La commedia romantica è davvero così grave come sembra? Negli anni Dieci del 2000 il genere cinematografico di Quattro matrimoni e un funerale sembrava sul punto di essere, a sua volta, seppellito. Ma tra la fine del 2020 e l'inizio del 2021, grazie all'energia produttiva dei canali di streaming e alla ritrovata centralità dei divani, sembra conoscere una rinascenza. Cosa è cambiato? E, soprattutto, a che prezzo? Ciascuna categoria umana ha la forma di escapismo che vorrebbe meritarsi. I geek e gli statisti hanno i videogiochi sparatutto o il colonialismo. I non violenti di tutto il mondo hanno la commedia romantica. Questa rappresenta molto più che il porno dei sentimentali, ovvero un porno con forte prevalenza di dialoghi. Duttile e crossmediale come e più del porno stesso, la CR è stata apripista per molti nuovi strumenti di comunicazione e format narrativi. Molti italiani, ad esempio, ricordano di non aver visto un laptop connesso efficacemente via WiFi, prima di C'è posta per te (1998).

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Andie MacDowell e Hugh Grant in Quattro matrimoni e un funerale

Ma la CR è nata molto prima del cinema. È stata una forma di pubblicità ingannevole del senso della vita che ha accomunato popoli distanti geograficamente, cronologicamente e culturalmente come gli antichi egizi che concepirono la versione beta di Cenerentola (Rodopi, VI secolo a.C.) e i napoletani che compaiono nei musicarelli con Nino D'Angelo (Un jeans e una maglietta, 1983). La rom-com come fan fiction dell'esistenza viene codificata all'inizio dell'Ottocento da Jane Austen per ovviare, tra l'altro, agli incalcolabili danni morali causati da quei guastafeste di Romeo e Giulietta. Lizzie Bennet e Fitzwilliam Darcy stabiliscono lo schema narrativo che sarà alla base di ogni altra commedia romantica, quale che ne sia il mezzo di diffusione: incontrarsi fortuitamente; disprezzare per comprare; conoscere difficoltà, più o meno oggettive, a trovare un momento per baciarsi e, infine, sposarsi. È subito accolta come un eccezionale rimedio al logorio della vita antica e dalle regole che ancora vi dominavano l'accesso alla vita coniugale. Metteva in difficoltà perfino il social network più vecchio del mondo, i matrimoni d'interesse, dove c'era poco da swipare e molto da ragionare (anche nel senso contabile), e sotto i suoi colpi l'algoritmo delle nozze per necessità socio-economiche cedeva alla coazione alla fantasia dell'amore ricambiato.

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Tom Hanks and Meg Ryan in C’è posta per te

Così la CR è stata una delle prime forme di realtà virtuale a mettere seriamente in dubbio gli schemi narrativi della vita sentimentale, proponendone di nuovi, sebbene quasi altrettanto ripetitivi (spesso telefonati), ma molto più soddisfacenti, sia per gli autori che per i lettori. Per una tecnologia nata avendo a disposizione, a mo' di visore 3D, la mascherina per dormire – si accendeva non appena si chiudevano le pagine del libro – diventare un pilastro del cinema degli anni Ottanta e Novanta è stato un gioco da ragazzi. La tendenza a rappresentare le aspettative da vicenda amorosa come migliori e più avvincenti di quelle che sono realmente, diviene così forte come l'istinto di conservazione delle specie. Il romanticismo non sembrava un gene dominante? Ci ha pensato la rom-com a diventare genere egemone del cinema mondiale, raggiungendo il suo apogeo con titoli come Una donna in carriera o Pretty Woman.

Nel suo decennio d'oro la rom-com ha prosperato fino al punto di diventare una metafora del cinema stesso e della totale incapacità dell'umanità che ha tutto o quasi tutto – tranne, appunto, l'amore vero – di accettare la realtà per quella che è. Una produzione altospendente hollywoodiana, se non era almeno in parte commedia e in parte romantica, era un'occasione sprecata. Il suo unico effetto speciale era l'amore pienamente, puntualmente ricambiato. Il suo solo effetto collaterale era lo stimolo a cercare nella vita reale tracce di comicità e, soprattutto, di romanticismo anche dove non c’erano. Il canone della rom-com è fatto perlopiù di film apparentemente leggeri come pacchetti di patatine il cui contenuto, appena afferrato in punta di dita, si sgranocchia incuranti del fatto che ci renderà insipidi tutti gli altri piatti che passa il convento; senza sentirsi in colpa se, guardando un film dopo l'altro, ti conforta solo per il tempo di un crik (o crok, alternandosi come petali di una margherita sfogliata) in cui però assaporiamo una seppur sottilissima sfoglia di felicità.

