Jo-Issa Rae Diop è una di noi. Lo si pensa appena ci si sintonizza sulle frequenze che trasmettono la serie tv Insecure (in Italia Sky Atlantic, in America la serie è arrivata alla quarta stagione, prodotta da HBO), e ci si immerge tra i murales e i club di latitudini totalmente diverse – la serie è ambientata a Inglewood, città a sud della contea di Los Angeles, dove Issa Rae è realmente cresciuta – tra le highway e le sopraelevate che circondano la città degli Angeli, tra strade oggi preda della gentrificazione selvaggia di cui abbiamo solo sentito vagamente parlare. Le coordinate della vita di Issa – la protagonista della serie si chiama così, per un non troppo casuale processo di mimesi – sono diametralmente opposte alle nostre, eppure ci parlano molto più di tanti prodotti televisivi "made in Italy", fatti con l'unico scopo di raccontarci l'hic et nunc di chi siamo, e che invece dei millennial non sembrano aver capito molto. Ne è convinta anche la giuria degli Emmy Awards, che ha inserito lo show in lizza per otto categorie (tra le più importanti ci sono quelle per la migliore serie comica, miglior attrice protagonista, miglior casting per una serie comica, e miglior attrice non protagonista per Yvonne Orji, alias Molly Carter, la migliore amica inguainata in completi da avvocatessa volitiva, e in tutte le insicurezze dei trentenni, nel 2020, più diverse categorie più tecniche).

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La boa dei 30 e le domande esistenziali; una relazione di lungo corso che ha perso smalto; il confronto con amiche che appaiono arrivate, più soddisfatte, più risolte – e che invece semplicemente annacquano le stesse insicurezze con metodi diversi, magari indossando corazze protettive, magari rifugiandosi in stereotipi relazionali rassicuranti, ma chissà poi quanto soddisfacenti –un ufficio nel quale ci si reca per inerzia; ambizioni messe da parte per rientrare nei canoni, senza poi riuscirci davvero, ad adeguarsi a quello che gli altri chiamano "vita"; gli uomini che appaiono e scompaiono, tra episodi di ghosting e cotte d'adolescenza che ritornano per ricordarci quella volta che non abbiamo avuto il coraggio, e che forse, chissà come sarebbe andata (lo spoiler è che, se non è successo, un motivo, seppur inconscio, c'è sempre stato). Issa parla alle trentenni di ogni latitudine, anche se la novità assoluta nel panorama televisivo è che rifiuta e sconfessa i facili stereotipi accomunati alla sua comunità, quella di colore («ho sempre avuto un problema con chi diceva che è difficile per gli altri relazionarsi alla comunità di colore, perché davvero non lo è») come d'altronde ha fatto l'attrice Issa Rae Diop nella vita reale: nata nel 1985 da un medico senegalese e da una insegnante della Louisiana che si sono incontrati negli anni dell'università, in Francia, ha vissuto qualche anno proprio in Senegal, per poi arrivare in Maryland e trasferirsi a Los Angeles, dove suo padre esercitava la professione nel suo studio pediatrico. Da bambina giocava a hockey e frequentava le case di amici ebrei, invitata anche alle loro feste religiose, senza farsi molte domande su chi avrebbe dovuto essere o frequentare per rispettare l'immagine comunemente accettata sia all'esterno della sua comunità, e anche al suo interno, dove spesso si è sentita accusata di "non essere nera abbastanza" – e in effetti tra i suoi miti ha Donald Glover, il più eclettico artista di colore che gli Anni 10 abbiano prodotto, a suo agio con la recitazione (Atlanta, altro spaccato iper-realista sulla vera black community) di oggi tanto quanto con la musica, dove adotta l'alter ego di Childish Gambino. «Non mi sentivo rappresentata, non vedevo nessuno come me sui principali canali televisivi» spiegava a chi le chiedeva come le fosse venuta l'idea. In realtà Insecure è basata in parte su Awkward black girl, serie web progettata dalla stessa Issa, dopo la laurea in studi afro-americani a Stanford e la borsa di studio guadagnata al Public Theater di New York, e che metteva al centro del racconto Jay – sempre interpretata dalla Rae – ventenne losangelina alle prese con le eventualità più imbarazzanti del quotidiano. Una serie che, per finanziarsi, ha dovuto lanciare una raccolta fondi su Kickstarter e che a un certo punto è stata intercettata da Pharrell Williams, che, sentendosi chiamato in causa, in quanto ugualmente incapace nell'inserirsi nella narrazione comune della "blackness" odierna, ha deciso di ospitare gli episodi sul suo canale YouTube, I am OTHER. «La gente non capisce» raccontò lo stesso Pharrell, parlando dello show di Issa, «ho provato a sviluppare una serie tempo fa, ma nessuno crede alla nostra esistenza, anche io mi sento un "awkward black guy". Quando ho visto la sua serie ho pensato che era esattamente come avevo immaginato il mio prodotto. Urlavo dentro, mentre guardavo gli episodi dallo schermo del cellulare».

