C’è uno spot in giro in questi giorni. Invita a tornare al cinema. Al posto di cassiere e maschere, ci sono le star del cinema italiano. Pierfrancesco Favino stacca i biglietti. Elio Germano lava i pavimenti. Vittoria Puccini accompagna il pubblico alle poltrone. Alla fine, appena parte il film (lo fa partire Giuseppe Tornatore, dalla cabina di proiezione), tutti sono contenti, in particolare Toni Servillo, spettatore ritardatario e sorridente.

Mentre questo spot che ricorda il cinema com’era circola per i meandri dell’Internet (dove invece domina il cinema com’è, quello delle piattaforme) e in mezzo a palinsesti televisivi vecchi come il cucco, a Venezia il primo settembre si inaugura la 78esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica. Insomma, il festival più importante d’Italia e il più importante d’Europa, insieme a Cannes. Ultimamente Cannes ha perso qualche colpo e non solo perché ha saltato l’edizione 2020 (mentre Venezia no), e ha dovuto spostare la data dell’edizione 2021 da maggio a luglio (mentre Venezia no, resta un punto fermo nel calendario). Cannes ha perso in glamour (troppe influencer a pagamento, troppi pochi divi veri), Venezia è diventata l’anticamera degli Oscar e quest’anno squaderna uno sproposito di titoli che dovrebbero trascinarci di nuovo in sala.

Ci sono Pedro (Almodóvar), Paolo (Sorrentino), Jane (Campion). C’è Kristen (Stewart) che fa Lady Diana e c’è Toni (Servillo) che fa Eduardo Scarpetta in Qui rido io di Mario Martone, ma è anche nel film di Sorrentino e in quello (fuori concorso) di Leonardo Di Costanzo, Ariaferma, dove divide lo schermo con Silvio Orlando che, a sua volta, è anche in un altro film fuori concorso. C’è il bravissimo Oscar Isaac in una serie e due film di cui uno è il remake di Dune e ci sono i Freaks Out di Gabriele Mainetti. Insomma, il piatto è ricchissimo, articolato, colto e divertente. In qualche caso, si spera, entrambe le cose. Ma basterà?

Dopo la pandemia, siamo entrati in un tempo nuovo, bello o brutto non saprei dire, ma certo dove il cinema ha completamente perso la sua centralità come rito, quel rito con le maschere e i popcorn, il mistero glorioso della sala buia. Temo non bastino né i festival più accattivanti né l’impegno dei divi dello star-system locale a far riprendere fiato a un’industria che ha perso i colori lucenti del passato ed è malata di nostalgia, come dimostra lo spot di cui sopra. Però, sognare si può sempre. Ce lo ha insegnato proprio il cinema. Proviamoci.