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Richard Gere e Julia Roberts in Pretty Woman

Non sembrava possibile che questo genere cinematografico fosse soggetto a obsolescenza, perché era come se lo considerassimo la risposta della seconda metà del Novecento alle necessità riproduttive della nostra specie: cioè cercare di riprodursi nascondendo questa esigenza dietro un complicato sistema di leve e specchi (grandi gesti, carezze post-datate, migliori amici della sposa sempre in agguato). Ma a un certo punto anche il suo cuore si è fermato. È difficile stabilire con esattezza la data del primo bypass. Forse era già malandata all'epoca di Stregata dalla luna (1987), nel monologo di Nicolas Cage: "[...] noi non siamo qui per cercare la perfezione. [...] Noi siamo qui per distruggere solo noi stessi, e per spezzare i nostri cuori, per innamorarci delle persone sbagliate e per morire. Dimentica i romanzi d'amore, sono tutte balle! Per favore, vieni di sopra da me, e entra nel mio letto!". Queste parole sono il canto del cigno della prima commedia romantica. Tutto quello che è stato scritto e girato anche un mese dopo era già vecchio di cent'anni, come tutti i corpi umani dipinti, dopo il Giudizio Universale di Michelangelo sono, chi più, chi meno, forme di manierismo.

Gli anni Novanta e buona parte dei Dieci del Duemila hanno costituito il Medioevo breve della commedia romantica. Una degenza che ci parlava fedelmente e, tra le righe, poco romanticamente dei tempi che vivevamo allora, senza sapere di stare meglio quando si stava peggio; tempi così bui che non solo sembravamo aver smesso di credere nel possibile riscatto dell'umanità per mezzo dell'unione monogamica, ma perfino attraverso le rappresentazioni cinematografiche di essa. Con la sua crisi anche la CR comincia a fare quello che fanno tutte le arti in decadenza: si avviluppa su se stessa. Sembra tenuta in vita artificialmente, al pari di un finale del tipo "e vissero felici e contenti" che va avanti per inerzia. Sovverte le proprie regole basilari, per vedere se stavamo attenti: nascono le commedie romantiche che finiscono in un nulla di fatto, come 500 giorni insieme (2009). Molte commedie di questo periodo presentano temi e stilemi dell'età aurea solo solo quando ne fanno la parodia (Tutti pazzi per Mary, 1998) o l'adattamento a uno specifico ambito sociale o culturale (Il mio grosso grasso matrimonio greco, 2002), un po' come i salisburghesi fanno ancora la fila, dopo un secolo di repliche del Festival mozartiano, se Così fan tutte viene ambientato in una start-up o durante il Nazismo. Il modello della commedia romantica tradizionale, per quanto possa essere stravolto e adattato ai nuovi media e ai nuovi mondi: maschi alfa teneri, femmine beta ciniche, fidanzate in coma, throuples, malattie veneree (Lovesick, 2014-16), si applica malamente alla società e ai social nascenti. Le grandi CR mainstream da studio hollywoodiano vengono sostituite da piccole commedie romantiche local, etniche, segmentate in innumerevoli nicchie.

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Cameron Diaz in Tutti pazzi per Mary

Proprio quando tutto sembrava perduto, arriva il 2020 e spariglia le carte. È stato un anno così biblicamente drammatico che la CR è riuscita a prendersi una sua inaspettata rivincita morale, al punto che la tradizionale movie night del venerdì, almeno a contare le uscite Netflix, sembra essersi allargata in una rom-com week. Ma non si tratta più di fuga dal reale. Semmai di accettarlo, per assurdo, in tutta la sua tragicità. È davvero ancora una colpa credere in plot dove le regole della logica non valgono, dove i nessi causa-effetto falliscono, dove tutto finisce bene – o, perlomeno, finisce – se ormai anche la realtà stessa appare più che mai illogica? Quella del 2021 è però una commedia romantica da fruire in un modo nuovo. Negli anni Ottanta gli esperti di romanticismo si sono chiesti se l'abuso di commedie romantiche auree non stesse negando al pubblico di provare vero amore (bei tempi!), un po' come l'eccessiva esposizione a film di Rocco Siffredi o degli Avengers può allontanare dalla piena valorizzazione del proprio partner reale. Oggi, invece, non è che sia morta e stramorta solo l'idea che una donna possa sentirsi completa solo dopo che un certo macho, rinunciando a parte del suo machismo, le sussurra: tu mi completi: è defunto proprio un certo concetto di completezza.

