Se il Grande Fratello per ignoti è stato il padre di tutti i reality show, la sua versione Vip, giunta alla quinta edizione italiana, ne è il figlio raccomandato.

La notizia dell'ulteriore prolungamento della quinta edizione del Grande Fratello Vip, confermata nel corso dell'ultimo live del lunedì sera, sembra aver colto di sorpresa solo i suoi concorrenti più candidi o attaccabrighe, come Tommaso Zorzi o Stefania Orlando. I quali hanno provato a guidare un tentativo di ammutinamento vanificato rapidamente dalla prospettiva di tornare alla vita in zona arancione e a pratiche di telelavoro forse inquadrate in modo più stabile, ma assai meno eccitanti, come il creator o l'ospite dal Palastudio.

La stessa istituzione del Cucurio (da Cucù e Tugurio, grande novità della quinta edizione), la stanza degli orrori piena di orologi di ogni forma e dimensione, che segnano ciascuno un'ora differente, è prova della piega acronica dello show.

Così, se la scorsa edizione del GF Vip era finita anzitempo (l'8 aprile 2020) per via del Covid-19, quella monstre ancora in corso, sempre per il Covid, potrebbe andare avanti finché non fosse scoperto un antivirale contro il gossip o gli investimenti nella pubblica istruzione non aumentassero: cioè all'infinito. A gennaio 2020 si stava nella Casa senza sapere del Covid. Un anno dopo ci si resta proprio perché lo si sa.

Si conferma dunque la diagnosi – sindrome di Sharazad, da mille e una prima serata – per un reality show che ha smesso da tempo di essere un programma dal retrogusto di esperimento sociale, con un qualche sentore di sovvertimento dell'ordine costituito (nel 2000, quando debutta in Italia la sua versione originale, la trinità era ancora: Dio, Gerry Scotti, Balletti). E che è invece diventato, più o meno ufficialmente, una rappresentazione del dramma della televisione ancien régime che, assediata dalle novità, ossessionata dal cambiamento (la meritocrazia delle metriche di Netflix? Il superamento dell'Auditel? L'avvento della qualità?), a guerra ormai finita e, soprattutto, strapersa, si chiude in una villa finta dentro Cinecittà per tirare avanti finché non la scoprono, tipo soldato fantasma giapponese. Sembra il soggetto del film distopico di un figlio naturale di Paolo Sorrentino diplomato all'Accademia del Cinema Online ma è, invece, il programma di punta del prime time di Canale 5.

Il primo esperimento di Grande Fratello per ignoti destò un reale interesse anche presso i critici televisivi italiani più hi-brow: vale a dire qualunque spettatore dal pollice opponibile, via telecomando. Nel format importato dall'Olanda persone del tutto comuni erano sovraesposte alla violenza dei tempi e dei modi della trasmissione televisiva di massa, diventando famosi istantaneamente e artificialmente (un po' come era sempre accaduto, d'altro canto, al 99% delle microcelebrità già esistenti e operanti nel nostro Paese, ma non lo si poteva dire perché molte di esse erano in studio a commentare quello che accadeva nella Casa).

Tutto bene – ma non benissimo – finché questa bizzarra forma di mobilità sociale applicata alla tv nazionale non è andata a noia proprio a quei vip minori, di cui alcuni erano talmente minori che non avevano nulla da invidiare alle persone comuni in quanto a oscurità. Divenne evidente che nel GF, così com'era concepito, c'era qualcosa che non andava. Forse c'era troppo azzardo nel decidere l'esito di quei casting basandosi sulla mera presunzione che i provinati avessero almeno un disturbo narcisistico compensativo. In effetti, da un punto di vista produttivo, era un po' un Matrimonio a prima vista con concorrenti che rischiavano di non essere abbastanza ipocriti o litigiosi.

Arrivò L'Isola dei famosi, il primo reality per celebrità trasmesso in Italia (con l'eccezione di Rai Parlamento). Questa forniva un pericolosissimo precedente basato sull'eliminazione fisica dei vip. Le cose cominciavano a farsi troppo rischiose per la sopravvivenza della specie celebre, sia nel palinsesto televisivo che sulla faccia della terra. Tutto sembrava che stesse per compiersi una vera e propria vendetta del popolo – affamato di nuovi spazi pubblicitari – sull'aristocrazia della fama.

