"Ti amo" "Idem". Tra i film che fanno piangere, i più strappalacrime e pop che il cinema ci abbia fornito, quelli che quando passano in tv fanno ascolti stratosferici (e tanti saluti agli streaming), Ghost è il vero re di persistenza nell'immaginario collettivo. E non solo per quella battuta che ha creato alibi a più di un anaffettivo cronico (donne incluse), ma perché mixa sapientemente N tipologie parallele di storia da raccontare, muovendosi con agilità e intelligenza negli stereotipi di ognuna. Questo è il segreto del successo di Ghost, uscito nel luglio 1990 negli Stati Uniti e a novembre di quello stesso anno in Italia, splendido trentenne in cui sono invecchiati solo "i monitor e Arsenio Hall", ebbe a dire anni dopo lo sceneggiatore Bruce Joel Rubin. Fu il film più visto di quell'anno, staccando di migliaia di dollari altri successi al box office come Mamma, ho perso l'aereo, Pretty Woman e Balla coi lupi. A leggere il poker di titoli, un'annata irripetibile per il cinema hollywoodiano.

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Ghost il film è il prototipo della storia d'amore, interpretata da Patrick Swayze (Sam), all'epoca fresco del successo di Dirty Dancing, e da Demi Moore (Molly) che dopo questo sarebbe diventata l'attrice più pagata di Hollywood. Alla regia l'esordiente in singolo Jerry Zucker, che proveniva dalla screwball comedy di Zucker-Abrahams-Zucker (i registi de L'aereo più pazzo del mondo), non senza la disapprovazione di Rubin che teneva molto alla sua storia, e temeva che sarebbe stata trasformata in una parodia. Ci vollero parecchie riscritture - pare 19 totali, riporta Il Post - per trovare il giusto affiatamento tra regia e sceneggiatura, e l'equilibrio tra dramma, commedia divertente ed esasperata (merito della storyline affidata alla strepitosa ciarlatana medium Oda Mae Brown di Whoopi Goldberg che infatti vinse l'Oscar), e timido thriller che si trasforma in atto d'accusa alla finanza aggressiva anni Ottanta, praticata dagli emuli di Gordon Gekko a Wall Street (esasperata dal personaggio del migliore amico di Sam, Carl, interpretato da Tony Goldwyn). È un mix perfettamente riuscito di archetipi, prototipi e stereotipi, pescati dalle grandi opere classiche: prima ispirazione da Amleto, per la struttura della storia attorno ad un fantasma. Poi Macbeth nell'impianto del riciclaggio di denaro sporco, e in citazioni sparse: Molly e Sam, la sera della sua morte, rientrano dal teatro dove hanno visto proprio Macbeth, e Molly replica a Sam usando una battuta del dramma di Shakespeare. Aggiungerci un mix di superstizione e sovrannaturale, fantasmi buoni e cattivi, c'è vita dopo la morte, Inferno e Paradiso in cielo - ma soprattutto in terra, e l'amore. Voilà, il filmone intergenerazionale.

Ma il successo ha le sue regole, e una buona storia - per quanto soprannaturale - non può funzionare senza chi le dà OPS vita. Il casting di Ghost fu molto complesso per il personaggio principale, Sam. La fama di Patrick Swayze era consolidata, il physique du rôle da uomo dolce ma muscolare non gli mancava, ma il regista Jerry Zucker non era troppo convinto. Una lista esagerata di aspiranti complicava ulteriormente le cose: Kevin Bacon, Alec Baldwin, Nicolas Cage, Kevin Costner, Tom Cruise, Johnny Depp, David Duchovny, Harrison Ford, Mel Gibson, Tom Hanks, Paul Hogan, Kevin Kline, Dennis Quaid, Mickey Rourke, John Travolta, persino Bruce Willis (all'epoca sposato con la Moore, confessò tempo dopo di essersi pentito amaramente di non aver accettato). La spuntò Swayze dopo le insistenze feroci del suo agente, e un provino che fu più che brillante. L'attore fece da garante per traghettare nel cast di Ghost Whoopi Goldberg nel ruolo della finta-poi-vera sensitiva ispirato a Teresa Wright, per cui si erano presentate anche Patti LaBelle, Tina Turner e persino Oprah Winfrey. Un ultimatum secco: no Whoopi, no Patrick. L'occasione era troppo perfetta, e l'alchimia tra i due fenomenale, per rinunciarvi.

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Lo stesso vale per la scelta dell'interprete di Molly: meno turbolenze, ma presenti. Nicole Kidman ci provò, era poco famosa per ottenerla però il provino le portò fortuna lo stesso, perché la Paramount scelse di lanciarla in Giorni di tuono accanto a Tom Cruise. Nemmeno Demi Moore era così conosciuta, ma la sua innata capacità di piangere a comando le assicurò il ruolo: in un film dove si versano copiose lacrime di ogni tipo a getto continuo, aveva il plus giusto. Per dare spessore a Molly, decise di tagliarsi i capelli in un bowl cut iconico, un elemento essenziale per trasformarla in un personaggio forte, causando un mezzo colpo al regista totalmente all'oscuro delle idee della sua prima attrice. Il cast fu completato da Tony Goldwyn-Carl, il cattivo del film: ma anche qui non mancarono i problemi, regista e sceneggiatore lo ritenevano troppo belloccio per essere credibile e poco famoso per portare la gente al cinema. Fu l'attore stesso a convincerli che il personaggio andava presentato con (la sua) faccia buona a mascherare l'animo crudele: anni dopo Goldwyn raccontò che per colpa di quel ruolo molte persone lo maltrattarono nella vita reale, identificandolo quale responsabile della morte di Sam nella finzione. La sua "redenzione" presso il pubblico arrivò solo col doppiaggio di Tarzan per la Disney, otto anni dopo.

Nel 2013, anno in cui sembrò che i preparativi per rendere Ghost serie tv fossero quelli buoni (ma non se ne è saputo più niente, purtroppo: progetto arenato), fu Demi Moore a raccontare il primo impatto che le aveva dato la sceneggiatura: "Una storia d'amore, con un tipo, morto, che cerca di salvare sua moglie, poi c'è una parte di commedia ma è davvero una vera storia d'amore. E ho pensato "Ok, questa la ricetta di un disastro". O diventa qualcosa di speciale, davvero meraviglioso, o sarà un fallimento". A risponderle ci ha pensato Scott Tobias sul Guardian, nel trentennale del film: "Ghost è una specie di unicorno, il tipo di film che Hollywood non è più interessato a fare: una storia d'amore originale a basso budget con fondamenta spirituali". E davvero non esiste riassunto migliore. Anzi, uno sì. Idem.