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Melanie Griffith e Harrison Ford in Una donna in carriera

Un tempo, le CR viste al cinema erano la prova che nel potenziale partner ci fosse del serio interesse, un po' come quando oggi scopri che l'altro lascia la spunta verde attiva su WhatsApp. La fruizione della commedia romantica via streaming ha stravolto tutto questo. Si è spezzato anche il sacro vincolo del videonoleggio, quando l’atto di affittare una CR era il corrispettivo dell'odierno fidanzamento in casa. Quell'impegno, programmatico e condiviso, di trascorrere una serata entro le mura domestiche (quando le possibilità di uscita erano teoricamente infinite), adesso che non abbiamo altra scelta, suona distopico. Il ruolo che era affidato alla corsa da Blockbuster nel 2020 è giocato da algoritmi e banner. Manca la concentrazione nei confronti dell'intreccio, figurarsi del partner: usiamo entrambi come sottofondo ambient. Questo approccio al cineromanticismo, individuale non per un guilty pleasure ma per necessità di tempi (sfasamento cicli notte-giorno) e opportunità di strumenti (gli iPad, gli iPhone), elimina il filtro degli occhi, dai mugugni o dai gridolini del partner, e disintermedia al punto che, spinto dalla profilazione del tuo account Netflix, si finisce per guardare le CR da soli: amare se stessi è l'inizio di uno spoiler lungo una vita. L'unico diversivo sembra essere l'occasionale titolo salvato per una serata insieme, e visto a tradimento. È la forma definitiva dell'adulterio contemporaneo, pari forse solo alla simulazione dell'orgasmo maschile per telefono.

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Meg Ryan e Billy Crystal in Harry Ti Presento Sally

Se il campione della rom-com classica era Harry ti presento Sally (1989), quello dell'epoca attuale è Bridgerton (su Netflix). Ha tutte le caratteristiche per esserlo. I suoi autori sono ossessionati dalla tripletta dei peccati originali della vecchia CM (che, in effetti, non erano veniali): eteronormativa, filo-patriarcato e, soprattutto, biancocentrica. E hanno reagito, ad esempio inventando, in un'Inghilterra dal passato alternativo, una nobiltà di colore in forte ascesa, che riscriverebbe gli ultimi due secoli di aristocrazia britannica se impedisse, con interventi fantagenetici, la nascita del principe Carlo. Per inverso, Bridgerton prende così alla leggera i temi cari alla CM che rende il suo protagonista maschile, il duca di Hastings, uno che risolve le sorti della storia decidendo, post-romanticamente, di cessare la pratica del coitus interruptus nei confronti della moglie. Ma la vera rivoluzione di Bridgerton – che sdogana di fatto la letteratura Harmony in costume, come Game of Thrones ha fatto per quella fantasy – è nel monologo con le istruzioni per la masturbazione femminile, che il Duca dedica alla sua amata e che fa da manifesto poetico della dimensione solipsistica della CR targata 2020. Quel pezzo suona sì anacronistico, ma anche benissimo, come un pezzo di Ariana Grande riarrangiato dai violinisti del Vitamin String Quartet.

Forse ci saranno sempre commedie romantiche, come ci saranno sempre tragedie distaccate, fino a che esisteranno forme di narrazione più o meno desuete da destrutturare e cuori infranti da ricomporre. Oppure la commedia romantica definitiva è semplicemente quella che non sarà mai girata, lasciando l'amore in pace, una buona volta. Del resto, sarebbe anche quello un lieto fine, perché la commedia romantica è soprattutto negli occhi di chi la guarda e la riguarda, possibilmente in buona compagnia.