I faraglioni di Capri, urtati dalle onde del mare di ottobre, sono loro due: Andrée e Amin Maalouf che si tengono mano nella mano salendo la via che li porta alla punta Tragara, accanto all'omonimo hotel dove Slim Aarons 55 anni fa fotografava la Bella Vita. La Bella Vita si riposa altrove, viene da pensare ascoltando lo scrittore libanese Amin Maalouf dire “in questo anno inabituale la società, tutta, è scivolata”. Quella che vi raccontiamo è una storia d’amore che respira in mezzo a grandi parole, complessi disegni geopolitici e premi letterari. Lei si chiama Andrée lui Amin, sono nella stagione dei 70 anni, si sono conosciuti poco dopo i 20 anni a Beirut, poi trasferiti a Parigi, sempre mano nella mano. Lui ha appena vinto il premio Malaparte 2020, con un libro, Il naufragio delle civiltà (edito da La nave di Teseo) che dovrebbe farci venire i brividi e inscatolare l’amore per andare in trincea. Eppure vederli insieme, guardarsi complici, mentre tutti chiedono risposte, è un invito a costruire. Basta spiarli seduti nel giardino incantato di Michele Pontecorvo Ricciardi, vice presidente di Ferrarelle SpA che da nove anni è sponsor principale del premio Malaparte, istituzione fondata nel 1978 da Graziella Lonardi Buontempo e le cui redini sono state prese dalla figlia Gabriella, stoica e commovente nel tutelarne la memoria.

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La vista dei faraglioni dalla casa della famiglia Pontecorvo Ricciardi che ospita il pranzo con lo scrittore vincitore del premio Malaparte.

Andrée e Amin Maalouf sono abituati a elogi e conversazioni sul futuro del mondo, sono cresciuti nell’Olimpo dei critici letterari (Le crociate viste dagli arabi, debutto letterario del 1989 diventato un culto a cui sono seguiti altri quattordici libri e quattro lauree honoris causa): ma il libro che nessuno dei due ha mai scritto è quello su una storia d’amore che ha vissuto nel Libano, quel Libano che Maalouf definisce oggi “un contro modello, un Paese che sembra non avere un avvenire”. Un amore che si è trasferito a Parigi a fine anni Settanta, quando la città scottava di scelte politiche e dove hanno imparato la lingua (oggi entrambi parlano un francese dalle dolci inflessioni libanesi). Dietro a concetti mongolfiera sulle paure del nuovo Occidente di un'Europa cambiata “che è come un essere erbivoro in un grande mondo carnivoro” chiosa il neo premio Malaparte 2020, Andrée Maalouf ascolta il marito e annusa rosmarino, basilico, radici di un mondo scivolato proprio alla ricerca delle sue radici. La calma, la tenacia e la presenza di una donna così tranquillizza e ricorda le grandi donne dietro agli uomini, ma non come una gigantesca Glenn Close che scrive i libri al marito premio Nobel nel film The Wife (2017) . Perché, davanti a uno scrittore così totemico, così delicato e gentile dal profondo Libano, l'equilibrio di questa coppia è la medicina alle speranze perse. Al polso Andrée Maalouf ha un bracciale con piccole icone, gioca con le briciole e gli aghi di pino che cadono sul tavolo mentre il marito riceve ossequi e domande scomode su un libro che sembra scritto durante il lockdown (e invece lo ha tristemente predetto). La sera prima, tra norme imposte dal Covid e presentazioni a distanza, lei si è inginocchiata nell’aiuola alla ricerca dei profumi di un mondo che è sempre esistito ed esisterà.

"Le piante mi interessano, mi attraggono, quella lì, la vede? È la verbena, sono mondi che mi piacciono, mi appassionano. Mi sono sempre interessati i temi che occupavano Amin e allo stesso tempo, durante la nostra storia d’amore, lui si è interessato a ciò che amo io: come le piante. Partecipo a tutti i suoi incontri e posso dire che non ne replica mai uno uguale all’altro" esordisce Andrée.

La vostra è una lunga storia d'amore e di complicità, come siete riusciti ad alimentarla visto il terzo incomodo, la creatività?
Sicuramente la nostra forza è la creatività e la libertà di ciascuno all’interno della coppia, il rispetto l’uno dell’altro come esseri umani, il rispetto del tempo dedicato al lavoro. Io ho vissuto al suo fianco prendendomi i miei spazi, ho lavorato, ho scritto due libri di cucina in francese: il tema è la cucina libanese, sono due libri complementari per preservare le ricette antiche, da tramandare, da non dimenticare (uno è Saveurs libanaises ; miroir de la diversité la cui prefazione è scritta dal marito, l'altro è Lebanese Cuisine: Past and Present). Per risponderle: viviamo parallelamente e insieme, con passione.

Cosa pensa dell’immagine che il mondo letterario, formato dai critici quanto dai lettori, ha di suo marito?
In generale di lui hanno una visione positiva, sempre benvoluta: ci sono delle reazioni negative ma non arrivano a noi, non è qualcosa di grave che ci tocca o ci cambia. Credo che la realtà sia importante per avere i piedi ben piantati a terra - e guarda le radici degli alberi davanti a lei - e non bisogna dare importanza alle cose che per noi due non contano. Vede l’immagine, per esempio, è qualcosa di cui non abbiamo mai tenuto conto.

Suo marito parla del naufragio della civiltà per come l’abbiamo sempre conosciuta e vissuta. E le donne, cosa riportano da questa analisi?
A Parigi, in Libano, in Europa? Non bisogna generalizzare perché le condizioni delle donne cambiano. Credo che essere una donna oggi sia molto più complicato di quanto lo era per me da ragazza perché le scelte di vita sono più difficili: oggi le donne vogliono la loro libertà, crescere i figli, perché non possono crescere con nessun altro come con loro, ci sono più responsabilità su diversi livelli. Si ha un’illusione di benessere, facilità, ma non è vero, è difficile mantenere l'equilibrio imposto da questi tempi. Sostengo queste donne, le stimo perché c’è una cosa che tengo molto a dire alle giovani donne: i figli non devono mai perdere la loro educazione, perché altrimenti da grandi saranno sempre dipendenti dai genitori (la coppia ha tre figli ndr). Questa è una sfida grande, che le madri sanno di dover affrontare. Non è una difficoltà sul piano pratico: perché le difficoltà delle donne di oggi sono sul piano personale, emotivo, professionale.

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Courtesy Ansa / Ciro Fusco