"È morto così come aveva vissuto. In mezzo alla natura". Non avrebbe potuto avere epitaffio migliore di questo, Peter Beard. Il grande fotografo americano, 82 anni, è stato trovato morto domenica nei boschi di Montauk, Long Island, NY. Di lui non si avevano più tracce dal 31 marzo.

Peter era il fotografo dell'Africa. Il fotografo degli elefanti e dei ghepardi. Delle giraffe e dei leoni. Della savana sconfinata e della natura. Ma era anche un viveur incallito, un dandy rubacuori. Uno che ha provato tutte le droghe possibili e immaginabili e che con estrema nonchalance sapeva spaziare dalle foreste incontaminate della Tanzania ai tavoli glitter dello Studio 54 di Manhattan. Uno di quei personaggi, insomma, che sarebbero tanto piaciuti a Somerset Maugham, Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald. Amico fraterno di Mick Jagger e Andy Warhol, Truman Capote e Jacqueline Onassis, Lou Reed e Francis Bacon. Ha vissuto in una vita quello che la maggior parte della gente non ne vive in cento.

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Ron Galella//Getty Images
Peter Beard a Montauk nel 1981

Nato nel 1938 a New York, cresciuto nella East Coast, studi d'arte alla Yale, benestante molto prima che le sue fotografie iniziassero a vendere per centinaia di migliaia di dollari l'una, ha condizionato tutta la sua poetica artistica alla profonda attrazione che aveva per la morte e per il senso di perdita. L'Africa per lui era questo. Lo ha raccontato in modo sublime nel suo lavoro più famoso, The End of the Game, del 1965, (ed. Taschen che proprio ad aprile pubblica la monografia Peter Beard) dove attraverso immagini crude e bellissime, fa l'agghiacciante cronaca del disastro nel Tsavo National Park in Kenya, mettendo al centro di tutto gli elefanti. Un lavoro a 360 gradi, metà diario e metà opera d'arte, dove alle foto, accosta ritagli di giornale, terra, sabbia, colore, foglie, pelli di animale, sangue (anche suo). E annuncia la fine del mito della natura invincibile.

Dei suoi diari dice: "Sono attratto dalle cose futili, adoro l'inutilità dei miei lavori. Comporli è un po' come fare la lista della spesa ogni giorno. Apparentemente insignificante, eppure crea una trama che giorno dopo giorno, alla fine dell'anno diventa un racconto vivido e intenso. È un ispessimento della vita. Mi è sempre piaciuto farlo. È una droga".

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Il libro su Peter Beard edito Taschen in uscita ad aprile, 770 pagine, 100 euro

In Africa ci arriva per la prima volta all'inizio degli anni Sessanta. Collabora con la scrittrice danese Karen Blixen. Vive in un ranch vicino a quello suo in Kenya. Diventa testimone del boom demografico di quella regione che ne determina il disastro ambientale. Ma il modo che ha di ritrarre gli animali è intimo, profondo, tragico. I suoi elefanti, le sue giraffe sembrano esseri umani feriti, sofferenti. I documentari di Quark o del National Geo sono lontani anni luce: i suoi sono quasi reportage di guerra.

La sua prima mostra è del 1975 alla Blum Helman Gallery di New York. Poi inizia un'intensissima attività: contribuisce alla stesura dei diari di Warhol. Gira in tour con i Rolling Stones. Viene ritratto da Francis Bacon e ricoperto di pittura da Salvador Dalí. Nel 1996 viene addirittura aggredito da un elefante e per giorni lotta fra la vita e la morte.

Fino agli ultimi mesi ha lanciato avvertimenti angoscianti e previsioni apocalittiche sulla sorte della Terra. Ma Peter è sempre stato un uomo di grandi contraddizioni. Accanto all'instancabile impegno per la salvaguardia del pianeta metteva la sua proverbiale inaffidabilità. "Non ho mai preso una decisione su qualcosa nella mia vita - ha detto un giorno in un'intervista - La cosa positiva dell'Africa è che puoi scappare per sempre. Puoi fare quello che vuoi, senza che qualcuno ti guardi alle spalle".

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Ron Galella//Getty Images
Peter negli 80's con l’allora moglie Cheryl

Oltre a documentare la fauna evanescente dell'Africa, ha collaborato con grandi magazine di moda e fotografato alcune delle donne più belle del mondo. Da Veruschka a Iman, da Lara Stone a Isabeli Fontana. Ha avuto liaison con moltissime di loro. Fra cui anche Candice Bergen, Lee Radziwill, sorella di Jacqueline Onassis e Cheryl Tiegs (che ha poi sposato). Ma il numero reale è incalcolabile.

"Sono la persona più irresponsabile che abbiate mai incontrato", diceva di sé. Il suo lavoro recente più importante è stato nel 2009, quando è stato scelto come fotografo per il calendario Pirelli in Botswana. Mentre nell'ottobre 2017, un suo collage stampato in gelatina d'argento di cuccioli di ghepardi orfani vicino a Nyeri, in Kenya, è stato venduto per 672.500 dollari superando del doppia stima iniziale.

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Un altro particolare del volume di Taschen in uscita in aprile


Tempo fa Jeff Rosenheim, curatore responsabile del dipartimento di fotografia del Metropolitan Museum of Art, ha definito Beard come "un massimalista che vive la vita al massimo". Mentre anni prima Truman Capote aveva detto che era "l'uomo più incapace di cambiare che aveva mai conosciuto". La definizione più bella in assoluto però è del fotografo e amico Bob Colacello (molte foto di questo articolo sono sue) che di Peter un giorno ha detto:

"È un uomo incredibile, magico: è un incrocio fra Tarzan e Lord Byron". Era proprio così.