidiana in giro per il mondo 11 mesi l’anno, lasciandole una sola incombenza: giocare a tennis. Martina invece racconta ai giudici di averle chiesto più volte di farsi anche una vita sua, di lavorare, di non pesare totalmente sulle sue finanze come una mantenuta, invece di comportarsi come la metà di una coppia che aspirava alla parità, come avrebbe voluto. La tennista aveva persino comprato una casa a Fort Worth per permetterle di trascorrere più tempo con i bambini, ed erano più spesso lì che nella casa principale a New York o quella ad Aspen, in Colorado, tra celebrità sui campi da scii. Durante il processo saltò fuori che durante il picco di innamoramento, Martina sborsava alla compagna dieci milioni al mese. Nessuno, implorava ora, poteva fargliene una colpa, se non l’amava più. Judy però non riusciva a farsene una ragione. Ancora molto bella, diceva a tutti gli amici comuni: ““credevo che la nostra sarebbe stata la storia della vita, invece mi ritrovavo a essere una donna di mezza età con due figli, senza più un marito e senza più Martina”.

Ci sono voluti anni prima che le due ex innamorate si mettessero d’accordo. Chiuse per due ore in una stanza con i rispettivi legali, giunsero a un accordo economico extragiudiziale. Dopo aver incassato la sua parte, Judy si è allontanata drasticamente dai luoghi in cui poteva incontrare la ex e si è trasferita a Charlottesville in Virginia, dove ha aperto un maneggio. Due anni dopo la fine della relazione con la tennista, ha iniziato una storia con Rita Mae Brown, la ex prima compagna di Martina. Lei e la Navrátilová non si sono viste più fino al gennaio del 2008. A fare da tramite è stata la sorella della tennista, Jana e quando nella hall di un albergo di Aspen Judy ha visto arrivare la sua ex compagna, questa era circondata da una ventina di ragazzini che la imploravano per un autografo. “Non era cambiato nulla, era sempre una star”, raccontò al Mirror. In quegli anni, la Nelson aveva pubblicato due libri in cui racconta tutta la sua verità sulla relazione, cercando di puntare più sui diritti delle coppie omosessuali che sul gossip vero e proprio che, per fortuna, ha evitato. Grazie anche a questa accortezza, fra le due si è potuta ristabilire una forma di amicizia. Quel giorno, Martina e Judy, imbarazzate, si chiesero notizie sulle rispettive famiglie, si accordarono per sciare insieme la mattina dopo e cenarono insieme. Ricordarono commosse quando Eddie, il figlio di Judy grazie al quale si erano conosciute, aveva detto a Martina l’ultima volta che l’aveva vista: “ero un piagnone e hai fatto di me una persona migliore”, senza alcun rancore. Nel frattempo, la vita sentimentale di Martina non era rimasta inerte. Judy Nelson è convinta che non avesse nessuna infatuazione quando si sono lasciate, e forse è vero. La storia più importante dopo di lei è quella con l’ex modella e Miss Russia 1990 Julia Lemigova. Si sono sposate nel 2014 in Florida, con Chris Evert e Brooke Shields come damigelle d’onore. Julia ha il suo lavoro, è un'imprenditrice di successo e non ha bisogno di farsi mantenere. Chris Evert nel frattempo si era sposata e divorziata con lo sciatore Andy Mills con cui le aveva combinato un appuntamento Martina stessa. E pensare che a 20 anni si odiavano. Tutto si rammenda, quando c’è di mezzo Martina Navrátilová. L’unica assente al matrimonio era Judy Nelson. Va bene l’amicizia ritrovata, ma sarebbe stato veramente un po’ troppo...