Probabilmente, se una come Asia Argento fosse vissuta al tempo di Euripide, sarebbe stata scelta dal poeta e drammaturgo greco per le sue storie che criticavano il compendio dell’etica tradizionale. Oggi, l’attrice e regista romana, è come se avesse fatto tesoro di quell’antico narrare e, nonostante il successo, non si è mai trasformata in un’eroina o in una marionetta nelle mani di una divinità chiamata “potere” ma ha preferito essere ed affermarsi come essere umano animata da passioni e ed emozioni, razionali e irrazionali, schiette e dirette.

Asia Argento è fedele a se stessa, punto. Ed è per questo che può piacere o meno. “Cerco di non vedermi”, ci dice a telefono con il suo inconfondibile tono di voce. “Cerco di guardare di più il prossimo: ciò che riflette è ovviamente sempre una visione di me, proprio come accade nei sogni che rivelano una parte di ognuno di noi. Guardare gli altri mi aiuta a capire meglio me stessa”. “Oggi sto bene: ho fatto pace con tutto quello che era il passato e non ci penso neanche più. Non ho risentimenti o rancori, non ho nostalgia, sono in pace: quello che è successo mi ha portato qua”. L’analisi è stata la soluzione, ma trovare “la persona giusta”, quella con cui confidarsi ed aprirsi per cambiarsi e migliorarsi, “non è stato semplice”. “Alla fine – aggiunge – ho fatto molte cose che mi hanno portato alla cura dell’anima”. Proprio come Euripide, non ha molta fiducia nel presente storico. “Basta guardare quello che succede attorno a noi”, ci dice. “Durante il lockdown c’è stato un barlume di speranza che la pandemia ci avesse uniti facendoci riflettere sull’importanza del prossimo, sul collaborare e su altre cose che fanno crescere l’essere umano. Si pensava che potessimo realizzare tutti insieme un’uscita dall’individualismo offrendo più amore per gli altri, ma mi illudevo. La violenza nelle famiglie, in particolare sulle donne, è cresciuta molto, per non parlare dei casi di giovani che si ammazzano di botte tra loro. C’è stata un’eruzione di violenza, ma il mio Paese lo vedo comunque meglio degli Stati Uniti”.

Due anni fa curò una sezione del Torino Film Festival che decise di chiamare proprio “Amerikana”, un insieme di film vero e proprio viaggio negli Stati Uniti tra le sue infinite contraddizioni fatte di aperture, bigottismi, arretratezza economica, tecnologia esasperata, violenza, mentalità rurale e ultracattolica. “Volevo raccontare un po’ quest’America mostruosa che è venuta fuori ancora di più con Trump”, ci dice. “L’America Oggi – citando il titolo del film di Altman - fa davvero paura e vediamo cosa ha portato ad avere un presidente del genere a cui interessa solo il suo potere personale, un uomo che fa le cose senza umanità ed empatia”. “L’America – continua - è un Paese fondato sulla violenza e con la violenza. Si pensi ai colonialisti che con la violenza delle armi hanno conquistato un Paese e hanno fatto il genocidio più grande della Storia dei nativi americani fino ad arrivare agli schiavi. Quella violenza è insita nell’americano bianco e questa sopraffazione la mette in molte delle cose che fa: si pensi a come si sta comportando la polizia con i cittadini di colore e non solo. Adesso, lì, c’è una specie di guerra civile dovuta anche al Covid-19 e a come l’hanno affrontato. È impensabile che accada una cosa del genere in un Paese che dice di essere così evoluto e che ha sempre sostenuto e sostiene la sua superiorità. Anche noi in Italia lo abbiamo affrontato pensando che fosse una banale influenza – sono stati in molti a sostenerlo – ma poi, quando si è visto cosa stava succedendo davvero, abbiamo iniziato a rispettare le norme che ci venivano imposte. In America no: hanno reagito con la solita sufficienza di chi pensa di essere sempre migliore e superiore agli altri e adesso si ritrovano con una situazione che è un disastro”. “Siamo soggiogati - aggiunge - siamo colonizzati nell’inconscio anche da un certo tipo di estetica americana che è l’estetica del consumismo, come se fosse tutto bello e perfetto solo quello che fanno e ci propongono loro, ma a ben vedere, non è così. È l’estetica della proprietà, dell’essere omologati. A me non piace e quindi mi ribello a quel modello estetico, politico e di pensiero, non mi ci riconosco”. “Gli stessi film americani - tiene a precisare - raccontano da sempre il nemico che arriva da fuori e che vuole distruggerli – siano essi alieni, terroristi o calamità – quando invece non hanno mai capito che la distruzione potrebbe arrivare da loro stessi. Il vero nemico degli americani sono gli americani ed è questo che si sta rivelando ora. È un Paese fondato sulla violenza, ma è difficile estirpare questa violenza quando si ha nel DNA”.

