Con il tempo che passa, sbiadendo i contorni dei ricordi, sembra quasi che Moana Pozzi non sia mai esistita, che sia il personaggio inventato di una serie tv o di un cartoon. Era inarrivabile e intangibile da viva, è diventata un concetto astratto da morta, un mistero irrisolto (è morta davvero?) e una figura inconfondibile con altre dive. Alcune attrici coraggiose l'hanno interpretata negli anni, e ce ne saranno ancora. Ci ha provato per prima Letizia Letza, una concorrente del Grande Fratello 2, che era già attrice ma nella "casa" passava per parrucchiera, e mostrò quanto fosse brava con uno spettacolo commovente che non ebbe abbastanza fortuna. Ci ha provato Violante Placido nell'edulcorata miniserie Sky Moana, cavandosela anche lei egregiamente. Ci hanno provato altre attrici con copioni ispirati alla sua storia, con nome diverso. Adesso è la volta di Euridice Axen, attrice apprezzata anche da Paolo Sorrentino (l'abbiamo vista anche in Loro e The Young Pope), che in teatro interpreta la pornodiva scomparsa nel 2014 nello spettacolo Settimo Senso, tratto da un racconto di Ruggero Cappuccio, con la regia di Nadia Baldi. Ce ne ha parlato, camminando un po' sui carboni ardenti, perché chi la intervista ha conosciuto Moana molto bene (Ps. è stata promossa).

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Come è stato, prima di tutto, tornare in scena dopo un periodo di stop surreale, con Settimo senso?
Meraviglioso, inaspettato e precipitoso, mi hanno chiamata: “lo spettacolo si fa”. Così siamo andati in scena a Napoli al Teatro Festival e dovevano esserci altre date, se non fosse per la situazione. Recupereremo l’anno prossimo. Però sono molto contenta di essere riuscita a venire a Napoli, una bella vetrina, un bel contesto. È uno spettacolo che ho amato subito, appena me l’hanno proposto.

Non è una domanda a trabocchetto, giuro: come immagini Moana, tu che non l’hai mai conosciuta?
(Ride) Mi sono creata un immaginario dalle cose che ho visto, non pornografiche, ma dalle interviste, le sue apparizioni televisive in prima serata. Quello che mi colpisce di lei è il contrasto tra la sua persona, la sua raffinatezza, la sua allure da diva anni 50, la sua pacatezza, la morbidezza, e poi il suo mestiere, non inteso dal punto di vista moralista, per me avrebbe potuto fare la muratrice. E poi mi affascinava il suo sorriso enigmatico, mi dava la sensazione di essere sempre sul punto di scoppiare a ridere in faccia a chi le faceva le domande, aveva sempre queste pause con l’espressione ironica da cui non si capiva se ti stava rispondendo sul serio. Poi però rispondeva con grande convinzione, magari stava dicendo la verità. Per cui ti rimaneva il dubbio se fosse sincera o si stesse prendendo gioco di tutti.

Come ti sei preparata al ruolo?
Principalmente seguendo il testo, che è molto particolare. Moana è un’icona che all’interno della storia è il pretesto per denunciare la “vera pornografia”, che non è quella che faceva lei perché era qualcosa di leale, non come le false promesse di certa politica, ad esempio, il voltare la faccia dall’altra parte quando si dovrebbe intervenire; questo è il manifesto dello spettacolo. È un dialogo ipotetico fra Moana e uno scrittore che lei trascina in questo gioco che si chiama, appunto “settimo senso” inteso come condivisione con l’altro. Infatti lei dice che non tutti sono capaci di provarlo perché ognuno è chiuso nella propria individualità e nel proprio egoismo. Rimane la questione in sospeso: lui entrerà in questo settimo senso? Accetterà l’idea di aver forse incontrato davvero Moana, oppure cederà alla “pornografia”, venderà il segreto che è ancora viva al primo giornale che cerca lo scoop?