Nasce così il GF Vip. Un gruppo di persone famose per non essere abbastanza famose

tutte afflitte comunque da disturbo narcisistico, che fanno a gare per eleggere chi tra di loro ha lo psicodramma più grosso. Intanto, nel confessionale, il Grande Fratello – depersonificazione dei produttori del programma e, per esteso, della televisione tutta – le fa sentire in colpa perché, in fin dei conti, nonostante ci abbiano messo davvero tutto il loro impegno, non è che sia stata poi una settimana così narcisistica. La speranza dei concorrenti (che quest'anno sono saliti al numero record di 33) è di diventare o ritornare abbastanza famosi da non dover più partecipare a nuove edizioni del GF Vip (come purtroppo è accaduto, ad esempio, a Stefano Bettarini, che era presente sia alla prima che alla quinta e attuale edizione del reality, da cui è stato espulso per sopraggiunta bestemmia).

Ciascuno al proprio posto. Le persone comuni tornano a casa.

I parenti dei concorrenti, inevitabilmente, piangono. Le privazioni di sonno e cibo dei reality fisici per famosi sono sostituite da torture psicologiche, perlopiù autoinflitte. Il GF Vip diventa la messa in scena di ciò che le persone celebri pensano che le persone non celebri si augurino possa essere l'inferno in terra per le persone celebri: perdere il conto dei propri follower su Instagram e doversi contendere la vodka con Elisabetta Gregoraci.

Il GF Vip è stato per produttori e autori Mediaset quello che le promesse del fotovoltaico domestico sono state non soltanto per i padroni di casa particolarmente ambientalisti, ma anche per quelli parsimoniosi. Genio!, devono aver esclamato, dalle parti di Cologno Monzese, davanti alla prospettiva di poter rimappare il tasto F4 del Mac, con evidente omaggio gli autori di Boris, cedendo il posto riservato all'espressione basita a quella: nominata. Del resto, perché sforzarsi di addestrare nuovi, veri talenti tra autori e personaggi televisivi, neanche fossero cuccioli di razza destinati chissà a quale battuta di caccia alla volpe, quando potete avere a disposizione un piccolo esercito di criceti di ogni età e colore di pelo, felicissimi di girare ad libitum nelle rispettive ruote, ma ancora più felici di sconfinare in quella degli altri?

I reality per non famosi (il GF per ignoti, Uomini e donne, Instagram) e quelli per famosi (il GF Vip, Celebrity Hunted, Instagram) formeranno allora un bicameralismo perfetto con due assemblee, una bassa e una alta, anche se non è chiarissimo quale sia l'alta e quale la bassa. La dialettica tra realtà e reality cede il posto a un ecosistema che si autoalimenta di personaggi meno famosi (tronisti, figli di Maria Teresa Ruta, influencer) che diventano abbastanza famosi da rientrare nei criteri di selezione del GF Vip. E, viceversa, veri ex famosi caduti in disgrazia al punto che il loro piano industriale diventa questo ripescaggio.

È successo così che quella Vip diventasse la forma definitiva del GF. In alcuni Paesi il Vip Brother ha già cannibalizzato la sua controparte civile. A Sofia, dopo un editto evidentemente bulgaro, il VB locale ha rimpiazzato il format originale per persone comuni che sanno di esserlo. In Italia, del resto, il Grande Fratello vecchia maniera non viene trasmesso dal giugno 2019. Ora, resta solo provare a spiegarsi perché, nonostante tutto, il GF Vip continui a essere tanto visto. E non è solo perché, in tempo di Covid, menarsi di persona, in un fight club in livestreaming, è né più né meno che un lusso, un assembramento da guardare ormai con più invidia che istinto delatorio.

Il vero perché affiora quando vi capita di guardare la diretta web a notte fonda, prima della pausa delle 6 del mattino. Quando, dopo una giornata estenuante di impicci e finzioni di ogni ordine e grado, apparentemente incoscienti, i concorrenti non possono fare altro che interpretare se stessi che riposano. Quando anche chi sta facendo strategia dorme il sonno dei giusti.

Mentre ti scopri a pensare che sia quasi bello vedere Pierpaolo Pretelli avvolto in un piumone, hai l'illuminazione. È come indossare delle scarpe strette per il solo gusto di toglierle dopo una giornata di dolori e storte. O come rivalutare un matrimonio sbagliato se è grazie a esso che possiamo, infine, divorziare. Guardate una striscia quotidiana del Grande Fratello Vip e vedrete come sarà un'esperienza diversa salutare la vicina di casa mentre fate entrambe la fila in banca. Il GF Vip ha senso solo per contrasto. È un punto della storia della televisione così basso artisticamente che, per assurdo, a un livello morale può mostrarci le tracce di dignità latenti in qualunque altra cosa. Compresa la realtà.