Così Insecure con il suo " humor affilato e fresco" come l'ha definito il New York Times, fa parte di quella nuova narrazione al femminile che nasce dalle ceneri di Girls di Lena Dunham – «ho visto Girls, amo le idee di Lena, magari avrebbe potuto esserci più diversità razziale nella serie, ma credo fosse una colpa da imputare al network, più che a lei: a volte sono riuscita a immedesimarmi, altre meno e guardavo i protagonisti come si guardano gli animali allo zoo» – e dal Fleabag di Phoebe Waller Bridge, senza l'accento inglese e lo humor abrasivo che nasconde traumi dall'impatto emotivo devastante. Nel mezzo, c'è stata la scrittura di una serie, I hate L.A. guys, poi mai prodotta, con la matrona del piccolo schermo Shonda Rhimes, rispetto alla quale Issa ha espresso parole che potremmo sentirci dire da una delle nostre amiche mentre si sorseggia del vino all'aperitivo, anche senza l'affiliazione geografica: «Li odio i ragazzi di Los Angeles, davvero. Quest'aria sempre rilassata, la sicurezza con la quale parlano e si atteggiano. Non pensano di doverti "meritare". Specialmente questa generazione, non usano più corteggiare le donne ». Tra i futuri progetti lavorativi di Rae si affastellano già il ruolo di produttrice esecutiva in Rap Sh*t, serie di HBO che segue un gruppo rap femminile che arriva dal sud della Florida con parecchi sogni di gloria, e quello di attrice in Coastal Elites, serie che sbarcherà sempre su HBO questo settembre e che racconterà di cinque persone divise tra New York e Los Angeles durante la pandemia da Covid-19. Fresca di annuncio è invece la sua partnership con Jordan Peele, osannato regista di Get Out, che girerà con lei Sinkhole, thriller dai risvolti psicologici – il genere prediletto da Peele – che però parlerà molto anche di identità di genere e di women empowerment.

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Jamie McCarthy//Getty Images
Issa Rae nel 2017 a New York

Nella vita privata, fortunatamente, Issa ha avuto esperienze migliori di quelle del suo alter ego di Insecure: promessa sposa del suo fidanzato di lungo corso, il businessman senegalese Louis Diame, ha mostrato per la prima volta l'anello di diamanti l'anno scorso, sulla copertina del magazine Essence. In realtà la relazione è sempre stata vissuta con un certo riserbo, lontano dai red carpet: «ricevo feedback in continuazione. L'unico ambito nel quale non mi interessa ricevere suggerimenti è quando si parla delle persone con le quali vado a letto. Quello riguarda me e basta». Non solo l'amore, però: anche l'amicizia tra donne ormai adulte, i giudizi che, tacitamente, esprimiamo, sugli stili di vita di amiche a cui siamo affezionate, pur, ancora, essendo totalmente diverse, sono al centro della narrazione di Insecure. E del rapporto con la figura femminile e della sorellanza spesso invocata tra donne quasi come obbligatoria, ha parlato all'Huffington Post, affermando che «parlare di donne che hanno la responsabilità di aiutare altre donne, è un errore in termini. Responsabilità è una parola forte: e invece dovrebbe essere un desiderio naturale. Non mi sento incaricata di farlo, ma ho voglia di farlo: è diverso. Se associ all'idea di aiutare altre donne questa sorta di pressione, lo rendi quasi poco desiderabile: dall'altra parte, trovo preoccupante chi, da donna, critica aspramente altre donne. Non ne vedo l'utilità, al momento. A me è successo, ma cerco di concentrarmi su chi invece cerca di aiutarmi a migliorarmi».

pasadena, ca   january 15  l r issa rae, jay ellis, and yvonne orji attend 49th naacp image awards after party at pasadena civic auditorium on january 15, 2018 in pasadena, california  photo by paras griffingetty images for naacppinterest
Paras Griffin//Getty Images
Issa Rae agli Naacp Image Awards con gli attori Jay Ellis e Yvonne Orji, il fidanzato Lawrence e la migliore amica Molly in Insecure



"Issa e la sua amica Molly vivono in un mondo che non è stato costruito per loro, in quanto donne di colore" ha di recente scritto Variety, commentando le nomination all'Emmy " ma non è questo il punto della serie, ma solo un dato di fatto che le due hanno imparato ad affrontare, prima insieme, e poi da sole". E in effetti le esperienze narrate dalla Rae sono talmente universali, le sue insicurezze talmente condivisibili, che le donne – e gli uomini – di ogni colore amano sentirla rappare di fronte allo specchio per farsi coraggio. La vetta di questa fascinazione collettiva è stata però raggiunta l'anno scorso, quando Google Assistant ha dato la possibilità ai suoi utenti di scegliere, tra le voci guida del sistema, proprio quella della Rae, capace di far battute, complimenti e fornire le coordinate per raggiungere il benzinaio più vicino. Oltre al faceto però, c'è anche il serio, come serio è il suo impegno con BLM – dopo l'uccisione da parte della polizia di Alton Sterling nel 2016 ha usato le sue piattaforme sociali per lanciare una raccolta fondi che ha racimolato 700 mila dollari da destinare ai figli della vittima, per permettere loro di frequentare il college – e le riflessioni prive di auto-compiacimento. «Il quartiere dove sono cresciuta, quello di Inglewood, al momento è preda della gentrificazione. Si alzano i prezzi degli immobili di modo da poter cacciare i neri e una parte di me vive nel conflitto: voglio una palestra cool, voglio una caffetteria. Ma nulla di tutto questo va mai a vantaggio della comunità nera o di quella latina. Non si parte mai dal presupposto che potremmo trarne beneficio anche noi». Issa si interroga, si mette in discussione, magari sbaglia, si compiange davanti allo specchio, poi esce di casa, e ricomincia ogni giorno. Issa è una di noi: ma chissà perché, non c'è mai stata prima in tv una donna come lei.