La tua Moana, in scena, parla del suo punto di vista sulla pornografia: tu pensi di essere riuscita a immaginare cosa ne pensava?
Di quello che lei lasciava trasparire forse sì, però non so, come dicevo prima, se fosse la verità. Quello che dichiarava pubblicamente era il suo pensiero reale, diceva di non avere nulla contro la pornografia, mostrava una grande libertà e una grande tranquillità, poi non so come viveva lei sul set il rapporto con il sesso, se era a suo agio e si divertiva - questo forse lo sai meglio tu -. Lo spettacolo però non è un’imitazione di Moana, non le faccio il verso, a volte ho inserito anche il pupupidu di Marilyn Monroe, la sua frase “mi vedevano come mi volevano vedere”. Lei si prende in giro da sola nello spettacolo: “okay, vi parlo di cose serie ma adesso tette, adesso culo”, c’è molta ironia. Non mi prendo mai sul serio, come mi sembra che non si prendesse mai sul serio anche lei.

Tu come quasi tutti, avrai visto dei film porno: quanti anni avevi quando ti è successo per la prima volta?
Avevo 12 anni, me lo ricordo benissimo: la mia amichetta del cuore aveva trovato delle cassette dei genitori in cima a uno scaffale, per cui ci siamo sedute sul divano e ne abbiamo vista una. Eravamo imbarazzate e alzavamo i piedi per coprire lo schermo quando qualche scena ci faceva un po’ senso, ma allo stesso tempo volevamo vedere, per cui lo abbiamo visto tutto, anche se parzialmente censurato dai nostri piedi!

Eri molto giovane al tempo, ma che ne pensi del fatto che quando Moana era viva nessuna attrice mainstream dell’epoca voleva essere fotografata vicino a lei, ma quando è morta si sono offerte in tante di interpretarla?
Mi viene da dire: ipocrisia? Ma non mi stupisce. D’altra parte, quasi tutti i grandi artisti sono stati valorizzati di più dopo, quando sono morti, e molte devono aver realizzato che era molto amata. La morte conferisce un’aura magica e di rispetto. Quando sono morti, sono tutti meravigliosi. Ma credo che in questa epoca fatta di selfie non sarebbe stato così, non credo che ci sarebbe stata questa reticenza a fotografarsi con lei.

Interpretandola, non hai la sensazione di usarla?
No, per niente, non è stata l’intenzione nemmeno dell’autore. Anzi, sento una grandissima responsabilità. È la prima volta che interpreto una persona realmente esistita, lo spettacolo non è tanto per me, per l’attrice, ma perché volevo restituire quello che penso di lei. Per cui sfruttarla, sceglierla come “nome che tira” sarebbe stata una sconfitta, un errore nei suoi confronti.

Moana aveva un carattere molto particolare, non amava essere “interpretata” o “imitata”, su questo era molto dura, se fosse viva e venisse al tuo spettacolo per dirti con la sua consueta pacatezza: “non mi è piaciuto”, cosa le risponderesti?
Ah sì? Non l’avrei immaginato, che strano. Le direi che mi dispiace molto. Poi le direi “ma sei sicura? Lo vuoi rivedere di nuovo?”.

Entrando nei panni di una pornodiva, sei riuscita a capire quali sono i motivi che portano una donna a scegliere questo tipo di lavoro?
Sì, me lo sono domandato subito e sono giunta alla conclusione che il porno sia una scelta, e nel caso di Moana forse ci si è trovata, forse suo malgrado. So che era di buona famiglia, papà ingegnere nucleare e mamma casalinga, però ho pensato che questa ragazza arrivata a Roma in cerca di fortuna, a un certo punto abbia sentito il desiderio di fare i soldi e che trovandosi davanti all’occasione di girare un film porno abbia detto “perché no?”. Senza pensarci troppo, senza chiedersi se le piaceva o no, come se qualcuno ti chiedesse “vuoi vendere dei candelabri?”.