Per raccogliere fiori con i quali adornare la loro casa di Jersey City, come le aveva insegnato suo padre; per raccogliere uova e primizie dall'orto per poi cucinare, inoculando la passione materna per la buona tavola. In quel secchiello in vimini con la quale una giovanissima Martha Stewart è ritratta negli anni 60, l'imprenditrice e comprovata "self-made billionaire" da Forbes ha messo le basi dell'impero che avrebbe costruito nelle decadi successive. Nata Martha Helene Kostyra da famiglia cattolica di origini polacche, concepita nel 1941 da Edward e Martha, perfetti rappresentanti della nuova classe media americana, arrivata nel continente carica di ambizioni e sogni di gloria, a 6 anni prende l'ulteriore nome di Grace alla cresima, seguendo un'antica tradizione cattolica ormai in disuso, che utilizzava una sovrabbondanza di onomastica per confermare la propria fede cristiana. Tra il giardinaggio, e la cucina, e le conserve con la nonna, si adatta a fare da babysitter per i figli dei giocatori dei New York Yankees dell'epoca, Mickey Mantle, Yogy Berra e Gil McDougald, e ne approfitta da subito per mettere a frutto le qualità che le ha fornito Madre Natura, lavorando come modella per Chanel. Al Barmond College della Columbia University inizia a studiare chimica ma poi si appassiona all'arte, alla storia, e alla storia dell'architettura, scoprendo una passione per l'interior che poi le tornerà utile quando trasformerà la sua casa nello studio televisivo di Martha Stewart Living, primo programma che la lancerà nell'etere e nelle case di milioni di americani. L'incontro con l'uomo che sposa, e poi la scopre, è del 1960: Andrew Stewart sta studiando legge a Yale ma nel frattempo ha la predilezione per il mondo dell'editoria. Mentre lei cerca di trovare una sua strada lavorando come intermediatrice finanziaria insieme a suo padre – imparando le basi della gestione economica, delle quali diventerà maestra sopraffina, sfidando molte decadi dopo addirittura la legge – il marito fonda una casa editrice. Dopo i festeggiamenti per le nozze la coppia va a vivere nel Connecticut già magnificato dalla narrazione kennedyana, ristrutturando una fattoria del 1805. Tra un accordo economico e l'altro, Martha ha una figlia con Andrew, Alexis, e continua a dedicarsi alla passione della cucina, tanto che nel 1976 con la sua amica Norma Collier, conosciuta nei giorni di gloria delle sfilate giovanili, dà il via ad un servizio di catering per eventi, partendo dalle basi, o dallo specifico, da uno scantinato di Chelsea. Individualista, ambiziosa, Martha ci mette poco a mandare a carte e quarantotto la joint venture con Norma che poi dirà che la signora della televisione, santa protettrice di massaie ambiziose e proprietarie di casa ossessionate dalla corretta preparazione del Brisket, "è una persona difficile con la quale lavorare". Martha la silenzia con grazia, quella del suo nome, comprando le sue quote e cominciando a lavorare in solitaria. Nel frattempo suo marito Andrew, divenuto presidente della famosa casa editrice newyorchese Harry N. Abrams Inc le da manforte, promuovendola a fornitore ufficiale di catering e buffet per gli eventi del lancio dei libri. A uno di questi rendez-vous letterari Martha Stewart incontra Alan Mirken, allora a capo di Crown Publishing Group, che, conquistato chissà se dai voul-au-vent al tonno o dalla salsa tartara, le chiede di scrivere un libro di ricette aggiungendovi le foto delle feste da lei organizzate: Entertaining, del 1982, è il suo battesimo del fuoco, che poi la porterà a divenire autrice prolifica e di discreto successo, anche su diversi giornali, tanto da entrare nella visuale dell'altra signora americana, più regina dei salotti, che delle cucine: Oprah Winfrey. Non vedendo in lei una competitor, vista la differenza di stanze che occupano nella televisione e negli appartamenti dei telespettatori, la invita nel suo show, come farà anche Larry King.

american media mogul and businesswoman martha stewart kneads flour in a fully stocked kitchen, august 1976 photo by susan woodgetty imagespinterest
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Martha Stewart nel 1976 nella sua casa in Connecticut