La violenza c’è anche in Elettra, la tragedia di Euripide. Rileggendola, assieme a quella di Sofocle e di Eugene O’Neel, Asia ha realizzato il cortometraggio “Aelektra” per lo stilista Antonio Grimaldi che è stato poi presentato sulla piattaforma parigina della Fédération de la Haute Couture et de la Mode. In quegli otto minuti, la regista di film come Scarlet Diva, Ingannevole è il cuore sopra ogni cosa e Incompresa e di cortometraggi (ricordiamo con un certo piacere Abel loves Asia e La tua lingua sul mio cuore), ha diretto attrici e abiti da lei indossati e interpretati con la figlia Anna Lou Castoldi (che vedremo in autunno nella nuova stagione della serie Netflix Baby), rappresentando il rapporto conflittuale madre-figlia in riferimento al noto mito greco. “È un corto nato alla fine della pandemia”, ci spiega Asia. “Una delle prime uscite post lockdown è stata una cena da Antonio Grimaldi che mi ha proposto di fare un film per la sua collezione. Insieme, siamo partiti da un’idea sul ritorno alla gloria con vari riferimenti. Ha subito accettato che ci fosse anche mia figlia, perché con lei - che stava preparando la maturità durante il lockdown ho avuto modo anche di rileggere e riscoprire testi di filosofia e dell’antichità greca”. Da lì, l’idea. “Era la prima volta che ci incontravamo con altre persone, sul set c’era un piccolo cast, abbiamo girato in due giorni. Ho detto a Anna Lou che saremmo andate ad esplorare quel rapporto tra mamma e figlia, e lei mi ha seguito”. Il risultato è il racconto di una storia, ma soprattutto il racconto di abiti che in tal modo sono esaltati, perché – spiega – “è un film che sostituisce le sfilate quindi gli abiti scultorei di Antonio andavano fatti vedere”. Ed eccoli, quindi, gli abiti in primo piano con tessuti dai tagli insoliti arricchiti da colletti e piume che vanno ad arricchirne il valore. C’è il bianco della figlia che ne esaltano la purezza inquieta e c’è il nero della madre, impreziositi qua e là da svariate sfumature di rosa, un colore che caratterizza anche il coro della storia. Girato a Roma con una parte ambientata al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, stessa location del Premio Strega, il corto ci ricorda ciò che siamo e che possiamo essere, poco importa se compresi o meno, e i legami non sempre semplici – ma assolutamente necessari – con la famiglia e con chi abbiamo vicino. Elettra non ha nulla di compassionevole: donna oscura e lucidissima, era una figlia devota al padre. Asia no. “Con papà (il regista Dario Argento, ndr) – dice - non sono stata devota come figlia: lo stimo tantissimo, ma siamo due compagni di lavoro da quando avevo 16 anni e quando ci vediamo parliamo spesso. Con mia madre (Daria Nicolodi, ndr) abbiamo un rapporto che è basato di più sull’intimo. La vera devozione ce l’ho per i miei figli e per il cinema”. “Sono sempre stata fiera delle mie origini, ma poi uno vuole affermarsi. Ho dovuto lottare per arrivare dove sono oggi. Spesso sono stata incompresa, ma volevo fare solo del bene. C’è questo insensato bisogno che bisogna per forza essere accettata da tutti, ma non è il mio caso. Sono troppo sincera e se c’è qualcosa o qualcuno che non mi piace, lo dico”.

Si è mai pentita di qualcosa? – le chiediamo prima di salutarci. E lei: “Assolutamente no. Tutti i miei errori, tutti gli orrori e i dolori che ho vissuto mi hanno portata sin qui. Si vede che erano necessari”.