Alla voce “beneficenza” ne Il Dizionario della Lingua Italiana dei signori Devoto e Oli si legge: “s.f. 1. non com. Disposizione abituale a fare del bene.”

Porrei la vostra attenzione sia su quel “non com” sia su quel “abituale”. Un ossimoro da combattere, insieme, così da far diventare quel “non com”… “com” (quindi comune) e quel “abituale” davvero consueto. Non credete? Riflettevo sulle cose che si possono fare e su altre che si devono fare. Un esempio: la beneficenza si può fare e, una volta fatta, si dovrebbe dire. In un’epoca in cui si racconta tutto, decisamente troppo, non vedo perché le buone azioni si debbano tacere. Assurdi e antiquati retaggi, d’odor polverosi, che arrivano da chissà quali mani nascoste in cestini semicoperti, in angoli bui, per la carità. Appunto: la carità.

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Adelaide Corbetta

Una forza inimmaginabile, liquidata a roba vecchia. Energia rivoluzionaria, altro che chiacchiere. Non bisogna credere in niente (se non in quello che si fa) per essere caritatevoli, fateci caso. Poi se credete in qualche cosa, beati voi. Scendendo molti gradini rispetto alla divinità, immagino che anche TZ concordi, passo a dirvi di Tommaso Zorzi. Questo giovane signore milanese di nascita, Tommi per i suoi tanti followers, ha devoluto l’intero ricavato della vincita del Grande Fratello Vip 2021, anziché la metà prevista dagli accordi, anche a favore di associazioni che si occupano di persone anziane, spiegando: “Sono rimasto senza nonni, mi renderebbe molto fiero poter essere nipote per altri nonni”. Molti lo plaudono e molti lo criticano perché “la vera beneficienza si fa in silenzio” (leggo da uno dei commenti).

Vi prego.

Per me è: bravo Tommaso, grazie Tommaso, cercheremo ognuno per le proprie possibilità, di seguire l’esempio. A proposito di casi esemplari, prendiamo l’AIDS. Negli anni e nel mondo, intorno all’AIDS, si è fatto e detto molto. E meno male. Moltissime persone, tantissimi famosi (Madonna, Magic Johnson, Annie Lennox o anche Rihanna che ha raccolto 50 milioni di dollari con i suoi cosmetici, solo alcuni nomi) hanno donato e l’hanno detto, forte e chiaro. Così molti altri hanno seguito l’esempio. L’attenzione e la raccolta fondi destinati alla lotta contro l’AIDS è stata, e rimane, un movimento mondiale, con una forza capace di accelerare la ricerca, fino ad arrivare all’identificazione di farmaci antiretrovirali. Così oggi, i pazienti che hanno accesso alle cure (e sappiamo bene, in questo periodo ancora di più, quanto l’accesso alla sanità non sia uguale per tutti, anzi sia diverso per troppi) possono combattere la loro battaglia.

Ricapitolando: si può fare beneficenza e si deve dire. Dai piccoli ai giganti.

Bisogna parlarne perché vale come esempio, come ispirazione e poi, sempre per la carità, è importante raccontarlo anche solo per autocompiacimento, perché essere felici e gratificati da una propria azione, può significare ripeterla. Può significare: donare ancora.

ps. Giacché: io faccio beneficenza (per quanto posso) e me ne vanto. Ecco.
pps. con consiglio utile. Molti anni fa Elio Fiorucci, interrogato da me rispetto alla possibilità di scegliere un’associazione benefica, mi ha dato un consiglio che vi passo:
scegli una battaglia e falla tua, potrai aiutare anche altri ma quella che hai scelto sarà la tua battaglia, la tua malattia, la tua fragilità “preferita”. Così, sentendola tua, farai di più.

Le mie “battaglie” sono le donne (grazie a @TheCircleItalia) e le cardiopatie infantili (grazie a @Bambini_Cardiopatici). Le vostre?

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Adelaide Corbetta