Guru conclamata di tutto ciò che riguarda la casa, paladina pop dei giardini, e cult dei duplex forniti di necessaria staccionata bianca, nel 1990 però il destino decide che è venuto il momento di farle andare di traverso un boccone. Il suo libro sui matrimoni esce lo stesso giorno nel quale il suo finisce, per effetto legale del divorzio, anche se con Andrew erano separati già da 3 anni. Questa nuova condizione non intacca la sua fama, che anzi diviene sempre più trasversale: dai libri al magazine (sempre Martha Stewart living perché quando le cose funzionano, non ha senso cambiar loro nome) di cui è direttrice. Nel 1995 il New York Magazine la mette in copertina incoronandola come "the definitive American woman of our time", titolo che oggi Gwyneth Paltrow tenta di insidiare – e infatti Martha la ama poco, pochissimo – pur rimanendo troppo wasp per entrare nei cuori delle casalinghe del New Jersey, poco inclini a comprare rulli e uova di giada, così come candele al profumo di zone anatomiche molto ben definite. Nel 1999 mette tutti i suoi progetti sotto il cappello di un'unica azienda, la Martha Stewart Living Omnimedia, di cui è Ceo e direttore creativo, detenendo il 61% delle azioni e il 94% del potere di voto: poco dopo si quota in borsa a New York, con azioni che costano 38 dollari l'una, tramutandosi nella prima donna miliardaria self-made in America. E però tanta Grazia, come aveva scelto nel suo nome, fa già dire nel 1999 al Tyler Durden interpretato da Brad Pitt in Fight Club che quella storia di successo è destinata a scontrarsi con un tempo che forse, Stewart non sa più interpretare. «Fanculo Martha Stewart. Martha sta lucidando le maniglie sul Titanic. Va tutto a fondo, bello.» E in effetti qualche anno dopo, Martha protettrice delle working girl che devono far combaciare famiglia, lavoro, e interessi amorosi –si frequenta con Charles Simonyi, a capo della sezione software di Microsoft per 15 anni, senza decidersi a compiere mai passi ulteriori – inciampa in una denuncia per frode fiscale che coinvolge pure la Borsa di New York, nel cui Board of Directors è entrata a far parte da soli quattro mesi. Il SEC, Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti, l'ente federale che vigila proprio sulla correttezza delle operazioni in borsa, si accorge nel 2001 di una sua repentina e provvidenziale vendita di 3.928 azioni del ImClone System, agenzia farmaceutica, che il giorno dopo crolla del 16%, e fiuta una pistola fumante. Ad avvisarla in anticipo del crollo è il suo broker Peter Bacanovic, che, in uno scenario degno del Wolf of Wall Street di scorsesiana memoria, aveva a sua volta saputo che il CEO di ImClone System, Samuel D.Waksal, avrebbe venduto le sue quote, in previsione di un'indagine della Food and Drug Administration, che gli avrebbe causato ingenti perdite.

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Martha Stewart nel 2018

Il processo-show dura sei settimane, e ci si immagina le casalinghe del Texas tifare per la loro eroina colpevolizzata dal sistema per il solo fatto di essere ricca, donna e potente. Purtroppo le prove della sua colpevolezza, e anche del suo tentativo di intralciare le indagini, sono consistenti: Martha è dichiarata colpevole di diversi capi d'imputazione, dal complotto all'intralcio alla giustizia passando per la falsa testimonianza. Prima di dirigersi nel penitenziario del West Virginia dove è stata allocata, lascia il titolo di Ceo della sua compagnia, ed è costretta a ridare allo Stato i 58 mila euro che aveva indebitamente risparmiato con la soffiata del broker, più il triplo di quella stessa cifra come indennizzo per la causa civile, e viene interdetta per 5 anni dal ruolo di CEO di qualunque compagnia. Martha non è donna da farsi abbattere da cinque mesi di prigione (a cui poi seguiranno cinque di arresti domiciliari e due anni di condizionale): nel carcere di minima sicurezza si guadagna il nickname di M.Diddy – le cui ragioni rimangono avvolte nel mistero – e da nuovamente prova delle sue doti di leader, facendo da intermediario tra le richieste delle carcerate e l'amministrazione.

La vicenda, che ha sicuramente ispirato la terza stagione di Orange is the new black – che vede arrivare a Litchfield la vivace presentatrice Judy King, condannata per frode fiscale – mette uno stop alla sua carriera, che riprende con una certa difficoltà con una stagione di The Apprentice, mai rinnovata, e dei programmi sulla NBC. Martha torna a quell'originale secchiello in vimini, dove tra i cocci rotti di una carriera che cerca di rimettere in piedi, prova a tirar fuori dei nuovi talenti, adatti al millennio. Nel frattempo in maniera inspiegabile ma ironica, diventa amica del rapper Snoop Dogg, e ce la si immagina raccontare al cantante afro-americano crudi aneddoti dei suoi giorni di prigionia, mentre lui la osserva ammirato, e insieme nel 2016 conducono su VH1 il programma Snoop's Potluck Dinner Party, programma che ingloba ricette per il Thanksgiving e ospiti musicali. Nel frattempo non smette di lanciare dardi avvelenati a Gwyneth, in realtà solleticata dai giornalisti americani sempre alla ricerca di un succoso scontro al femminile.

«Vuole fare da arbitro del lifestyle? Bene, si accomodi, quella categoria l'ho inventata io»

sancisce Martha traslandosi in un Pippo Baudo d'Oltreoceano. Quando TMZ le chiede, salace, chi sia secondo lei, tra loro due, una miglior maestra di vita, risponde un po' seccata «per insegnare, devi aver vissuto», per poi concludere con la frecciatina per la quale è più nota, forse perché è quella che colpisce più vicino al segno. «Se Gwyneth Paltrow fosse stata sicura del suo talento di attrice, non avrebbe provato a diventare Martha Stewart». Martha, insomma, non si spaventa di niente, o quasi: negli Anni 90, quando al cinema arriva Il silenzio degli innocenti, rimane talmente sconcertata dalla performance di Anthony Hopkins, suo fidanzato all'epoca, da decidere di lasciarlo, perché incapace di distinguere tra il suo compagno e l'assassino cannibale del film. E poi, in fondo, a cucinare, in casa, ci pensa da sempre lei...