Quando si arriva a compiere quarant’anni, si finisce sempre col fare dei bilanci, nel lavoro, in amore, in famiglia (se se ne ha una) e nella vita in genere. Valentina Lodovini di anni ne ha 42 e ce lo dice con orgoglio quando parliamo con lei via Zoom. È sempre più bella e ti fissa con gli occhi scuri come i suoi capelli. “Gli anni che ho non me li sento – ci dice senza mai abbandonare il sorriso – anche se poi, che lo si voglia o no, in faccia arrivano”. Ha la sua stessa età anche Giulia, la ragazza che interpreta in Cambio tutto!, il nuovo film di Guido Chiesa prodotto da Colorado Film e Medusa che dal 18 giugno prossimo potrà essere visto in esclusiva su Prime Video. Giulia è tante donne in una: è quella che ha uno stipendio inferiore ai maschi, quella che ha un compagno che non la aiuta mai in casa, quella che riceve sempre apprezzamenti volgari per strada, ma anche quella che ha un’amica che parla solo di lei senza mai chiederle nulla di sé, quella che ha problemi con la bilancia pur essendo perennemente a dieta e quella che non ha più vent’anni che qualcuno le ricorda sempre.

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Courtesy Photo / Moris Puccio

“Noi donne – spiega l’attrice umbra (è nata a Umbertide) che da anni si divide tra fiction e cinema - siamo le prime ad adeguarci e a trasformarci laddove è necessario, ma questo fa parte della vita che è cambiamento, un cambiamento necessario per sopravvivere e migliorarci”. “Siamo tutti multitasking, non soltanto noi donne – aggiunge – è la vita stessa che ce lo chiede, è un qualcosa che appartiene all’essere umano. Sarebbe un bene non definire i ruoli - continua – e ad esempio, regalare a un bambino quando è piccolo una cucina: capirebbe sin da subito molte cose tra cui l’interscambiabilità dei ruoli stessi, e di sicuro – aggiunge con ironia - diventerebbe un bravo casalingo!”. “Molte cose – precisa – stanno accadendo, ma tanto ancora c’è da fare. Noi donne siamo più del 50% della popolazione globale e siamo votanti, ma si dovrebbe avere il cento per cento nelle Pari Opportunità”.

Il film, scritto a sei mani da Chiesa con Nicoletta Micheli e Giovanni Bognetti, non è un film femminista, ma racconta in maniera divertente e problematica quanto sia difficile essere donna oggi tra mille contraddizioni e, soprattutto, in un mondo in cui l’emancipazione sembra aver fatto grandi passi, ma non sempre quelli essenziali. Un film che affronta con garbo e ironia temi come la parità, la riconoscibilità di diritti per tutti, il rispetto e l’uguaglianza e di cui parliamo con lei il giorno dopo la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America – sentenza che è già stata definita “storica” dai movimenti LGBT+ - secondo la quale non si può licenziare una persona perché gay o transessuale. “Non mi piace fare una distinzione tra le persone in base al sesso e ai gusti sessuali, ma in base a quello che fanno e ai valori che hanno. Detto questo, trovo corretta la sentenza ed è giusto non essere licenziati per quei motivi. La cosa che mi stupisce, però, è che se ne debba ancora parlare. Il fatto che alcune battaglie per il riconoscimento di alcuni diritti siano ancora aperte, mi sconvolge. È necessario, quando serve, scendere in piazza a manifestare e a gridare se qualcosa non va”.

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Courtesy Photo / Moris Puccio

La vita di Giulia, nel film, cambierà completamente quando un counselor olistico le promette di ripagarla di tutte le ingiustizie e di tutte le umiliazioni che subisce nel quotidiano, condite spesso da frasi sessiste e stereotipate tipo quella che le dice il suo capo quando qualcosa non va: “hai il ciclo?”. Da quel momento, tutti coloro che la circondano conosceranno una nuova Giulia che dirà a ognuno quel che pensa, che lotterà per i propri interessi lasciando spesso fluire liberamente tutto quel che ha tenuto dentro in anni di repressione e sorrisi abbozzati. Il film Cambio tutto! è la versione italiana di Una mujer sin filtro, una commedia messicana diretta da Luis Eduardo Reyes che a sua volta è una versione aggiornata e localizzata del film cileno Sin filtro. “Essere senza filtri, assicura la Lodovini, non è mai facile e spesso si finisce col pagarne le conseguenze. Io lo sono, ma non dimentico l’ascolto, per me fondamentale, nel prestarlo, ma soprattutto nel riceverlo. Non essere ascoltata è la cosa che mi ferisce di più e non importa se a farlo sia un uomo o una donna. Non essere ascoltati mi intristisce, ma con gli anni ho capito che dipende dall’intelligenza di chi si ha di fronte. Se uno lo è, ti ascolta. Poi, magari, fa quello che dice lui, ma questo poco importa. Io mi sono data sempre la regola che tollerare sia meglio che amare. C’è sempre molta difficoltà a vedere quello che l’altro è come a farsi vedere per quello che si è. Alla base, secondo me, c’è una situazione di insicurezza”.

E lei, come è? Le chiediamo. “Come Valentina sono vintage, ma come artista mi obbligo a stare nella contemporaneità. Quello che mi spaventa – continua – è il progresso, la velocità, perché ci sono delle cose che hanno bisogno di tempo. Il tempo ha il suo valore, l’equilibrio va cercato e tra la tradizione e l’innovazione, ma occorre continuare ad avere sempre la qualità come faro”. “Questo lockdown mi ha aiutata a capirmi e a conoscermi meglio”, aggiunge. “L’ho vissuto come tutti, nel rispetto di quanto ci dicevano di fare, stando a casa. Mi sono divisa tra alti e bassi, tra solitudine, letture, tutorial per suonare l’ukulele e pianti, ad esempio quando il premier Conte ha fatto il suo discorso alla Nazione dicendo che avrebbero chiuso tutto e poi quando ho ascoltato cantare l’Inno di Mameli alle finestre. Ho pensato e riflettuto molto facendo mia la frase di Kierkegaard 'Sei ciò che mangi', una frase che però ho sempre ributtata nell’anima non lasciandomi mai andare”.

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