Le urne sono state chiuse a inizio settimana, in queste ore la segreta burocrazia degli Oscar è all’opera. Conteggi da fare, buste da sigillare. C’è un piccolo gruppo che sa ma non parla, nemmeno ai parenti stretti. A Hollywood, gli Oscar sono (giustamente) una cosa maledettamente seria. Negli ultimi anni, però, è nato un nuovo genere giornalistico: le interviste anonime ai membri dell’Academy. Interpellati da diversi siti specializzati, essi dichiarano per chi hanno votato, per chi non avrebbero votato neanche con una pistola alla tempia e se hanno votato per qualche film o attore giusto perché sono amici. Viva la sincerità.

Ma se volete davvero lanciarvi nel gioco dei pronostici e delle scommesse da qui a domenica notte, non fate troppo conto su queste dichiarazioni. I membri dell’Academy sono 7258, numero che si è allargato così proprio negli ultimi anni, prima era più selettivo e quindi, forse, più compatto.

Piuttosto, guardate ai premi di categoria, un’infilata di cerimonie che, dai Golden Globes (assegnati dalla stampa straniera residente a Los Angeles) in poi, si sono susseguite nell’ultimo mese: SAG, i premi del sindacato attori, DGA, quelli del sindacato registi, PGA, quelli del sindacato produttori… E poi ci sono anche quelli assegnati da scrittori a scrittori, costumisti a costumisti e via così. Insomma, guardando i risultati di queste premiazioni, più qualche altro elemento (i BAFTA, i premi inglesi, per esempio, sempre molto significativi), più la capacità (e la voglia) di fare campagna di ogni singolo attore, non è difficile immaginare chi possa vincere un Oscar.

Fare campagna per un Oscar è uno sport per fisici e spiriti forti. Ci vuole uno staff sveglissimo, capace di non perdere nemmeno un’occasione per mettere in mostra il candidato. Ci sono colazioni, pranzi e cene in onore di questo o quel film più o meno a ogni ora, a Los Angeles, per più di un mese. Ci sono, prima che la corsa all’Oscar entri nel suo frettoloso finale, proiezioni in giro per l’America, incontri con votanti e amici di votanti. Non è richiesto ai candidati di fare comizi ma poco ci manca.

Tra i più attivi quest’anno c’è Renée Zellweger: la marcia verso l’Oscar è partita al festival di Toronto lo scorso settembre, dove è stato presentato il film Judy. Da subito si è detto che la sua era una performance da Oscar e, non a caso, ha raccolto tutti i premi possibili nella sua categoria. E non importa che il film non abbia praticamente avuto altre candidature. Tutta la promozione è stata concentrata solo di lei. Infatti, credo proprio che vincerà come miglior attrice. Lo stesso si può dire di Laura Dern, frontrunner nella categoria miglior attrice non protagonista per Storia di un matrimonio: appena il film è apparso su Netflix si è creato subito un clima favorevole, aiutato dal fatto che Dern è stata apprezzatissima (e forse da molti riscoperta) grazie alla serie Big Little Lies e, sempre quest’anno, è anche nel cast di un altro candidato a miglior film, ovvero Piccole donne. È il suo anno, è il suo momento e vincerà. Idem per Joaquin Phoenix: quel Leone d’oro vinto a Venezia dal film Joker ha aperto una corsa ai premi fortunatissima soprattutto per il suo protagonista, per me vincitore sicuro. Brad Pitt, candidato come miglior non protagonista per C’era una volta a… Hollywood è un altro superfavorito (ma potrebbe venire scippato da Joe Pesci), è anche lui in campagna da mesi, addirittura dallo scorso festival di Cannes. In campagna anche il regista del film, Quentin Tarantino che spera e che potrebbe portare a casa anche gli Oscar per la miglior sceneggiatura e/o miglior regia. Quanto al premio più importante, Best Movie, C’era una volta a… Hollywood dovrà fare di nuovo i conti con Parasite, il film coreano che gli ha già portato via sotto il naso la Palma d’oro a Cannes. Parasite è candidato come miglior film straniero ma anche come miglior film in assoluto, in più ha altre importanti nomination (regia, sceneggiatura etc). Sarebbe una notte degli Oscar storica se Parasite vincesse contro C’era una volta a…Hollywood, il film che, più di tutti gioca in casa, fin dal titolo. Quindi non sottovalutiamo il terzo incomodo inglese, 1917. Il mio cuore va a Parasite ma credo che alla fine vincerà 1917. Ai coraggiosi però consiglio di scommettere su Joker, il film che potrebbe ribaltare tutto (e lasciare il premio come miglior regia a Tarantino o a Bonga Joon Ho).